[diMarta Iorio]
Io spero sempre che le cose che creo abbianoun tale effetto di compiutezza su chi le guarda da non indurlo achiedermi di aggiungere parole.
Poi ricordo a me stessa chequando nei miei lavori non usavo la parola, a me la parola alla finemancava…
Sentivo il bisogno di raccontare con tutti e duei modi, parole e immagini insieme.
E qui, vi racconto,con parole e immagini la storia di una mia illustrazione.
Quest’anno ho realizzato l’immagine–manifesto del TrentoFilm Festival, il festival cinematografico sullamontagna che è arrivato alla sua 62°edizione.
La montagnae il paesaggio in generale, sono molto presenti nei miei ultimilavori, ed è proprio quello che m’interessa attualmente.
Giulia Mirandola lo deve aver intercettatobene, e così mi ha coinvolto in un progetto di illustrazione e paesaggio,che data la sua specifica attinenza al tema “montagna” arriva negliuffici della direzione del Festival.
Quando mi è statorichiesto di creare l’immagine del Festival 2014 (a parte l’enormeemozione), ero anche un po’ tesa per il carico di aspettative chepuò avere il pubblico di un festival cinematografico così anticoe specializzato.
Insomma, un pubblico che di immagini necapisce qualcosa, e che di montagne e paesaggi ha potuto goderne labellezza in abbondanza. Poi questa edizione del Festival aveva come paeseospite il Messico, e la direzione avrebbe avutopiacere di introdurlo nell’immagine-manifesto.
Iodi questo paese potevo raccontare molte cose, perché ormai,per ragioni autobiografiche, fa parte della mia vita, è culladelle mie esperienze più forti.
Trento film festival, però, non ha solo unfocus specifico sulla montagna, perché allargail suo pensiero all’uomo, alla donna, alla società e all'ambiente,dando voce a un’idea di comunione fra esseri viventi e paesaggio.
Così, ho deciso che il mio manifesto sarebbe stato un paesaggio:di questo ne ero certa, anche se sapevo in partenza di cominciare conuna scelta quasi banale, che però rispondeva al mio intuito, alla miaricerca artistica degli ultimi tempi e a un certa complessità di aspettidescritti dalla committenza.
Avrei realizzato l’immagine diun paesaggio autentico, di una terra perturbante, dura, con un tramontoche brucia, ma tinto di rosa… Così mi sono messa al lavoro, e tutto èincominciato con questo.
Isegni primari del lavoro che andavo a realizzare sono racchiusi inquesti due schizzi realizzati in una sera di grande stanchezza. Limostro, perché nella loro incompiutezza e nel loro segnopesante e disordinato mi hanno suggerito molte strade.
Al primo è legato una lettera tratta dal libro Lettere a un Lupodi Giuliano Scabia
La riporto perché è una dellecose più belle, e avrei voluto che queste parole si tramutasseronell’immagine.
Caro lupo,
è notte. È il mio compleanno. Voi bestie, credo, non sapetecosa sono i compleanni. Né gli anni. Né il tempo. Il secolochiamato Novecento è finito. Quello in cui siamo entrati si chiamaDuemila. Dalla rete del tempo scandito dagli orari non usciamo più– in ansia di perderlo, il tempo.
Soloi bambini, gli smemorati e le bestie resistono fuori – almenoin apparenza.
Un temporale da ore si aggira qui sopra– tuona e lampeggia. Da mezz’ora è cominciata piano piano lapioggia. Sono le due. Adesso esco e vengo nel bosco, forse ti incontrodi nuovo.
Hocamminato per il sentiero che sai fino alla tua radura. Ero più ombradell’ombra. Non ho avuto paura. Pioggia, fulmini e tuoni. L’acquaentrava sotto i vestiti, nelle scarpe, giù per i peli. Ero bagnatocome voi bestie. Come è bella la notte. Piano piano mi son sentitodi diventare un altro. C’è un altro, in noi, che quando si rivelapuò fare paura. L’hai visto il mio altro mentre camminava in cercadi te? Lui si che è fuori dalla rete del tempo quando entra nellesue visioni e magari vede te.
Il secondo è legato a un sentimento di devozione nei confronti dellanatura. Una collana sacra su una montagna. E da qui sono partita.
Blui diPrussia. |
Questa bottiglietta di pigmento blu di Prussia, invece, èstata fondamentale perché volevo che nel manifesto ci fosse tuttal’intensità di questo colore. Tutta la gamma dei blu che ho usatohanno un po’ di blu di Prussia.
Poi ho iniziato una ricercafra i libri di storia dell’arte e foto della mia libreria, di tuttequelle vedute che a suo tempo mi avevano fortemente suggestionato.
Da questa immagine ho preso spunto per creare due piani:uno, ravvicinato, in cui ci fosse la figura umana e un secondoche desse spazio al vero paesaggio. E infatti i primi schizzi piùdettagliati avevano questa impostazione.
Un exvoto. |
Questo ex voto è stato importante per un fatto cromatico:di queste tinte di azzurro, verde, spezzate dalla luce solareavrei fatto largo uso. E così…
Questaera la prima immagine completa. pensavo fosse quella giusta, eanche alla direzione piaceva, ma era in conflitto con il testo e illogo del festival che avrebbe preso gran parte del manifesto.
mentre lavoravao ho sempre avuto in mente l’AllegoriaSacra di Giovanni Bellini, il suo cielo, i passaggi nettidalle tinte scure a quelle chiare. Così ho deciso che anche il miocielo avrebbe dovuto avere questa atmosfera di mutevolezza, che miricordava anche l’alba di Città del Messico.
Conquesta foto in bianco e nero ho capito che nel mio lavoro avrei aggiuntola presenza umana, la figura di un’esploratrice (che si trova in bassosulla destra del manifesto definitivo). Il soggetto di questa foto èin contemplazione, è immerso nel paesaggio, è in fusione totale con ilmondo. Ecco io volevo quella cosa lì.
Anche questa foto di Yuri e Lucy al vulcano mi hasempre raccontato molte cose.
Così laseconda proposta era questa: una scalata in notturna, un momento primadell’alba quando si parte per tragitti lunghi, in luoghi caldi. Qui,mi convinco che la mia montagna sarà un vulcano. Maquesta proposta non convinceva la direzione del festival perchétroppo cupa. Allora ho lavorato a un ulteriore bozzetto in cui horivisto in generale l’impostazione spaziale e ho realizzato la provadefinitiva. Almeno pensavo fosse quella definitiva… Il manifestodi Trento Film Festival 2014 sarebbe stato questo:la direzione e la giunta si erano riuniti e avevano approvato. Facevostudi di animali… e iniziavo a trovare parecchi difetti a quelloche pensavo fosse un lavoro chiuso. Così mi sono rimessa al lavoro,dicendo a Luana Bisesti, direttrice del Festival : «Luana, non credodi essere contenta.» Lei forse avrà pensato tra sé: «I soliticomportamenti ossessivo-compulsivi degli artisti!» Ma questo nonl’ho mai saputo... Invece mi ha dato piena fiducia e mi ha fattolavorare fino all’ultimo giorno utile prima di consegnare il lavoroper la lavorazione grafica e la stampa. Questo poiè stato il risultato che soprattutto ha convinto molto me, e credo abbiasoddisfatto pienamente la direzione. No so seal pubblico in generale abbia suscitato qualcosa di speciale, anche sequesta è sempre la mia speranza. Perché se non fosse così, vederseloin ogni angolo della città sarebbe abbastanza problematico! C’è un ultimo ingrediente chenon avevo aggiunto, che è una intenzione indiretta, perché fa parte diun bagaglio esperienziale, di cose che ognuno ha vissuto, che entranonel proprio lavoro. Quelle sono i propri passi, una strada, il tempodedicato al guardare un luogo, e con il guardare, capire.
Dalbozzetto...
...alla realizzazionea colori.
Incontrai anche l’art director dell’Agenzia Plus di Trentoche cura l’immagine coordinata e tutta la grafica del Festival. Ilmanifesto era deciso, salvo qualche piccolo dettaglio fastidiosodi adattabilità di una immagine lavorata interamente a temperagouache.
Però, il mio lavoro di ricerca neigiorni seguenti non si è fermato, anche se in realtà avevo terminato,sfogliavo spesso il mio libro sugli alberi.
Dimenticavo: sul fondo svetta, per la prima volta nellastoria dei manifesti di Trento Film Festival, un vulcano: montagna vivaper eccellenza!
Ilsentirsi con le spalle scoperte quando si è “lontano”, e di quellontano, incominciare ad avere fiducia.