di Keisuke Shimura e Antonio Koch, , 2006
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Brutto + Bello comincia con una operazione matematica paradigmatica, e, con la relazione che questa esprime, un’addizione, prova a rispondere ad alcuni grandi interrogativi dell’esistenza: “chi sono io?”, “chi sei tu?”, “chi è l’altro?”. Per come si offre al lettore, la copertina sembra nascere dalla constatazione che, anche fra contrari, un equilibrio esiste, e chiede a due parti opposte (due aggettivi, due colori, due creature, due momenti della giornata) di tenersi unite. Attraverso le parole di Antonio Koch e le immagini di Keisuke Shimura, Brutto e Bello risultano essere due cose in una.
Il formato stesso – un quadrato 20 x 20 cm – concorre, a libro chiuso, a rafforzare, in termini geometrici, un’idea di assoluta parità: può essere quella fra forma e contenuto, immagine e testo, sogno e realtà, istinto e ragionevolezza, e così via. Ciò che si è soliti chiamare “paura del diverso”, qui, non ha motivo di manifestarsi. Come si legge: «Nessuno ha paura di Brutto. […] Nessuno ha paura di Bello.». Il concetto di equità, dalla copertina in poi, è declinato dagli autori con ogni mezzo espressivo, purché, per trentadue pagine, si rispetti il principio generale del libro: la commistione di contrari: Brutto + Bello.
Le antitesi sono lampanti. Il nero col bianco, la sinistra con la destra, il sopra col sotto, il brutto col bello, il mostro col bimbo, il dentro col fuori, il chiuso con l’aperto, il sonno con la veglia, il buio con la luce, la notte col giorno, la retta con la curva, il quadrato col cerchio, la solitudine con l’amicizia, la singolarità con la pluralità. Lo si riscontra nelle immagini, dove il bianco emerge dal nero uniforme della pagina, per dare luogo a scene prevalentemente notturne. [...] In copertina, l’uso del segno “+”, collocato in alto, in posizione centrale ed equidistante rispetto ai margini, si ripropone, simmetrico, nella parte inferiore della tavola, in un gesto semplice: Brutto e Bello sorridono tenendosi per mano. Chi legge, riceve da questo raddoppiamento la dimostrazione che segno aritmetico e gesto corporeo – l’uno in mezzo a parole, l’altro in mezzo a figure – svolgono una funzione equilibrante. Parole e immagini, su queste basi, si bilanciano reciprocamente. [...] Esclusi il frontespizio e le ultime due tavole, i raggi di uno spicchio di luna fasciano quest’avventura di luce intensa, sicura. Brutto + Bello è abitato da mostri amici, che non fanno paura, al contrario, tengono compagnia. In questo modo, leggere Brutto + Bello nell’ora di dormire, può assumere un significato particolare per quei lettori che più temono il buio e il distacco tra giorno e notte. «Prima dell’alba, il fuoco si spegne. “E adesso dove andiamo?” Chiede Brutto Uno, stanco. “Torniamo sotto i nostri letti, sotto i nostri bimbi.” “A dormire?” “A dormire. Il fuoco brillerà ancora domani notte.” “E la notte dopo.” “E quella dopo ancora” “Finché danzeremo, brillerà.”».
Il formato stesso – un quadrato 20 x 20 cm – concorre, a libro chiuso, a rafforzare, in termini geometrici, un’idea di assoluta parità: può essere quella fra forma e contenuto, immagine e testo, sogno e realtà, istinto e ragionevolezza, e così via. Ciò che si è soliti chiamare “paura del diverso”, qui, non ha motivo di manifestarsi. Come si legge: «Nessuno ha paura di Brutto. […] Nessuno ha paura di Bello.». Il concetto di equità, dalla copertina in poi, è declinato dagli autori con ogni mezzo espressivo, purché, per trentadue pagine, si rispetti il principio generale del libro: la commistione di contrari: Brutto + Bello.
Le antitesi sono lampanti. Il nero col bianco, la sinistra con la destra, il sopra col sotto, il brutto col bello, il mostro col bimbo, il dentro col fuori, il chiuso con l’aperto, il sonno con la veglia, il buio con la luce, la notte col giorno, la retta con la curva, il quadrato col cerchio, la solitudine con l’amicizia, la singolarità con la pluralità. Lo si riscontra nelle immagini, dove il bianco emerge dal nero uniforme della pagina, per dare luogo a scene prevalentemente notturne. [...] In copertina, l’uso del segno “+”, collocato in alto, in posizione centrale ed equidistante rispetto ai margini, si ripropone, simmetrico, nella parte inferiore della tavola, in un gesto semplice: Brutto e Bello sorridono tenendosi per mano. Chi legge, riceve da questo raddoppiamento la dimostrazione che segno aritmetico e gesto corporeo – l’uno in mezzo a parole, l’altro in mezzo a figure – svolgono una funzione equilibrante. Parole e immagini, su queste basi, si bilanciano reciprocamente. [...] Esclusi il frontespizio e le ultime due tavole, i raggi di uno spicchio di luna fasciano quest’avventura di luce intensa, sicura. Brutto + Bello è abitato da mostri amici, che non fanno paura, al contrario, tengono compagnia. In questo modo, leggere Brutto + Bello nell’ora di dormire, può assumere un significato particolare per quei lettori che più temono il buio e il distacco tra giorno e notte. «Prima dell’alba, il fuoco si spegne. “E adesso dove andiamo?” Chiede Brutto Uno, stanco. “Torniamo sotto i nostri letti, sotto i nostri bimbi.” “A dormire?” “A dormire. Il fuoco brillerà ancora domani notte.” “E la notte dopo.” “E quella dopo ancora” “Finché danzeremo, brillerà.”».
Da Il dono della sintesi, di Giulia Mirandola, Catalogone, 2007.