A vederla non si direbbe

di Silvana D'Angelo, 2010
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All’inizio il titolo scelto da Silvana D’Angelo per il suo romanzo indubbiamente incuriosisce, soltanto poi diventa sostanza del racconto. A fine lettura il sentimento che prevale è di gioia per aver scoperto e condiviso un vissuto straordinariamente vitale come è stato quello dell’infanzia e dell’adolescenza della scrittrice, che riesce a fornirci, attraverso un’accurata e profonda ricostruzione, un’immagine unica ed irripetibile di questi due periodi (…avrei dovuto guardarli meglio tutti, o più a lungo, forse, ma quando sei bambino non vivi il presente con nostalgia. Solo gli adulti lo fanno).
Il ritmo incalzante e il periodare fluido ci proiettano in momenti diversi della sua vita: in famiglia, nella sua camera (qui trovavo una pace perfetta), immersa nella lettura dei suoi amati libri, con gli amici (i più cari sono tutti animali), o nel “magico” paese di Colle d’Anchise (luogo in cui i desideri più profondi si realizzavano, quasi prima di formularli) ma, soprattutto, sembra di vederla giocare nel cortile di casa in via Pitagora, alla periferia di Milano, dove è trascorsa gran parte della sua infanzia e dove sono nati i primi rapporti sociali e i legami più profondi. La narrazione diventa sempre più coinvolgente per il lettore che scopre i sentimenti, le emozioni, le sensazioni provate dalla scrittrice, condividendone i momenti di gioia e di sofferenza. Sono proprio questi ultimi a essere particolarmente struggenti per Silvana D’Angelo bambina poiché, a causa del suo sentirsi inadeguata e non accettata dagli altri (sei grassa e sei pure stupida) aveva un rapporto non sempre facile con il mondo esterno.

di Paola Predicatori, dal sito Lettteratura per ragazzi.