di Silvana D'Angelo e Luigi Raffaelli, 2009
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Contare’, in certi dialetti, vuol dire ‘raccontare’. Mai contare sui topi si legge così: un adulto racconta e un bambino conta. In tutti i sensi. Mai contare sui topi è un libro per bambini della scuola materna che hanno appena imparato a contare o che stanno iniziando a farlo. Ma è anche adatto a chi è in prima o in seconda elementare e, invece che a contare, sta imparando a leggere. La lettura ad alta voce, da parte di un adulto, consente al lettore non alfabetizzato di concentrarsi pienamente sulla storia e può essere un’esperienza collettiva, non solo individuale.
Leggiamo una volta il testo da capo a fondo. Inizio e fine mostrano qualcosa di particolare. «C’erano una volta dieci topini.», si legge sulla prima pagina. «E questa è la storia.», si legge nell’ultima. Entrambe le frasi sono scritte con caratteri più grandi rispetto al resto del testo e in grassetto. In questo modo, è come se aprissero e chiudessero il sipario di un teatrino. In mezzo, c’è lo spettacolo. La prima regola da seguire nel leggere questo libro è dichiarata in copertina: Mai contare sui topi. Una frase ambivalente. Può essere interpretata come un avvertimento: “Dei topi, caro lettore, non ti fidare mai”. Oppure può essere considerata un divieto: “proibito contare”. In entrambi i casi l’avverbio “mai” è imperativo, perciò è scritto in rosso, sia in copertina sia sul frontespizio. [...] In più, l’avere stipulato a parole una regola ferrea, incita il lettore a sovvertirla. A contare e a leggere, in questo libro, si comincia con un atto di ribellione, anziché di obbedienza.
In Mai contare sui topi, si conta alla rovescia: si parte da dieci e si arriva a uno. Per fare cosa? Per fare una storia.
Da C’erano dieci topini e questa è la storia, di Giulia Mirandola, in Catalogone 2008.