Giovanna Zoboli e Philip Giordano, 2018
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Dopo i parallelismi tra il giorno e la notte, dopo i giochi armonici del creato che si muove tra il cielo e il mare, ecco il brulicare incessante di una natura che sembra immobile, ma che invece è percorsa da un lavorio incessante di una vita quasi invisibile.
È Sul prato, il nuovo volume di Giovanna Zoboli e Philip Giordano, il terzo di una quadrilogia che, volume dopo volume, io amo sempre di più: un progetto rivolto ai bambini piccini davvero interessante e perfetto nella scelta dei tempi, delle parole e delle immagini.
Il testo riprende la struttura cantilenante data dall’inversione verbo soggetto («scappa una lepre»), ma tra le 11 e 11 tavole illustrate che compongono il prato sopra e sotto, non ci sono relazioni di analogia né parallelismi: questa volta l’occhio si ferma per godere i piccoli movimenti e gli impercettibili moti di crescita («spunta un fungo», «cresce un albero», «germoglia un seme», «spinge una radice»).
Feconda e suggestiva la conferma della generalizzazione che permette ai lettori di immaginare oltre l’immagine: «salta una cavalletta» e non “la cavalletta”.
Ciò che mi ha colpito maggiormente questa volta, ma che riguardando indietro si conferma una scelta costante, è la cura non scontata con cui Giovanna Zoboli sceglie le parole: «bruca un asino», «scivola una volpe», «matura una barbabietola». Perché un asino e non una forse più prevedibile pecora? Perché scivola una volpe e non semplicemente corre o salta? Perché una barbabietola e non una carota? Ha senso preferire soggetti non immediatamente usuali, anche se non possiamo parlare di preziosismi, nel rivolgersi a lettori piccolissimi? Io credo assolutamente di sì, perché se da una parte la quotidianità è l’orizzonte più interessante che si possa offrire ad un bambino di un anno, spesso questo si traduce editorialmente in stereotipi ripetitivi che rischiano di mostrare una realtà omogeneizzata e insipida che crede di non poter rivolgersi al bambino al di fuori di confini stabiliti a priori.
La forza di questa collana, invece, sta anche nella serietà con cui si rivolge al bambino, nella scelta di non offrigli un’immagine e un testo che possa prevedibilmente possedere, Giovanna Zoboli regala ai suoi lettori parole scelte, non ordinarie, non banali che mostrano la realtà nel suo fascino meno appariscente, quello più celato e prezioso.
«Canta una sorgente».
Rileggetelo.
«Canta una sorgente».
Che pensiero bello!
A bene pensare, questo volume è il primo ad affrontare la descrizione di un mondo realmente (almeno nell’immediatezza) invisibile, quello sotterraneo, e questo di per sé carica il testo di un potere quasi magico (e il finale non fa che confermare la consapevolezza di questo spazio nascosto, da poter solo immaginare).
Philip Giordano coglie esattamente lo spirito anticonvenzionale del testo, ma riesce con disinvoltura a comunicare con i più piccoli, senza diventare astruso e astratto.
Il soggetto scelto per illustrare «cade un frutto» è un fico (e non, per dire, una mela), il fiore è sbilenco, in «germoglia un seme» lo spazio del germoglio è infinitamente inferiore a quello del seme… vi è una sintesi equilibrata e perfetta che armonizza la multiformità dei soggetti viventi, senza renderli freddi e finti.
La palette di colori scelta denota il rifiuto per colori accesi e squillanti e sembra quasi sussurrare al piccolo lettore: “non aver paura, guarda, non c’è nulla che tu non possa comprendere”.
Un canto alla bellezza della vita piccola e invisibile da offrire ai bambini da subito.
Da Sul prato, sotto il prato di Maria Polita, in Scaffale Basso, 07.05.2018.