Quei démoni benevoli

[di Giovanna Zoboli]

Oggi vi proponiamo una serie di immagini realizzate da Aaron B. Heimlich. Sono vecchie fotografie su cui l’artista è intervenuto con colore acrilico. Si trovano in rete dove sono presenti dal 2011 (sul sito My Modern Met). Di loro si sa che nell’ottobre del 2015 sono state esposte in una galleria di Los Angeles, La Luz De Jesus Family, in una mostra dal titolo Watch Out for Evil (le potete vedere qui insieme ad altre foto della serie, tutte bellissime).

Di Aaron B. Heimlich, sul web si trovano pochissime informazioni: che è nato nel 1983 negli Stati Uniti e che è cresciuto in una comunità di scienziati hippie. Ma che queste notizie corrispondano a verità non possiamo garantirlo. Su diversi siti appaiono i suoi Shedim, ovvero le figure nere inserite, come dicevamo, su alcune vecchie fotografie, le quali, a quanto pare, hanno sedotto l’immaginazione di più di una persona. L’artista ha spiegato che Shedim è una parola ebraica che indica una démone benevolo e a proposito dei Shedim così si è espresso: «Vivono con noi e sono sempre intorno a noi. Per riuscire a vederli dovremmo aprire di più gli occhi e la mente.»

Le immagini che ha realizzato documentano con estrema precisione questo concetto. Di certo Aaron B. Heimlich non solo è in grado di vedere questi esseri che stanno fra materia e spirito, ma anche di farli vedere a noi, impresa non da poco. Questa capacità, fra l’altro, è molto accurata e si articola in una narrazione che ci dice molto sulla natura dei démoni. Infatti, grazie a queste immagini, riceviamo un ritratto accurato dei Shedim. La cosa che ho trovato interessante e di cui non si parla da nessuna parte è il rapporto che questi intrattengono con l’infanzia. A dare una radice, un’origine, alla predilezione dei Shedim per l’infanzia, vi sono alcuni ‘scatti’ (chiamiamoli così) in cui si vede un Shedim appena nato e in un’altra un Shedim piccolino fra le braccia di una coppia di cowboy. Dunque, anche questi demoni nascono, proprio come noi (in ospedale), e fino a un certo punto rimangono piccoli. Quindi Heimlich ci dice chiaramente che anche loro hanno avuto un’infanzia. Probabilmente i Shedim se lo ricordano molto bene questo periodo della loro vita e per questo sanno attribuirgli il giusto significato. Durante la loro infanzia, a stare alle foto, è evidente che sono stati curati da esseri umani, e questo aspetto è molto misterioso: significherà che gli umani sanno vedere i Shedim neonati e che solo una volta che questi sono cresciuti non sono più in grado di notarli? Non c’è risposta a questa domanda, ma certo è una questione che, a proposito di infanzia, fa riflettere.

Sappiamo invece con certezza che, solo una volta grandi, questi démoni benevoli si occupano (preferibilmente) di bambini di età diverse, dai neonati a ragazzini già grandicelli con cui fanno giochi magnifici. Alcune immagini di Aaron B. Heimlic senza dubbio possono fare venire in mente che i Shedim somigliano a quegli amici immaginari che oggi la psicoanalisi ci dice essere efficientissimi dispositivi con cui la mente dei bambini fa fronte a situazioni difficili di vario genere, più o meno gravi (e naturalmente ‘più o meno gravi’ per un adulto e per un bambino significano cose abbastanza diverse). Pare che di questi amici immaginari si servano i bambini di tutto il mondo, da sempre. Un altro personaggio che fanno venire in mente i Shedim di Heimlich è il famoso 'uomo nero': infatti sono grossi e nerissimi, a indicare che confinano con l’ombra, reame sconfinato, e hanno unghioni e dentoni di tutto rispetto. Insomma, da un certo punto di vista, se non fossero così evidentemente amichevoli e simpatici, qualche timore i Shedim potrebbero anche farlo insorgere, almeno a stare all’iconografia. In ogni modo, queste non sono preoccupazioni infantili.

Naturalmente, però, i Shedim non sono immaginari, o quantomeno esistono perché sono stati immaginati da Aaron B. Heimlich, per noi si tratta dei protagonisti di questa serie stupefacente di immagini che costituisce un racconto visivo sui bambini di commovente verità. Ognuno di noi, infatti, guardando queste foto, sa che questo racconto ha qualcosa di autentico, o, meglio, di vero. Lo sa perché è stato piccolo e quando si è piccoli si sa bene come funzionano le cose. La solitudine ha una natura densissima che nasconde presenze di ogni genere, e così vicino a te sai che ci sono esseri che leggono, che ti accompagnano saltellando, che giocano a nascondino, che conoscono la tua pettinatura preferita, che ti mettono a letto anche se non si vedono (alcune poi, va detto, non sono presenze così bendisposte, ma questa è un’altra faccenda). Insomma, lo sappiamo che i Shedim esistono. È dopo che diventa tutto più complicato, non perché loro non si occupino più di noi (come si vede dalle immagini), ma perché noi non ci occupiamo di loro.