[di Sara Donati]
Due anni fa ho iniziato a lavorare alla storia di un bambino che prova a parlare con un albero. Per capire in che modo raccontare questo dialogo ho preso l’abitudine di camminare per lungo tempo tra sentieri di campagna e boschi, proponendomi di non considerarli unicamente paesaggi da attraversare. Ho cominciato a domandarmi se la vegetazione si accorgesse del mio passaggio e in che modo avrei potuto relazionarmi con essa.
Come si parla con qualcuno di completamente diverso? Se gli esseri umani e i vegetali sono a prima vista totalmente differenti, cosa invece ci accomuna? In queste escursioni ho notato, nel camminare tra gli alberi invece che in una città, un cambiamento nella qualità dei pensieri.
Mi sono ricordata che nell’infanzia questo rapporto intimo con le piante era del tutto spontaneo e che attingere a quei ricordi mi aiutava a trovare soluzioni divergenti, a fare riemergere una connessione con tutto l’ambiente naturale che avrei voluto indagare più a fondo. Dalle osservazioni di quel periodo è nato un progetto che ho chiamato Erbario Umano: una ricerca personale sull’appartenenza dell’uomo alla natura e ai suoi cicli e una serie di incontri rivolti ad adulti e bambini che ne esplorassero il rapporto.
L’incontro con Marco Milzani, direttore della cooperativa il Cardo, ha messo in moto tutto il resto. Il Cardo si occupa principalmente di disabilità, ma è una fucina di attività collaterali, tra cui la rivista Zeus!: un meraviglioso bimestrale mutante che dà voce agli utenti senza prendersi troppo sul serio, trasformandosi continuamente in forma e contenuti. In questo blog Zeus! è già stato raccontato qui.
Il motivo del nostro incontro era la realizzazione di una copertina della rivista, ma Marco è una di quelle persone rare che sanno fare da volano alle idee altrui. Gli ho raccontato di Erbario Umano, che all’epoca era ancora in costruzione, e si è dimostrato disponibile a sperimentare questa esperienza all’interno della cooperativa, proponendomi di curare un numero della rivista che la raccontasse: Zeus! Erbario Umano.
Non avendo mai approcciato la disabilità, inizialmente mi sono chiesta se cambiare la struttura della proposta o se semplificarla.
Il confronto con gli operatori però mi ha fatto comprendere in tempo che avevo la fortuna di osservare il rapporto con la natura da un punto di vista nuovo, e anziché restringere il territorio di azione ho cercato di lasciare a me stessa e agli utenti uno spazio abbastanza grande per scoprire qualcosa.
Sono rimasta ancorata solo all’intenzione di essere ricettiva nell’ascolto dei partecipanti, non mentire, giocare davvero.
Ho incontrato Giovanni, Daria, Ivan, Debora, Guglielmo, Luca, Beppe, Maria, Alessandra, Moira, Danilo, Agnese, Monica, Giulia, Manuel, Gianfranco e i dubbi si sono sciolti nel fare insieme, come succede sempre in un gruppo di lavoro .
Ho sentito una grande affinità con alcuni, ma tutti hanno contribuito con una voce interessante e personale al progetto, a volte attraverso il segno, a volte semplicemente manifestando la propria presenza.
Insieme abbiamo raccolto, guardato, disegnato le piante.
Abbiamo sfogliato libri di botanica, inventato nuove specie, forme, texture.
Infine i partecipanti si sono disegnati come alberi, sono diventati alberi.
Parallelamente al lavoro espressivo è iniziato il confronto con la redazione sulla realizzazione della rivista. Un lavoro completamente differente, fatto di scelte, sintesi e rielaborazioni. Raccontare i momenti di workshop evitando di essere didascalici è stato un punto di partenza condiviso, la rivista avrebbe dovuto mantenere l’ironia di sempre, associata all’immagine primitiva e poetica che stava emergendo.
L’intento era quello di produrre un finto erbario, una Botanica Parallela ispirata a quella di Leo Lionni, in cui le caratteristiche delle piante si mischiassero a quelle delle persone rappresentate e fondendosi raccontassero il legame uomo-pianta, lasciando il limite tra invenzione e realtà molto sottile.
Prime prove.
Le immagini prodotte mi sono sembrate potenti e commoventi, per la capacità di cogliere caratteristiche naturali e mischiarle con il racconto di se stessi. Nel vederle ho scartato l’idea iniziale di inserire disegni miei e ho cercato un modo per farle diventare centrali, evidenziare il legame tra gli autori e il rappresentarsi come alberi. Ho aggiunto qualche mia impressione sugli autori rielaborando i disegni per creare possibili evoluzioni della pianta rappresentata.
Giovanni Gari è diventato una Garia Oculata.
Maria Manenti è diventata Maculata Manentis.
Giuseppe Malgarotti una Castanea Malgarottis.
Moira Pogna un Icerberga Moirante.
Prima e dopo questa carrellata di nuove specie, le voci degli utenti/redattori ci spiegano cosa è un albero, una radice, un fiore.
Ci raccontano di qualcosa che conosciamo come se non ne avessimo mai sentito parlare. Esplorano dettagli solo apparentemente scontati, di cui forse a volte ci dimentichiamo.
I Fiori sono quelle cose che crescono nei prati e nelle piante, hanno dei colori e delle forme: sono fatti come i cerchi ma anche no, infinite forme, tantissimi colori. Alle persone servono per addolcire il proprio animo: viene sempre voglia di annusarli. Tra le persone e i fiori c’è un rapporto bello e non banale. Chi ama i fiori è una persona intelligente, chi li disprezza, disprezza se stesso e vive nel bullismo.
(testo di Axel Gonfalini, Debora Facondo, Giovanni Gari, Daria Sacristani, Michela Ivanov)
Già dai primi incontri avevo espresso il desiderio di inserire una sorpresa in questo numero, qualcosa di inaspettato, come il materiale che i partecipanti stavano producendo. Grazie alla grande predisposizione al cambiamento e a lasciarsi trasportare dall’entusiasmo, la redazione è stata un terreno fertile per qualsiasi tipo di proposta. Non porci nessun limite nella fase progettuale ha permesso di realizzare soluzioni che pragmaticamente in principio sembravano difficili.
Abbiamo fantasticato parecchio su quale potesse essere la migliore: un fiore di carta, come quelli veri che una volta si infilavano negli erbari; una parte fustellata; il gioco di una pianta che si compone di pezzi realizzati da persone differenti, o un piccolo libretto che raccontasse una storia nella storia.
Tra tutte ha vinto l’ultima: raccontare la parte del lavoro svolta sulle sovrapposizioni e le trasparenze in un inserto speciale. Un piccolo libretto serigrafato su plastica che inserito al centro della rivista ne rappresentasse il cuore.
Con Sara Rendina (grafica di Zeus!) abbiamo prodotto alcuni prototipi prima di arrivare a un risultato che potesse essere letto da solo pur rimanendo parte del suo contenitore.
Il testo che lo accompagna è uno dei miei preferiti:
Mi piace li pino perché si chiama come il Pino: è grande, alto, moro. Lo trovo nei prati, nella pineta. Il pino assomiglia un po’ al Pino come è fatto: ha la camicia, la cravatta non ce l’ha. Il Pino non ha i rami e le radici, ha i fiori nell’orto, ha le margherite. Il Pino ha il cappello, il pino ha le foglie che quando cadono vanno a finire nei prati, volano e vanno nel lago. Non va più il Pino nel lago, la barca ce l’ha ancora, la tiene parcheggiata nella riva. Non ha più tempo: deve cucinare, deve lavare, deve andare al cimitero, deve fare le brioches, deve andare al mercato, deve andare a pulire l’orto. Qualche volta è impegnato anche l’albero, qualche volta cade e se cade si rompe; poi si carteggia per fare i lavoretti, tipo un porta cornice. Il Pino conosce il pino, è un pino della Val Palot, se si incontrano si dicono “Buongiorno”. (testo di Alessandra Laini)
Nonostante questo numero della rivista abbia lasciato più spazio alle immagini, i testi rimangono una parte fondamentale. Sono stati prodotti interamente e senza censura dagli utenti grazie al lavoro, svolto parallelamente al mio, di Jaime Minini e Riccardo Federici (caporedattore di Zeus!), continuando a esplorare il tema dell’erbario anche al di fuori dei momenti di atelier, raccogliendo e selezionando i dialoghi e gli scritti.
Alberi
Tronchi per fare tavoli, rami per fare sedie. “buongiorno Albero, dormi?”- “no, gli alberi son sempre svegli”. Balliamo il liscio:” albero, balli con me?” Amore mio, ti amo albero. (testo di Ivan Giannobi)
Proporre delle grafiche e averne di ritorno testi come questi, o al contrario doverli impaginare associandoli a delle immagini, è stato un dialogo mai scontato. La collaborazione tra diverse persone e modalità, che si sono continuamente sovrapposte le une alle altre, ha creato un linguaggio comune e mi ha insegnato molto sull’importanza di confrontarsi con abilità diverse.
Di questo lavoro porto con me molte cose. Osservare nei disegni prodotti, schemi ripetitivi o sintesi di strutture complesse, esattamente come avviene in natura, mi è sembrata la scoperta di un’ ironica traccia dell’accessibilità alla conoscenza, disponibile a tutti in maniere differenti.
Nella struttura di una foglia si ripete quella dell’albero; il piccolo è uguale al grande; senza acqua o per il troppo sole si appassisce: sono cose che possiamo intuire, studiare, ma forse anche sentire. La natura in questo senso diventa un genitore generoso per chiunque abbia voglia di prestarle attenzione, un ambiente ricco di occasioni ludiche o avventurose che nutrono e istruiscono, perché come mi ha detto un bambino durante un incontro: “..è viva da prima che nascessimo”.
Mi piace pensare che giocare a questo pensiero analogico tra uomo e natura possa essere una strada parallela a quella scientifica per comprendere chi siamo. Ognuno può coltivare il proprio modo di capire le cose del mondo e forse passa anche dallo specchiarsi in ciò che ci attira, ci respinge, ci somiglia, in natura e nelle persone che abbiamo attorno. A me è successo in questo lavoro.
Le persone che ho incontrato mi hanno permesso di inciampare in una serie di libertà: la libertà di avere fiducia, di pensare in grande, di non avere filtri, di essere se stessi. Specchiarmi in loro ha ampliato la mia visuale e ha migliorato questo progetto in molti modi.
Se volete fare una abbonamento alla rivista Zeus! , ricevere sorprese ogni bimestre e sostenere il lavoro della cooperativa potete ricevere informazioni a questo indirizzo.