di Nathaniel Hawthorne e Kiyoko Sakata, 2007
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La bambina di neve. Un miracolo infantile fa parte della collana “Fiabe quasi classiche”[...]. Si tratta, infatti, di un racconto scritto nella prima metà dell’Ottocento, da un autore considerato, con Edgar Allan Poe, Herman Melville e Mark Twain, il fondatore della letteratura americana: Nathaniel Hawthorne (1804-1864). Kiyoko Sakata è un’illustratrice giapponese, nata nel 1974; La bambina di neve. Un miracolo infantile è la sua opera prima.
Una breve nota, alla fine del libro, è utile sia a chi legge Hawthorne per la prima volta, sia a chi, pur conoscendolo, poco sapeva o ricordava di questo racconto e del contesto in cui fu scritto: «quando leggiamo La bambina di neve, i due protagonisti, Violetta e Papavero ci ricordano i figli di Hawthorne come nei suoi diari li troviamo descritti, per carattere e aspetto fisico. Sono loro, vivaci e intelligenti, che vediamo giocare; loro, pieni di fantasia, capaci di dare vita all’impossibile.» È una precisazione interessante, rivolta all’attenzione dei genitori e, in generale, degli adulti. Professione e paternità, maturità e infanzia, nella figura di Hawthorne si sommano in modo virtuoso, lanciando sia ai bambini che agli adulti – in modalità assai diverse – un messaggio di speranza. «Hawthorne era padre di una bambina, Una, e di un bambino, Julian. Amava molto osservarli. Lo sappiamo perché nei taccuini dello scrittore – pagine e pagine in cui annotava pensieri, stati d’animo, descrizioni di paesaggi, storie – molto spazio è dedicato proprio a loro. Hawthorne riportava i loro dialoghi, le loro riflessioni, le loro scoperte, le loro domande.».
Leggendo La bambina di neve. Un miracolo infantile, il lettore bambino veste i panni di chi, bambino nella finzione narrativa, ha voglia di uscire di casa per andare a giocare in giardino, nella neve fresca, e dare vita a un’esperienza miracolosa, magica, da cui gli adulti sono esclusi. L’ardore che accompagna la richiesta di uscire all’aria aperta e di giocare, si fissa, visivamente, nell’espressione radiosa di Papavero e Violetta e nel gesto implorante delle loro mani. [...] L’uso di immagini in bianco e nero, entro sottili margini bianchi, intervalla lunghe parti di testo ed è un richiamo alle fotografie d’epoca che Kiyoko Sakata non fa mistero di avere studiato attentamente, prima di mettere mano al racconto. Su queste tavole, interni e abbigliamento, citano il periodo storico in cui fu scritto il racconto (prima metà dell’Ottocento) e l’atmosfera intima, domestica, che lo produsse. Tra nero e bianco, la gamma delle sfumature di grigio esalta la luminosità del paesaggio invernale e descrive passaggi continui fra luce e tenebra. [...] Madri e padri che leggano ai propri figli La bambina di neve. Un miracolo infantile, si rispecchieranno nell’impossibilità dei signori Lindsey di capire fino i fondo i giochi dei loro bambini. [...] Nel giardino di casa i due bambini daranno vita a una sorella immaginaria, fatta di luce e neve. Loro la creano, i genitori la disfano. Una storia senza lieto fine, sulla potenza visionaria dell’infanzia e i limiti esistenti nella comunicazione tra bambini e adulti.
Da Un fatto di ordinaria distanza, di Giulia Mirandola, Catalogone, 2007.