Shin Sun-Mi, 2018
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Le fate formiche sono un capolavoro. Un equilibrio raro tiene insieme in questo albo il presente e il passato. Il rosa cipria delle tavole di Shin Sun-Mi sospende più del bianco che qui fa da cornice e da contrappunto ad un testo lievissimo dove è la misura a stupire. Poche parole che svelano senza tradire, ponderate al grammo per non disturbare l’incantesimo di una notte in cui un bambino incontra la sua mamma bambina. Ogni parte di questo libro è un gioco raffinato dell’ago che cuce insieme un prima, un dopo e un adesso. Il bambino ha la febbre e la madre veglia su di lui; ma è stanca e si addormenta. Sul pavimento il termometro elettrico ci racconta di “un qui ed un ora”, nonostante i vestiti tradizionali coreani della mamma e del bambino possano portare il lettore occidentale ad immaginare tempi lontani. Invece la grazia di questa storia è nel presente, è adesso, questa notte; dall’altra parte del mondo o qui, dove anche noi possiamo vestire l’infanzia di sogno, gentilezza e mistero.
Da Le fate formiche, di Alessia Napolitano, in Radice-Labirinto. Libreria per bambini e ragazzi, 2018.
“Le fate formiche” è il primo albo di cui l’artista coreana Shin Sun-Mi è autrice e illustratrice; la sua bellezza ha incantato anche i tipi dei Topipittori che con grande merito lo hanno tradotto e pubblicato.
Già il titolo, al solo sentirlo, introduce a quel limbo che sta tra un’immagine reale, qualcosa di infinitamente minuscolo e operoso come una formica, e una immaginaria, le fate, in quel luogo dove la meraviglia invita ad accomodarsi, guardare e ascoltare rapiti.
Se poi non ci si accontentasse di solo ascoltarlo, ma lo si potesse vedere quel titolo illuminarsi sfiorato da un pulviscolo magico, stampato su un rosa guscio d’uovo un colore che, in punta di giallo, sta tra un’alba e l’inizio di un tramonto, allora l’incanto della favola avrebbe luogo.
Tutto è sospeso in quest’albo come in un sogno: il soffice rosa, che dalla copertina scivola a fare da sfondo alle illustrazioni, è uno spazio senza linee sebbene con una sua profondità e piani differenti, un colore-luogo dal quale entrare e uscire, dove il tempo oscilla tra passato e futuro e dove pare essere l’hanbok, l’elegante abito tradizionale coreano, avere il compito di riportarci nella realtà, oggi che le donne coreane tornano a usarlo durante le cerimonie, le ricorrenze e nei giorni di festa. Come quando dopo un giorno di caldo e poi freddo e ancora caldo, la fronte la notte si arroventa ma il mattino è nuovamente fresca.
Un bimbo ha la febbre, la sua giovane mamma lo accudisce per tutta la notte, tra pezze di lino fresche di acqua e termometro elettronico. Un micio rosso ne approfitta per indugiare al caldo, é facile immaginare conosca molto bene quegli esserini minuscoli che in punta di piedi arrivano non appena il suono del respiro della mamma, esausta per il mancato sonno, si fa più pesante, sistemandole un cuscino sotto la testa. Piccole figure operose come formiche, veloci e premurose come la mamma sistemeranno coperte, somministreranno sciroppi, asciugheranno il pavimento, inumidiranno pezze bagnandosi nel catino come in una vasca con preziosi oli e poi, attenderanno… pochi secondi il tempo di voltar la pagina…Conoscete la mia mamma? Certo. Da quando era piccola come te… un percettibile, a sguardo allenato, cambiamento muta la scena.
Le illustrazioni non sono più incorniciate da un passpartout chiaro come fossero dipinti antichi, il rosa si spande occupando la pagina, mentre una treccia si allunga laddove prima c’era uno chignon, un ornamento prezioso al centro della testa, il bel fiocco rosso ricamato in oro e argento a chiudere la lunga treccia e la mamma è tornata bambina. L’anello che una fata formica le ha infilato all’indice della mano ha il potere dell’incantesimo del tempo. L’anello suggella l’amicizia a lungo coltivata, l’infanzia e il suo sogno.
L’infanzia con il suo carico emotivo fa riaffiorare dal passato antiche immagini dimenticate, che nessun grande sa di possedere ancora, ma che rincontra nelle prassi di cura, nel ritornare lui stesso bambino, ritrovandosi in quella cura; così una notte di febbre molto alta può essere evocativa riportando al presente qualcosa dal quale ci eravamo allontanati, qualcosa che assomiglia molto all’infanzia, alle sue illimitate possibilità immaginative, a quel fare senza limiti di spazio e di tempo. Come a delle fate piccole come formiche, un tempo compagne di gioco, di un gioco proprio, personale, intimo. Così in stretto legame da suggellare un patto di amore eterno attraverso lo scambio di un anello che ha il poter riportare indietro nel tempo.
Le fate formiche sono fate molto piccole e silenziose, come formiche. Vivono con noi, anche se i nostri occhi spesso non le vedono.
Da Le fate formiche, di Marina Petruzio, in Luuk Magazine, 30.12.2018