Il libro come “oggetto di visione”

Lamostra, curata da Giorgia Atzeni (che a voi, come a noi,è più nota come illustratrice e instancabile animatrice dellascena culturale cagliaritana) e Barbara Cadeddu in sinergia con la biblioteca che l’ha ospitata nellasplendida Cappella tridentina, propone una selezione di trentuno volumifigurati del Quattrocento e del Cinquecento. 
La mostra è il risultato di due anni di ricerca cheha prodotto anche un saggio bibliografico: Letteratura eimmagini in tipografia. Il libro illustrato in Sardegna nei secoli XVe XVI offre un significativo repertorio iconografico utilealla conoscenza della cultura figurativa del Rinascimento attraversoi volumi presenti nell’Isola.
Essendofanaticamente appassionati di libri antichi figurati e consapevolidella forte relazione che lega la tradizione iconografica storica aipicture book di oggi, abbiamo chiesto alle curatrici dicondividere con noi e con voi alcune loro considerazioni.

[di Giorgia Atzeni e Barbara Cadeddu]


Le autrici del post all'inaugurazione dellamostra.

Tra i secoliXV e XVI, si andò affermando l’uso di inserire le figure nei libri:l’illustrazione, infatti, venne intesa dagli editori come strategicoparatesto, in grado di conquistare i lettori e assicurare il buon successocommerciale dei volumi. Il libro a stampa non va infatti inteso solo comeveicolo della cultura letteraria, ma anche nella sua veste di “oggettodi visione”, un contenitore di immagini incise, portatore di modellie fonte d’ispirazione per gli operatori artistici; offre, inoltre,lo spunto per delineare il percorso storico delle arti e tecniche aesso collegate e della loro trasmissione. Negli ultimi decenni delQuattrocento, le innovazioni figurative trovarono spazio nei corredilibrari più che nei fogli sciolti: l’illustrazione fu un campofertile per il progresso delle tecniche e degli stili; attraverso lasua pratica gli artisti entrarono in più stretto contatto con il mondodell’Umanesimo, con gli autori e gli editori, dando vita a un nuovoorizzonte d’immagini.

Uno dei monumentibibliografici in mostra, l'opera virgiliana
stampata a Lionenel 1526.

Fermamenteconvinte che le raffigurazioni impresse a fronte del testo letterariointegrino la parola e diano un valore aggiunto alla scrittura,rendendo unica la pagina letteraria, ci siamo impegnate per rendereaccessibile questo tesoro nascosto alla cittadinanza cagliaritanae non solo.

Il primo dato significativoè rappresentato dalla quantità di volumi figurati presenti allaBiblioteca Universitaria: circa 5238 incunaboli e cinquecentine,di cui 1934 illustrati. Questo pregevole fondo antico è costituitodalla biblioteca privata di re Carlo Emanuele III di Savoia e da fondiacquisiti a seguito della soppressione dell’Ordine dei Gesuiti nel1773.

L'Anatomia di Berengarioda Carpi, in un'edizione
veneziana stampata nel1535.

I libri provengonodai maggiori centri editoriali dei secoli XV e XVI, quali Venezia,Roma, Firenze, Lione, Parigi, Basilea, Colonia, Anversa e Francoforte,ma anche da centri minori, come Vico Equense e Cagliari, città in cuila prima tipografia stabile s’impianta solo nel 1566.

L’analisi critica degli esemplari ha permesso l’identificazionesia di monogrammi, immediatamente riconducibili ad artisti di calibro,sia di cifre stilistiche tali da permettere l’attribuzione deicicli figurativi esaminati a specifici milieuculturali.

Visitatori concentrati la seradell'inaugurazione.

Spessole tavole sono anonime e frutto di operazioni collaborative: aldelineator o inventor spetta ildisegno iniziale, mentre allo sculptor l’intagliodell’immagine sulla matrice lignea o l’incisione, per esempioa bulino, su quella calcografica. La conseguenza è la scarsità dinotizie sugli incisori dovuta anche alla mancanza di firme sulle stampe:l’anonimato ricorre, infatti, nella maggior parte delle incisioniesaminate.

È il caso di uno dei primi volumiinteramente illustrati nella storia del libro italiano, le Discordantiae sanctorum doctorum Hieronymi etAugustini (Roma, 1481), che fissa le iconografie didodici profeti e altrettante sibille, portatrici delle coeve espressionidell’arte italiana maggiore, con lontane ascendenze donatellianeo castagnesche, fonte di modelli figurativi per gli artisti delmomento. Ma anche del Supplementum Chronicarumdel 1492, aperto da un frontespizio raffigurante “I giornidella Creazione” in cui illustrazione e decorazione si fondonoarmonicamente, seguito da due tavole a mezza pagina (vedi sotto: Adamo edEva cacciati dal paradiso terrestre e Caino e Abele, anche qui da un’edizionevolgarizzata coeva) in cui si riscontrano forti analogiecon la produzione pittorica dei grandi artisti venezianidella fine del Quattrocento.

Restaanonimo anche lo xilografo che illustra l’edizione dellaCalandra (Venezia, 1526 - vedi sotto). Letavolette multi-episodiche, caratterizzate da un intaglio sempliceed essenziale, ma ombreggiate da fitti tratti diagonali, presentanoun linguaggio assimilabile a quello di incisori operanti nellalaguna nello stesso giro d’anni.

Oltre allapresenza di artisti dai profili biografici poco definiti, ma diqualità riconosciuta, come il cosiddetto Maestro del Virgiliodi Grüninger, comunque, abbiamo rilevato anche nomi eccellenti,come Albrecht Dürer, probabilmente coinvolto con il suo maestroMichael Wolgemut e Hans Pleydenwurff nel ciclo del Liber Chronicarum diHartman Schedel (vedi sotto).

È inveceaccertata la mano di Hans Sebald Beham nelle BiblicaeHistoriae, unico volume della collezione in coloritura coeva(vedi sotto, ma anche un altro esemplare, sfogliabile, qui).


E si individua il tratto inconfondibiledello svizzero Jobst Amman, xilografo e acquafortista, che firma ilVon Kayserlichem Kriegsrechten (vedisotto, ma anche un esemplare venduto da Christie’s qui).

A volte glioperatori grafici collaborano in squadra a grandiprogetti editoriali, come nel caso della Cosmographia universalis diSebastian Münster,all’Universitaria in lingua francese (parzialmente consultabile qui), nelle cui tavole èpossibile riconoscere le sigle di ben sette xilografi: HansHolbein il giovane, Urs Graf, David Kandel, Jakob Clauser,Heinrich Holzmüller e Christoph Schweicker o Stimmer, ilmonogrammista HSD, e Hans Rudolph Manuel “Deutsch”; e in quellodelle Humanae salutis monumenta, edite dalPlantin nel 1571, che vede all’opera Crispin van der Broeck,Pieter Huys, Pieter van der Borcht e i fratelli Jean, Jeromee Anthoine Wierix (vedi sotto).

Tra gli incisoriitaliani, invece, troviamo i nomi insigni di Lucantonio degliUberti, Matteo Pagano da Treviso, Mario Cartaro, ma anche di altrimeno conosciuti, come Girolamo Gaieta che sigla, con una certaconsapevolezza del proprio ruolo di sculptor, letavole della Decada de la Passion di Juan Coloma,per i tipi di Nicolò Cañelles, canonico cui dobbiamo la primaofficina tipografica stabile in Sardegna, presso il quale il Gaietaaveva un ruolo di factotum (vedi sotto).

Ai nostrifini, più che per eccezionalità bibliografica, vale la penadi segnalare la presenza di un’edizione del De Humana Physiognomoniascritta dal drammaturgo napoletano Giovanni Battista Della Porta per itorchi dell’editore aquilano Giuseppe Cacchi, uscita nel 1586a Vico Equense (molto, interessante materiale iconografico sitrova qui, inserito in corniciinsopportabilmente brutte).

L’opera analizzale varietà fisionomiche dell’uomo, individuandovi corrispondenzecon quelle animali attraverso un ricco corredo di immagini costituito,per la maggior parte, dall’accostamento di volti umani e fattezzedi animali che dimostra la somiglianza e le analogie caratteriali,secondo il principio dello zoomorfismo.

Inqualche modo, il volume anticipa le teorie lombrosianee, se pensiamo alla produzione editoriale dei nostrigiorni, è precursore di quel bell’albo Ritratti famosi di comuni animali,di Svjetlan Junakovic, edito dalla spagnola OQO inedizione originale e riproposto in Italia da Logos. Sieted’accordo con noi cari Topi?

Noisiamo, incontestabilmente, d’accordo con voi, carericercatrici.

[Lefoto sono di Gianni Atzeni, che ringraziamo per avercele messea disposizione]