di Esopo e Simone Rea, 2012
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Un po' leoni, un po' asini, un po' formiche, un po' galline, un po' gatti, un po' zanzare, un po' volpi, un po' ratti. Animali o esseri umani? Giungono dalla Grecia del VI secolo a.C. e parlano in greco antico.
Giunte a noi da un'epoca, un luogo, un alfabeto, lontanissimi, la Grecia del VI secolo a.C. e il greco antico, le Favole di Esopo trattano di animali simili a noi e di un tempo contenuto e contenibile nel nostro 2012. Ciò le rende universali e le accomuna alla famiglia dei racconti di fiaba e a quelli mitologici. Come spiegarsi, diversamente, l'adesione di certi caratteri e maschere umane a taluni anfibi o felini o insetti o roditori o marsupiali? Non c'è passaggio, nelle tavole di Simone Rea, in cui animali e umani smettano il gioco di ri-guardarsi.
Nello spazio di poche righe di testo – accade solo una volta, in 48 pagine, che una favola sia lunga una facciata – il lettore scivola nel cuore di confronti fra animali, mossi da energie e intelligenze differenti: la paura, la gratitudine, la mitezza, la stupidità la fretta, l'istintività, l'ostinazione, la gentilezza, la curiosità, la vanità, l'intolleranza, l'arguzia, il cinismo, la disinvoltura, la responsabilità, l'amore, l'odio, eccetera. La volpe che ruba al corvo un pezzo di carne è furba o fortunata? Il gatto che cerca di catturare il topo con l'inganno conosce la sua preda o sopravvaluta se stesso? La scimmia che odia uno dei due figli come e dove vive? Il leone che accusa il delfino di tradimento ha capito di essere lui il traditore o non lo capirà mai? Il lupo che non risparmia l'agnello doveva uccidere o poteva evitarlo? Queste e altre domande suscitano le Favole di Esopo e Rea, quesiti sociologici e antropologici, utili ad affinare la conoscenza di sé e degli altri e a coltivare proposte di senso dentro contrasti che ne sono privi. Mentirebbe Esopo, se non mostrasse che siamo anche indisponenti, anche sgraziati, anche assenti, anche disinformati, anche ingiusti. Le Favole sono raccomandate a chi è litigioso e a chi fatica ad accettare imperfezioni proprie e altrui.