Il mestiere dell’illustratore

Questo articolo è uscito sul numero 126 di LiBeR, nella sezione Mestieri: Idee, suggerimenti ed esperienze dal mondo del lavoro creativo. Ringraziamo Ilaria Tagliaferri, direttrice della rivista, per averci permesso la sua pubblicazione.

[di Giovanna Zoboli]

Fra le ragioni di soddisfazione del mestiere dell’editore sicuramente c’è la stima delle persone con cui si lavora e si è lavorato. E non così per dire. Un libro, in particolare illustrato, è un progetto collettivo che si può realizzare solo attraverso differenti competenze appartenenti a persone diverse. Dunque, solo l’accordo e il rispetto reciproco possono garantirne la riuscita. Accordo e rispetto che si traducono in misure pratiche: dare a chi lavora lo spazio e il tempo necessari per lavorare bene, offrire gli strumenti per capire di che lavoro si tratta e come svolgerlo, trovare il modo di confrontarsi, saper ascoltare e vedere, sapersi fidare, orientare il lavoro senza essere invadenti, capire quando si sbaglia. Si arriva a questo a poco a poco, con l’esperienza e questo vale sia per l’editore che per gli autori: in entrambi i casi il talento non è sufficiente, ed è necessario saper stare nella relazione di collaborazione. Se ci si riesce, con autori e illustratori si creano rapporti di stima reciproca. Da parte nostra, possiamo dire che ci cambia e ci migliora il lavoro che facciamo con ogni autore/illustratore, che ogni volta è diverso, perché diversi sono i modi di ciascuno di immaginare, procedere, progettare. A questa unicità di percorso individuale corrisponde l’unicità di ogni progetto, di ogni libro: infatti, benché il nostro catalogo sia organizzato in collane, queste sono pensate soprattutto per fare orientare i lettori all’interno del catalogo, ma non corrispondono a una uniformità di stile, di temi, di format eccetera. Ogni libro, quindi, si configura come cosa a sé, e in effetti nasce in modo diverso dagli altri. Non solo nasce da un’idea che arriva e si manifesta in modo diverso dalle altre, ma si realizza secondo il tipo di relazione che si instaura con gli autori, e in particolar modo con gli illustratori, perché non c’è dubbio che è con questi che si lavora a più stretto contatto. Il lavoro di chi scrive, infatti, è più individuale ed è, nel caso dell’albo illustrato (una volta che si siano messe a fuoco le idee di fondo), più rapido: la scrittura ha una dimensione più appartata e il testo, per quanto ci si possa lavorare (c’è sempre una fase di editing), arriva a noi, nei suoi diversi stadi di maturazione, in forma diciamo più compiuta, e questo perché per sua stessa natura la parola ha un confronto con la materia della creazione del tutto diverso da quello dell’immagine. La materia dell’illustrazione, le tecniche, il segno, il colore, richiede a chi la maneggia tempi più lunghi di comprensione, progettazione e realizzazione. E il punto cruciale per noi, allora, è proprio questo: capire questo tempo e gestirlo. Questo non significa, ovviamente, che la parola sia meno importante in un albo o che ci si lavori di meno, ma che con gli scrittori si lavora in modo diverso che con gli illustratori.

Illustrazione di Guido Scarabottolo per Cose che non vedo dalla mia finestra (Giovanna Zoboli e Guido Scarabottolo, Topipittori 2012).

Illustrazione di Massimo Caccia per La lucertola e il sasso (Giovanna Zoboli e Massimo Caccia, Topipittori 2017).

Illustrazione di Simona Mulazzani per Un bravo elefante (Giovanna Zoboli e Simona Mulazzani, Topipittori 2020).

Illustrazione di Simona Mulazzani per Gatto felice (Giovanna Zoboli e Simona Mulazzani, Topipittori 2017).

In generale, si tende a pensare che una storia nasca da un testo. Questo però non è vero: nel nostro catalogo ci sono molti albi la cui idea prima è germinata da un’immagine: per esempio i testi che ho scritto per Guido Scarabottolo, Massimo Caccia e Simona Mulazzani nascono quasi sempre da una idea narrativa che trovo in una loro immagine. Tuttavia, una volta che il testo è scritto fa seguito un lavoro di illustrazione del tutto nuovo, che può anche essere diverso dall’immagine cellula madre. Personalmente come autrice tendo a dare massima libertà agli illustratori; do il testo e poi scompaio. Se gli illustratori hanno bisogno di informazioni, le do, naturalmente; se è necessario, visioniamo insieme lo storyboard e prendiamo insieme le decisioni opportune. Ma mi è capitato anche di scrivere testi quando tutte le illustrazioni erano già state realizzate e l’ultima cosa che mancava era il testo.

Quando lavoro come editrice, agisco in un altro modo. Intanto, nei casi in cui è un testo l’avvio del progetto, si pone la questione, cruciale, della scelta dell’illustratore. Nella maggior parte dei casi, i testi che selezioniamo non sono già accompagnati da immagini. Scegliere è una funzione fondamentale: decidere un illustratore significa optare per una precisa lettura del testo. L’adeguatezza di questa scelta è determinante per la qualità del libro e per il suo successo: un successo che per noi non consiste in un immediato boom di vendite, ma nella durata del titolo in catalogo, in sostanza in un interesse costante da parte del pubblico una volta riconosciuta la qualità del libro. È uno spreco, una astuzia fuori luogo accompagnare un buon testo con una illustrazione facile, scelta per rassicurare il gusto del pubblico meno preparato, ovvero quello in grado di accogliere unicamente ciò che già conosce e che spesso è banale. Dal nostro punto di vista, il lavoro dell’editore comporta una ricerca, una proposta. Negli anni, in base a questo principio, il nostro lavoro ha comportato una costante attività di scouting: lavorare su nuovi immaginari visivi, scoprirli, dar loro lo spazio che meritano, è un lavoro importante e molto interessante. Nello stesso modo, pensare che bastino buone illustrazioni per aver un buon libro è una scorciatoia: la qualità letteraria del testo è fondamentale. Per il tipo di lavoro che facciamo su ogni progetto, il tempo e le risorse investite, non possiamo permetterci che un titolo si bruci in tre o sei mesi, in libreria. Un titolo deve durare anni. Far lavorare un bravo illustratore per dei mesi su un testo insignificante, di scarso valore, non ha senso, è antieconomico. La qualità di un libro non è fatta da una singola componente, ma da ogni sua parte, comprese grafica, fotolito, stampa.

Guido Scarabottolo: illustrazioni di copertina e quarta di copertina per Di notte sulla strada di casa (Giovanna Zoboli e Guido Scarabottolo, Topipittori 2005).

Illustrazione di Guido Scarabottolo per Due scimmie in cucina (Giovanna Zoboli e Guido Scarabottolo, Topipittori 2006).

Illustrazione di Massimo Caccia per La più buona colazione del mondo (Giovanna Zoboli e Massimo Caccia, Topipittori 2013).

Illustrazione di Simona Mulazzani per Vorrei avere (Giovanna Zoboli e Simona Mulazzani, Topipittori 2010).

Una volta scelto l’illustratore, inizia un lavoro finalizzato alla messa a fuoco della corretta impostazione del segno, a cui segue quella del racconto visivo nella sua articolazione generale. Occorrono mesi di studio e di prove. Una volta che questi sono definiti attraverso un lavoro che comporta continui confronti fra editore e illustratore, si passa al lavoro di realizzazione delle tavole definitive, durante il quale l’illustratore procede più autonomamente secondo i tempi che lo caratterizzano, che possono essere più o meno lunghi. Alcuni illustratori sono rapidi, altri meno. Alcuni sono organizzati e disciplinati, altri più caotici e imprevedibili. Del resto il lavoro creativo è così, e quando si lavora con la creatività non tutto può procedere in modo prevedibile, pianificato e razionale. Alcuni dei nostri libri più belli hanno avuto percorsi tormentatissimi. Ci è voluta molta pazienza e fiducia.

Oggi, rispetto al 2004, anno cui è nata Topipittori, l’illustrazione ha fatto grandi passi avanti, in Italia: ci sono scuole, corsi, mostre, libri, blog che la alimentano e ne diffondono la conoscenza. Tuttavia, rimane il fatto che il talento e, soprattutto, la tenacia nell’educarlo e svilupparlo attraverso lo studio e il lavoro, rimangono fattori indispensabili per ottenere una riuscita professionale. E questo vale non solo per gli illustratori, ma anche per gli scrittori e gli editori.

Illustrazione di Simona Mulazzani per Una famiglia di topi (Giovanna Zoboli e Simona Mulazzani, 2016).