di Sergio Ruzzier, 2016
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È un’opera davvero mirabile questa di Ruzzier, che unisce semplicità e limpidezza di trama a profondità e stratificazione di significati, tanto che la definirei filosofica. Da segnalare è anche l’efficace ed eloquente corrispondenza testo-immagine che arricchisce e amplia concetti e suggestioni, rendendo l’albo una miniera di spunti intorno ai temi del linguaggio e della lettura.
Un buffo anatroccolo, che si muove su uno sfondo bianco, privo di qualsiasi scenario o dettaglio, trova in terra un libro. Subito lo apre speranzoso ma l’assenza di figure lo fa arrabbiare. Cosa se ne può fare di un libro pieno solo di fitte scritte? Tra l’altro per lui – che forse non sa ancora leggere – prive di senso?
Cedendo a un gesto di stizza lo getta, ma, subito dopo, pentito e un poco mortificato, lo raccoglie e prova ad aprirlo, sotto gli occhi incuriositi di una bestiolina volante.
“Non lo so” (se lo so leggere), dice il piccolo protagonista. Ma ecco che, di punto in bianco, a destra della doppia pagina la scena si colora e compaiono oggetti. Primo su tutti un tronco gettato a traghettare da una parte, dove è ancora tutto bianco, a un’altra dove nicchiano strane cose.
È iniziato il viaggio. Ed è un viaggio immaginifico, nel senso che l’esperienza interiore che l’anatroccolo vive con il libro viene rappresentata tramite le illustrazioni.
Dapprincipio – non appena il piccolo passa dalla dimensione precedente, vuota perché senza significati, a quella nuova, vivace e colorata – gli oggetti che incontra sono strampalati, non si riesce a ravvedere tra essi nulla di noto. Questo perché le parole che si affollano sulle pagine del libro, sono ancora oscure, difficili da comprendere.
Quando qualcuna di quelle combinazioni di lettere viene riconosciuta e si riesce ad attribuirle un senso, anche le cose intorno diventano riconoscibili.
Ed ecco che gli scenari cominciano a corrispondere alle parole lette: quando esse fanno ridere sono popolati di attrezzi e personaggi buffi, quando sono tristi il paesaggio attraversato è desolato. Può essere poi pacifico, burrascoso, sempre a seconda delle emozioni suscitate dalla lettura.
Il culmine dell’esperienza del leggere è poi quello che molti appassionati lettori ben conoscono: un libro sa trascinare lontano, permette di immergersi in luoghi e tempi differenti. Chi legge può staccarsi dalla propria realtà e viaggiare. Senza però dover fare molta strada.
L’ultima verità che l’albo ci regala, dopo che il tenero anatroccolo è tornato al sicuro nel suo letto, di fronte a uno scaffale ben fornito di libri – che ci rivela la sua natura di lettore – è semplice eppure di grande importanza: le parole, e quindi i libri, le storie, restano con te per sempre. Nel senso che entrano a far parte del bagaglio di conoscenze, di fantasticherie, di emozioni, di riferimenti. Vanno a costruire il prezioso immaginario individuale, fondamentale per lo sviluppo della creatività, del pensiero critico, dell’empatia, di tutte le capacità di decodifica del reale e di tutte le altre necessarie per incidere su esso.
Originale anche lo stile illustrativo dell’autore: una mano sorridente, ma con una vena surreale, colori vivi ma morbidi e armoniosi, un buffa tenerezza per nulla affettata e, nel fondo, una punta di leggera inquietudine che pungola il lettore e gli dà la sensazione di essersi affacciato sul un altro universo, che non termina al chiudere del libro.
(A me personalmente suscita sensazioni simili a quelle date dalle tavole di Claude Ponti)
Un albo convincente e intelligente, limpido e profondo, dalla costruzione impeccabile, da sfogliare e risfogliare per cogliere dettagli e metasignificati, per sentire viva l’importanza e la forza delle parole e del processo di lettura che le veste di senso e le rende strumenti potenti e bellissimi.
Da Stupido libro!, di Federica Pizzi, in Libri e Marmellata, 3.02.2017