di Jurga Vile e Lina Itagaki
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L’editore Topipittori si occupa principalmente della pubblicazione di libri illustrati per ragazzi, con un catalogo formato da non molte pubblicazioni ma spesso interessanti. Ha anche una collana di fumetto dedicata alle autobiografie, che riserva ogni tanto interessanti sorprese. Basti pensare all’esordio di Cristina Portolano con Quasi signorina o a Il magnifico lavativo di Tuono Pettinato. Due libri dall’approccio brillante, che hanno mostrato la capacità dei due autori di raccontarsi mettendo il giusto accento sulle situazioni ordinarie con spirito personale. Haiku siberiani è di altro stampo: affronta tematiche storiche e racconta una vicenda lontana nel tempo e nei luoghi.
Realizzato dalla coppia di autrici lituane Lina Itagaki (disegni) e Jurga Vile (testi), Haiku siberiani si è fatto conoscere a un largo pubblico anche grazie alla candidatura nel 2019 ai premi del festival d’Angoulême nella categoria jeunes adultes. La storia è incentrata sulle vicende del padre della Vile, Algis, deportato in un campo di prigionia in Siberia dalla Lituania insieme a tutta la sua famiglia e alla popolazione del suo villaggio per non essersi piegato ai russi e non averne festeggiato l’arrivo al momento della loro occupazione di Estonia, Lituania e Lettonia nel 1940.
Il libro segue i racconti di prima mano del padre della Vile, ricreando un immaginario visivo semplice – non nel senso di minimale – in un viaggio nel tempo che cerca di evocare l’innocenza di un bambino e il suo stupore di fronte a tempi difficili e situazioni crude. Il disegno della Itagaki integra una buona varietà di tipoligie di segno e di impostazione della tavola, riuscendo (quasi sempre) a non far pesare il didascalismo intrinseco al resoconto storico.
Con fluidità e disinvoltura si passa da tavole a fumetti tradizionali (magari a sei vignette quadrate, quindi piuttosto standard) a splash page, tavole quasi infografiche, sequenze a fumetti prive di vignette, passando per l’utilizzo di fotografie, o disegni che riproducono bigliettini passati tra i prigionieri (che condividevano gli haiku condivisi con i prigionieri giapponesi). Anche la scelta di sfondi “sporchi”, che riproducono l’impressione di carte conservate per anni, abbandonate e invecchiate, irrobustisce l’idea di un progetto curato in ogni dettaglio con l’intento di evocare emozioni cullate per anni da chi ha vissuto le vicende.
Non siamo di fronte all’imponenza di un libro come Heimat di Nora Krug, non c’è lo stesso lavoro mastodontico alle spalle, con anni di ricerca storica e genealogica nel passato di una famiglia e della Germania stessa. Eppure, in entrambi i libri riecheggia un simile approccio ibrido a un racconto per immagini basato sul ricordo e la conservazione della memoria collettiva.
Haiku siberiani, nella sua semplicità, è quanto di più simile al libro della Krug possa offrire un volume adatto anche ai lettori più giovani. Itagaki e Vile alternano un tono giocoso, e per questo accessibile e piacevole, con approccio storico rigoroso, che illustra fedelmente una vicenda non troppo nota al grande pubblico, visto che solitamente se si pensa ai campi di prigionia o di concentramento ai tempi della Seconda guerra mondiale, difficilmente si conosce cos’è accaduto al popolo lituano.
Da Haiku Siberiani, un poetico racconto di prigionia del secolo scorso, di Valerio Stivé, in Fumettologica, 21.04.2020.