Delicato e poetico, l’albo come lo sguardo della piccola protagonista. Lo sguardo che, con affetto e curiosità, rivolge a un suo enigmatico compagno di classe, un bambino dal comportamento insolito, che in classe non parla, non rivolge la parola a nessuno, che siano adulti o coetanei.
Non ci sono nomi, c’è solo l’”io” narrante e il “lui” osservato, con rispetto, senza giudizio, semplicemente come un altro che si vorrebbe conoscere meglio, senza riuscire a farlo. Allora si osserva andando oltre l’apparenza, con quella profondità di cui spesso i bambini sono capaci.
Il compagno di classe sarà forse timido? Ha dei problemi, delle difficoltà? L’adulto si domanderebbe il perché del silenzio continuo e ostinato di un ragazzino, la bambina prova invece a chiedersi come ci si riesca, tenta di immedesimarsi, di comprendere.
E osserva. Come si comporta l’amico, come si comportano gli altri nei suoi confronti. Quando gli viene fatta una domanda, quando è interrogato, quando accade qualcosa intorno a lui. C’è chi lo paragona a un sasso, a qualcosa di inerte, senza vita. Ma la bambina sa che non è così. Sente.
Si parla spesso di empatia, e trovo che, senza nominarla, questa storia ne metta in atto un esempio vivissimo. La piccola protagonista è empatica nei confronti del suo compagno, è con lui in contatto, in comunicazione, seppure senza l’ausilio delle parole.
Così prossima allo spirito dell’amico che, quando con la classe si reca in gita al museo delle scienze, una delle stazioni del percorso le suggerisce un’idea per mettersi in relazione con lui. Perché se anche ciò che è quasi per antonomasia silenzioso – come un acquario pieno di pesci – può rivelare suoni meravigliosi, allora, a maggior ragione, un bambino, che anche non vuol parlare, non può che essere uno scrigno di splendide note.
Basta solo sapersi mettere in ascolto, avere lo strumento giusto, la disponibilità e la pazienza. E la ricchezza di immaginazione che spesso l’infanzia possiede.
Per i pesci del museo della scienza basta una cornetta immersa nell’acqua e collegata a un altro apparecchio. Per i due bambini è necessario lo spirito empatico, il filo che, più o meno aggrovigliato, più o meno facile da collegare, mette in comunicazione due anime, due spiriti, due sensibilità.
E, infine, la sorpresa: l’amico silenzioso, in fondo, è come un pesce e, se ascoltato, se accettato, sa produrre i suoi suoni unici e farsi sentire.
Silvia Vecchini e Sualzo ci hanno regalato un altro racconto aggraziatissimo, lieve e profondo allo stesso tempo, toccante e prossimo allo spirito dell’infanzia. Una storia priva di interferenze “adulte”, pulita e viva, preziosa.
Per costruzione e meccanismo l’albo può essere rassomigliato a un fumetto. Il testo è accompagnato da vignette sequenziali, cinematografiche, alle quali è affidata parte della narrazione. I disegni sono profondamente eloquenti, nelle inquadrature, nella scelta di dettagli e gesti, rivelano emozioni, conferiscono sfaccettature e intensità al racconto. E nonostante rappresentino scene di vita quotidiana, possiedono una nota immaginifica che, assieme ai preponderanti toni azzurri, verdi e ocra, rende l’albo un poco “sognante”, ben intonato alla dimensione emotiva che narra.
Da Telefonata con il pesce di Federica Pizzi, in Libri e Marmellata, 25.01.2018