Mister P

di Federica Iacobelli e Chiara Carrer, 2008
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C’è chi perde la testa per un suono e chi si invaghisce di cento occhi. La voce dei sentimenti è irrazionale. Sulla strada che porta da casa a scuola si scopre di tutto, anche l’amore. La storia di un bambino, di un pavone e di una pompa di benzina innamorati.
Un’ora di scuola per parlare d’amore. Un discorso amoroso, tra grandi e piccoli. Perché no? Ma come si fa, quando il pubblico è composto da bambini della scuola elementare e quando la materia da trattare si sposa così poco con i ragionamenti? E come si fa, quando anche per gli adulti è difficile riconoscere cosa sia amore e cosa no, e quando il seme dell’educazione sentimentale, in tutte le fasce d’età, sembra essersi estinto? Si comincia raccontando una storia. Per esempio, Mister P. [...] Dopo una copertina che tiene tutti col fiato sospeso, capo in avanti, occhi e bocche spalancate rivolte verso una visione che si immagina stupefacente, la storia parte. Con una confessione a bruciapelo.
«Mi manca, Mister P: i cento occhi, la sua coda colorata e quella strana buffa serenata! Insieme, ora potremmo raccogliere da terra le sue penne. O andare in cerca di un amore ricambiato […] Chissà dov’è finito, Mister P». In poche righe il testo informa che siamo nel mezzo di una ricerca. Ci vuole un viaggio all’indietro per risalire all’identità di Mister P e all’origine di un’amicizia molto speciale: quella tra un bambino e un animale. [...] Le passioni fanno breccia senza preavvisi. Ma non nascono dal nulla. Quella del protagonista per Mister P, è un’attrazione che ha per oggetto suoni, colori e ambienti molto precisi. «Accadde tutto nella mia stazione di servizio preferita», si legge. «Lì c’era quella bella pompa rossa che dà benzina e cigola e borbotta». Un bel giorno, un’apparizione: «era un uccello galliforme color verde rosmarino e blu cobalto con la coda come una ruota arcobaleno che girava e si gonfiava tanto. Era un pavone. Ed era molto bello».
Quest’ultima frase è in grassetto e compare altre due volte, a distanza di poche pagine, sempre in riferimento a Mister P. Perché una sottolineatura così vistosa? In generale, scegliere di raccontare una storia dove il bello ha un ruolo decisivo, provoca una domanda seria agli adulti che vivono in contatto con i bambini: perché tanta disponibilità nell’offrire loro i mille volti della bruttezza (i brutti esempi, il brutto linguaggio, le brutte maniere, i brutti gusti eccetera), e non spendersi, invece, in tentativi diversi: per esempio introdurli fin da piccoli, a una comunicazione affettiva con le persone, gli animali e le cose; a momenti ripetibili di godimento; a una grammatica esistenziale radicata sul bello, sullo stupore, sulla vicinanza corporea a ciò che più piace, in definitiva sull’amore?

Da Amori fatali, di Giulia Mirandola, Catalogone, 2009.