di Gioconda Belli e Alicia Baladan
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Si distinse da subito, già alla Bologna Children’s Book Fair, come uno degli albi più belli. La prima risata di Gioconda Belli e Alicia Baladan anche con uno spagnolo stentato – in origine pubblicato da Libros del Zorro Rojo – ti invitava a entrare, con quella risata, il suo eco, tutte quelle foglie, i colori, gli uccelli. Sotto il braccio l’ultima copia, certo un bottino ma non tradotto, lo portai a casa. Poi l’annuncio dell’imminente pubblicazione, tradotto da Lisa Topi per i Topipittori e quindi, l’attesa.
Sollevare la copertina, aprirlo per lasciar uscire i suoi suoni. L’aria fresca, pulita, primordiale, e l’eco di quel riso sopra il battibeccare degli uccelli, a coprire lo scorrere dell’acqua e il vento tra le foglie.
Una risata riempie lo spazio, gorgheggiante come solo quella dei bambini sa essere, quando è così vitale da far tremare la pancia, riempire la gola, inondare gli occhi.
In un incontaminato paradiso terrestre ai suoi esordi due bambini, nel folto della foresta, si incontrano per scoprire proprio in quel momento di essere sì, il primo uomo e la prima donna. Alia e Enea. Uguali eppur diversi. Così differenti da aver due occhi, un naso e una bocca, i piedi che si appaiano per categoria, ma che non si somigliano neppure lontanamente. Quelli di Alia come pesci del fiume. Largo e forte l’uno, morbida e rotonda l’altra. Allungare le mani per toccare l’un l’altro, la conoscenza che passa anche dalla pelle, riconoscersi uguali nella materia e cominciare a farsi il solletico e poi… la prima risata. Mai la foresta aveva sentito qualcuno ridere, e li ascoltò incantata.
È così che si resta: incantati. Come quell’attorno che comincia a chiedersi cosa sarà quel suono e a paragonarlo a ciò che conosce. I salti dell’acqua sulle rocce per il fiume, il suo suono tra le foglie per il vento, gli uccelli per la quercia. Tutto avrebbe voluto poter ridere così, di felicità pura. Quella notte l’albero sognò di ridere con una felicità ardente e leggera. Quella notte Alia e Enea dormirono appoggiati sui suoi rami. La corteccia, pelle d’albergo, li sentì.
Testo e illustrazioni ridono insieme, nel ritmo del blocchetto di testo che si sposta all’interno della pagina, sale e scende, a volte assestandosi un attimo al centro, pagina dopo pagina, come note sulle righe di un pentagramma. Il candore della pelle dei due bambini – non rosa, non bianca, ma di un bianco colorato – buca tutti quei verdi – chiari, scuri di sottobosco e penombra, annacquati a acquarello, variegati, sfumati, intensi, più gialli talvolta, altre neri o venati di rosso, che si fan blu per nascondere un uccello riccamente piumato. Fagiani, cinghiali o belve serene.
Come si fa a ridere come loro? Si domanda la quercia.
Son con te, cara quercia, voglio anch’io quell’allegria che si sparge dappertutto.
Da La prima risata, di Marina Petruzio, in Luuk Magazine, 19.11.2017.