di Cristina Bellemo e Alicia Baladan, 2015
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Da me si dice, squadra che vince non si cambia. Gli immaginari sconfinati di Bellemo e Baladan li ho già visti in ottima sintonia in un altro libro illustrato che ho tanto amato, La leggerezza perduta (Topipittori, 2013). Perché non intrecciarli nuovamente per raccontare la 'piccola storia' di Beniamino?
Con l'incedere di una poesia e l'atmosfera di una fiaba, questa Storia piccola contiene in sé un nocciolo di senso che radica in un tema universale, la relazione tra genitori e figli.
In un modo così tanto originale, per parole chiave e disegni metafisici che 'misurano' l'infinito, racconta delle scoperte quotidiane di una creatura in crescita e della gioia totalizzante di un padre e di una madre nel constatarle. Racconta dell'improrogabilità del bisogno che un piccolo avverte e della cura che un grande deve metterci nel soddisfarlo. Racconta dei desideri e dei sogni che nascono in un cuore nuovo e dell'accoglienza positiva dei grandi nel favorirli. Racconta delle curiosità e delle rinnovate sfide che un giovane ha davanti a sé e della soddisfazione di un genitore nel vederlo cimentarsi.
Racconta di quel baldanzoso andare alla scoperta e di quel saggio fermarsi sulla soglia e stare a guardare... Insomma un tema enorme che si riduce, è vero, a storia piccola nel suo essere quotidiano: ciò accade, o forse dovrei dire dovrebbe accadere, in ogni angolo del mondo, da sempre. La mia 'piccola storia', cominciata nell'estremo autunno di 23 anni fa, è andata più o meno così: con i miei limiti ho accudito, ho accontentato, ho accolto, ho gioito, mi sono inorgoglita e ora sono ferma sulla soglia e sto a guardare... non avrei saputo fare diversamente.
Se ho saputo capirlo, questo grande nocciolo di senso di cui il libro è portatore bolle, come il vulcano sullo sfondo. Un adulto mediamente normodotato lo 'capisce', ma che effetto fa su un bambino questo magma incandescente che cova la montagna, il senso ultimo di questa storia di tutti i giorni? È questa la grande domanda a cui tento di dare la mia personale 'risposta piccola' di lettrice ostinata.
Caro bambino, io questa storia te la leggo perché suona bene, sembra una poesia, ed è saggia come una fiaba, te la leggo perché ha disegni immaginifici, che raccontano il minuscolo e l'infinito, perché dice cose vere, anche se difficili per un piccolino. Te la leggo per ragionarci assieme, per poterti spiegare chi son io. Per poter immaginare chi potresti essere tu. Te la leggo per offrirti un seme che forse un giorno attecchirà. Te la leggo perché io sono un grande e tu sei un bambino. Ecco perché.
Da Sotto il vulcano, di Carla Ghisalberti in Lettura candita, 15.9.2015.