di Annamaria Gozzi e Viola Niccolai, 2015
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La Storia di Ba pare proprio una di quelle leggende africane in piena regola, ricca di elementi naturali che divengono parte integrante della narrazione, perchè lì uomini, animali e natura sono protagonisti equipotenti della vita quotidiana. Ba è un vecchio saggio, troppo vecchio per la vita dura dei campi arsi dal sole e dalla siccità. Siede sotto un grande albero ed il suo lavoro è quello di raccontare storie. Tomi, suo nipote, le sa ormai a memoria ma le ascolta ogni giorno una volta in più.
Ba racconta di come era l’Africa, riportandoci indietro anni luce al momento del big bang, della nascita della vita. Stiamo lì chiusi in un chicco di miglio che contiene la mappa del mondo.
Siamo piccoli, piccolissimi, esseri infinitesimi in un universo spazialmente enorme. Ci dipinge così l’illustratrice, quasi soldatini e personaggi di un esercito in miniatura con cui Tomi gioca.
La leggenda racconta che il cielo era così vicino alla terra che un giorno una delle donne, che batteva con il pestello nel mortaio, lo colpì allontanandolo e facendone cadere due stelle che, atterrando pesanti al suolo, bucarono la roccia facendo germinare il miglio.
Siamo sulla terra ora e finalmente arriva la pioggia che in Africa è vita; le immagini degli uomini, delle capanne e delle attività quotidiane assumono dimensioni maggiori, divengono primi piani pieni di volti di donne dai colori accesi e appariscenti, quasi alimentati dalla pioggia rigenerante. Colpisce come le donne riempiano questo libro.
Anche Tomi cresce e inizia a raccontare mentre la voce di Ba si fa più sottile e incespicante: «Una notte, mentre dormiva, la sua anima uscì a farsi un giro. […] si appisolò in quella culla tra terra e cielo e dimenticò di rientrare nel corpo di Ba che mai più si svegliò».
Si respirano i riti animisti, le forme rituali di saluto al defunto la cui anima presto ritrova un contenitore terreno, un germoglio di miglio: «In quel germoglio, in quell’antichissima promessa di spiga, dondolava l’anima di Ba».
Ba prima e Tomi poi divengono custodi delle terre del villaggio che dalle mani dei padri passavano a quelle dei figli. La storia si chiude con un nuovo inizio, come quello che troviamo in apertura. Sotto l’albero a raccontare però c’è Tomi al posto di Ba.
Annamaria Gozzi, attraverso una leggenda africana, scrive una storia di denuncia sociale, sostenendo la lotta contro il fenomeno del land grabbing – il furto della terra. Nei risguardi finali troviamo la spiegazione della storia narrata: in molti villaggi dell’Africa la terra si coltiva da generazioni per tradizione, sulla parola. L’assenza di documenti scritti rende lecita la vendita di terreni da parte di governi corrotti a speculatori e multinazionali. I contadini si vedono così sfrattati dai loro villaggi, dall’oggi al domani, senza alcuna spiegazione. Il land grabbing è una nuova forma di colonialismo che, in silenzio, sta mettendo in ginocchio milioni di contadini che si vedono confiscare la terra da multinazionali che la destinano alla coltivazioni per la produzione di biocarburanti destinati a sfamare automobili e ad affamare persone.
Il libro ci parla del fenomeno del furto delle terre senza in realtà parlarcene, ma raccontandoci invece di cosa sia la terra per il contadino africano, qualcosa che va al di là di un mezzo di sussistenza ma che è un simbolo culturale, una forza spirituale, un pezzo di vita: «Sottrarre la terra ai contadini significa privarli non solo di cibo ma anche di tradizioni, di storie, di una sapienza cresciuta nei millenni e trasmessa di padre in figlio».
Da Storia di Ba, di Ada in Galline volanti, 08.04,2016.