Dopo Benvenuta! di Daniela Berti, uscito in occasione della Fiera di Bologna, aprile porta un'altra novità per i piccolissimi. È Da qui a lì, di Isabel Minhós Martins e Yara Kono che trovate in libreria da oggi.
[di Giovanna Zoboli]
Ogni gioco dell’oca che si rispetti offre ai giocatori una superficie in cui le tappe del percorso (a ostacoli) sono scandite lungo un serpentone dalle spire ordinate, dall’esterno verso il centro, punto d’arrivo. A guardare bene, questa somiglia anche alla forma di un altro gioco, il tirassegno: cerchi concentrici segnalano che l’obiettivo è anche il punto di avvio, quello da cui tutto inizia per dilatarsi verso l’esterno. Sono due giochi opposti, si potrebbe dire: quello dell’oca simula i piaceri del viaggio, del divagare, dell’incamminarsi all’avventura, in cui la sorte (a ogni tiro di dadi) detta l’imprevedibile; quello del bersaglio coincide con il piacere di fare centro, la precisione del gesto per conseguire l’obiettivo, senza sbavature e incertezze, in estrema sintesi (che poi è anche il gioco di impadronirsi di una tecnica dopo molto esercizio).
Non so se simili riflessioni abbiano accompagnato la scelta dell’immagine di copertina di Da qui a lì (in portoghese Daqui ali) di Isabel Minhós Martins e Yara Kono, ennesimo bellissimo libro di Planeta Tangerina, da oggi in traduzione italiana in tutte le librerie. Un’immagine perfetta per suggerire in un lampo, al lettore, cosa possa voler dire per un bambino piccolissimo l’avventura di camminare e di riuscire a farlo: da qui a lì, appunto. Non misura forse nemmeno un metro il tragitto più avventuroso del mondo, l’esperienza più elettrizzante e straordinaria. Può darsi che Yara Kono, nel costruire questa immagine non ci abbia pensato a bersagli e giochi dell’oca, ma certo nella forma della spirale, parte integrante della nostra esperienza e del nostro immaginario, sono impliciti i concetti di percorso e punto d’arrivo, conquista del centro e strada lungo cui avviarsi.
Da qui a lì descrive i primi passi di un piccolissimo essere che, in autonomia e dopo alcune inevitabili e limpide considerazioni di ordine pratico e filosofico, arriva alla conclusione che è giunto il momento di andare. A chiamarlo all’impresa sono gli oggetti nella stanza, presenze mute ma irresistibili per l’attraente mistura di forme e colori, perché fascinoso è tutto ciò che un bambino vede e vuole assaggiare, toccare, provare, odorare, sentire. Da qui a lì è, appunto, l’esperienza concretissima e profondissima che porta alla possibilità di farlo, la sua misura precisa: un titolo perfetto, parole esatte come esatta è la forma della spirale che lo accompagna.
Dunque, si va. La stanza, grande, che a un certo punto appare nel libro, ci dice che il bambino è piccolo e che c’è molto da fare per riuscire nell’impresa. Sorretto da mani gentili, pronte a intuire quando è il momento di lasciare la presa, il bambino parte. Nell’illustrazione il passo accompagnato dalla mano adulta, improvvisamente cambia. Da impossibile si fa possibile. È il momento in cui il piccolo, lasciata di propria iniziativa la mano adulta, si affida all’intelligenza del passo che da sé sembra avere una memoria fresca e antichissima del movimento dell’autonomia: ecco, vado, arrivo!
Da qui a lì che gran spedizione. Da qui a lì, una rivoluzione, dice il testo.
I libri belli sono fatti di pochissimo, come i momenti più importanti.