[di Alessandra Mastrangelo]
Se in casa non mi è mai stato possibile trovare una copia di Alice nel paese delle meraviglie - mia madre loriteneva un libro “troppo moderno” [sic!] - è facile immaginare quanto improbabile potesse essere per me, bambina, l’incontro con un libro Emme, sebbene io sia nata proprio nell’anno di avvio della casa editrice. Cosicché il primo libro Emme che ricordo di avere avuto per le mani non è per bambini. Erano i primi anni Ottanta e, ormai all’università, mi capitava di trascorrere diversi sabato pomeriggio al Libraccio, dove amavo starmene tra casse di libri usati da sistemare. Quel chi mi interessò, allora, de Il problema inventato di Marcello Bernardi (Emme, 1971), prima ancora dei contenuti, fu la frequenza con cui mi capitò di avere ache fare con lui e col suo “seguito”, La maleducazione sessuale (Emme, 1977).
Con tutta evidenzaerano stati dei best-sellers e ora, sfumata l’urgenza della necessità, in tanti se ne liberavano. Ma di che tipo di best seller doveva essersi trattato all’epoca? Anzi, di long seller, considerate le continue ristampe. Mi informai sull’autore: un pediatra tanto popolare –anche per Il nuovo bambino (Milanolibri, 1972) – quanto scomodo per le sue idee antiautoritarie, utopiche forse, certo rivoluzionarie perché libertarie. Per la sua considerazione dei bambini non come piccoli incapaci da ammansire e ammaestrare, ma come maestri cui gli adulti devono prestare attenzione, tempo, rispetto, autenticamente. «Pensare che il bambino debba essere educato e l’adulto no è addirittura ridicolo. Se si ammette, e non vedo come sia ragionevolmente possibile il negarlo, che l’educazione sia un’operazione dialettica di cui la persona è soggetto, e non oggetto, e che costituisca la spinta primaria a ogni momento evolutivo, non si comprende per quale motivo l’adulto possa farne e meno».
Forse non è stata una coincidenza il fatto che Il problema inventato sia stato il primo volume della gloriosa Il Puntoemme, collana di saggistica capace di affrontare con determinazione e coerenza, nel corso di una quindicina d’anni, argomenti di carattere pedagogico da punti di vista sempre critici e originali. Bernardi non è il solo, in quegli anni, a indicare i bambini come la parte di sé che l’adulto ha dimenticato e con cui deve riconciliarsi, mettendosi sullo stesso piano, con curiosità e lealtà. Insieme a lui Rodari, Lodi, Malaguzzi, il Movimento di Cooperazione educativa, l’amico di una vita Roberto Denti e tanti altri che hanno scelto di percorrere le loro strade dando la mano ai bambini, spesso lasciandosi guidare da loro. «Come si fa ad avere la possibilità di soddisfare i propri desideri, se non siriesce ad andare oltre i desideri suggeriti dagli altri? Per essere liberi di fare qualche cosa bisogna sapere che cosa fare e se non si ha della fantasia si può sapere soltanto quello che gli altri vogliono sia fatto». Bernardi era un medico, ma il suo sguardo non aveva l’arroganza di voler medicalizzare il mondo che invece amava affrontare con stupore e allo stesso tempo con disincanto. Mai per compartimenti stagni, tutto è degno di interesse e interrelato, niente può essere insegnato, se non con l’esempio diretto perché si impara facendo.
«Se dovessi dare retta alla mia esperienza potrei dire che il bambino generalmente diffida dell’adulto. Ciò che l’adulto gli propone (impone) non è sempre accolto con entusiasmo. Questo della scatola del dottore mi sembra un esempio abbastanza dimostrativo. Quando il bambino gioca al dottore vuole divertirsi col corpo umano, col suo, con quello dei compagni e delle compagne, col corpo vero, caldo, pieno di segrete seduzioni, di affascinanti divieti… non con uno stetoscopio e un martelletto per i riflessi o un laccio emostatico. Il bambino che gioca al dottore non vuole, penso, imparare a fare ildottore. Vuole trasgredire un tabù. Che si potrebbe supporre sia appunto il tabù del corpo umano come giocattolo.»
Nessuna regola preconfezionata può educare un bambino; nessuna scuola dà strumenti per riconoscere la natura che ci è propria ma soltanto costringe a calpestare solchi già tracciati da altri senza un perché comprensibile. «[…] all’atto pratico, è ben difficile trovare due persone che siano d’accordo su ciò che debba intendersi per educazione sessuale, su ciò che si dovrebbe fare, dire e insegnare. […] non si tratta di costruire un sistema teorico, filosofico, politico, o economico, piuttosto che un altro; si tratta di concedere ai nostri figli la possibilità di essere uomini felici, liberi, responsabili. Si tratta, tutto sommato, di non interferire nel loro divenire, di non condizionare il loro futuro, di non mettere in crisi, al limite, le loro ragioni di vita».
Molti anni dopo ho ritrovato l’intelligenza luminosa e caparbia di Bernardi negli scritti di altri educatori che hanno esplorato territori confinanti a quelli percorsi da Bernardi, con lo stesso entusiasmo e la stessa intolleranza per i luoghi comuni e le tante ipocrisie pseudoeducative che zavorrano le giornate di bambini e ragazzi: da Giuseppe Pontremoli in Elogio delle azioni spregevoli a Fabio Pusterla con Una goccia di splendore, a Franco Lorenzoni, I bambini pensano grande. Cronaca di una avventura pedagogica, ad esempio. Ma quando l’anno scorso mi sono imbattuta in Make Love. Un manuale di educazionesessuale, di Ann-Marlene Henning e Tina BremerOlszewski, (L’Ippocampo, 2013) mi è tornato in mente Bernardi e mi sono chiesta cosa ne avrebbe detto. Credo l’avrebbe tenuto nellasua libreria.
Alessandra Mastrangelo vive a Bergamo. Siccome non può stare senza almeno un libro sotto agli occhi, 25 anni fa ha pensato che occuparsi di biblioteche potesse esserle d'aiuto. Non si sbagliava, perché sta continuando a farlo. È un'accumulatrice seriale di carta sotto varieforme: libri, giornali, scatole, calendari, carte da pacco, carte di agrumi, cataloghi di quasi tutto, carte da gioco orfane. Quintali, poi, le immagini ritagliate: era il 1968 quando ha infierito per la primavolta su un Postal Market della nonna. Tra le cose che le piacciono: visitare un museo senza incontrare nessuno fino all'uscita, scoprire che c'è un giardino botanico dove non è ancora stata. Quanto al suo noto interesse per il cibo, c'è troppo poco spazio perscriverne. Dal nostrocatalogo, Alessandra Mastrangelo ha scelto in regalo C'era una volta una bambina di Giovanna Zoboli e Joanna Concejo.
Se siete bibliotecari, insegnanti, librai, promotori della lettura o appassionati di libri illustrati e desiderate partecipare alla rubrica I Martedì della Emme, presentando in un vostro post un libro di Emme Edizioni di Rosellina Archintoscriveteci qui, specificando di quale volume volete scrivere.
Vi ricordiamo che alla storia di Emme Edizioni e della sua fondatrice è dedicato il nostro La casa delle meraviglie. La Emme Edizioni di Rosellina Archinto, a cura di Loredana Farina. Sempre a questo tema è dedicata la mostra La Emme Edizioni di Rosellina Archinto. Vent’anni di successi in mostra (1966-1985), a cura di Loredana Farina, Alessandra Mastrangelo e ABCittà, con il patrocinio di Nati per Leggere e della sezione lombarda dell’Associazione Italiana Biblioteche. Tutte le informazioni sul percorso espositivo che la mostra propone, per tutti coloro chela volessero visitare o ospitare, le trovate qui.
Qui trovate tutte le puntate precedenti de I Martedì della Emme:
I Martedìdella Emme / 1: Un gioco per bibliotecari felici
I Martedì della Emme / 2: Federico, topo bambino
I Martedì della Emme / 3: Un’avventura invisibile
IMartedì della Emme / 4: Un colpo di fulmine
IMartedì della Emme / 5: Un albo molto rumoroso
IMartedì della Emme / 6: Elogio dell'immaginazione
IMartedì della Emme / 7: Il sapore di una rivoluzione
IMartedì della Emme / 8: Caro Stevie
IMartedì della Emme / 9: La storia che si ripete
IMartedì della Emme / 10: Dove c'era un prato
IMartedì della Emme / 11: La vita quotidiana è una storia ricchissima
I Martedì dellaEmme / 12: Tutto cambia
I Martedì della Emme / 13: Sull'esser gufo