Il fazzoletto bianco

di Viorel Boldis e Antonella Toffolo

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“Il fazzoletto bianco” è un breve racconto autobiografico dell’italo-rumeno Viorel Boldis, scrittore e poeta che compone direttamente in lingua italiana, autore dalla scrittura precisa, pacata e poetica. Il testo, scritto alla fine degli anni Novanta – vincitore di un concorso di letteratura e poi apparso su giornali e riviste web di letteratura della migrazione –, è un intenso e struggente frammento autobiografico, un racconto sul distacco e il ritorno, sul ritrovarsi. [...] Scritto originariamente per un pubblico adulto, adesso proposto da un editore “per bambini”, il libro in realtà è un picture book senza un’età di lettura ben definita.

La narrazione, serrata e intima, è divisa in tre atti. L’infanzia, bella e spensierata, ma anche molto semplice e dura, trascorsa in campagna tra le colline della Transilvania, dove il giovanissimo Viorel impara a tagliare l’erba con la grande falce, porta a pascolare capre, mucche e bufali, va a scuola. Ricorda: “prendevo dei buoni voti e i miei erano contenti”. Poi, un giorno, la decisione risoluta, ma in fondo contrastata, di partire, di andarsene via in cerca di un avvenire diverso. “Se vuoi andare, vattene, ma non guardare indietro, non avere rimorsi. Vattene per sempre” gli dice il padre, sopraffatto dalla rabbia e dalla tristezza. “E io, figlio suo, testardo come lui, sono andato. Ogni tanto, voltandomi indietro, ma sono andato”. E infine, un lungo periodo di silenzio, durante il quale monta nel giovane Viorel una insopprimibile tristezza e nostalgia, che lo ricondurrà a casa per una visita di riconciliazione. [...]

Nell’emozionante finale “a sorpresa” restiamo in trepidante attesa, temiamo il peggio, tutto sembra perduto, il giovane Viorel e noi con lui ci sentiamo sopraffatti dagli eventi, angosciati e storditi da una perdita insopportabile. L’atmosfera è sospesa, i tempi dilatati. Ma è un attimo, è un effetto ottico. Non svelerò il finale, catartico e liberatorio, della storia. Occorrerà ben altro per contenere tutta la gioia di un ritorno, atteso e fortemente sperato, per esprimere il desiderio di riabbracciarsi e sentirsi, nonostante tutto, ancora uniti.

Accanto alla narrazione testuale, il libro presenta delle splendide tavole illustrate con la tecnica xilografica bianco e nero della compianta Antonella Toffolo; tavole che appaiono cupe rispetto ai colori che sprigionano dai ricordi di Boldis, almeno nella prima parte; ma che preparano sapientemente quell’atmosfera claustrofobica e solitaria, fatta di attese e timori, che respiriamo nel ritorno a casa. Il lavoro dell’illustratrice ha almeno due pregi che rendono questo picture book davvero speciale. Da una parte, si opera un parallelismo tra il testo scritto e la tecnica iconografica adottata: al lavoro di ricomposizione e di scavo nella memoria dell’autore, Toffolo risponde con un impegnativo lavoro volto a far emergere le figure dal nero della tavola. Dall’altro, le immagini bianco e nero proiettano la narrazione in una dimensione onirica, che nelle pagini finali assume le forme di un incubo: la paura di non essere accolto, accettato, riconosciuto. Ma nella dimensione onirica l’interpretazione del racconto si dilata, si arricchisce di più significati: oltre al topos poetico del ritorno che risale agli albori della letteratura, il testo è un invito per noi a entrare nel cerchio del dialogo, a incontrare, accogliere, riconoscere l’altro che sta ancora sulla soglia o l’ha varcata. A noi, che abitiamo la sua nuova “casa”, Boldis tende la mano e ci invita a esporre il fazzoletto bianco dell’ospitalità.

Da Il fazzoletto bianco, di Lorenzo Luatti, su El Ghibli, 11/11/2010