Di notte sulla strada di casa

di Giovanna Zoboli e Guido Scarabottolo, 2005
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Sedici tavole e sedici domande, per abitare la notte in modo sicuro, cercando storie nelle luci di una città insonne, che dal finestrino dell’auto sembra sognare se stessa.
Di notte sulla strada di casa accade se in vettura un bambino, sdraiato o sul fianco, seduto o accucciato, si affaccia sul mondo che gira e gli chiede perché?
Il libro scorre per tutta la sua durata su un doppio livello espressivo: uno interno e interiore; uno esterno ed esteriore. Lo evidenziano costantemente messe in primo piano, le sagome del cruscotto, dei sedili, dei finestrini: questo è l’interno. Si è dentro dal primo momento, quando, aprendo il libro, dalla copertina (dove l’auto coi suoi fari illumina il lettore) si accede all’interno della vettura senza sbattere portiere. Dentro, c’è un ambiente a noi noto: aria tiepida che fa stare senza cappotto; rumori attutiti; adulti taciturni che per la stanchezza hanno smesso di discutere, guidano, digeriscono, sonnecchiano; radio spenta perché il notiziario è già stato trasmesso; finestrini su tutti i lati. Lì dentro, sul vetro di questi schermi occasionali e perfetti, un bambino fissa ritratti di città, quadri di sole domande.
Il pensiero è protagonista. È lui che gira Di notte sulla strada di casa: come un regista, come un film. Si manifesta in forma interrogativa per sedici volte, scandendo il testo breve in altrettante domande. [...] Di notte sulla strada di casa è impossibile perdersi. Fari e insegne orientano. Non è dritta la via del ritorno e, se la segnaletica non mente, il rettilineo porta chissà dove. Dunque, si svolta. Chissà dove è una freccia in avanti, località futura e desiderabile poiché sconosciuta. L’ignoto non si teme. Per un bambino esploratore, alto quanto lo schienale di un sedile imbottito, anche la strada di casa, in fondo, è “chissà dove”, se essa dimostra di aver azzerato le consuetudini diurne e di essere oltre l’ordinario. Infinitamente piccolo e immensamente grande, si guardano e si parlano. Il cielo tocca la strada, la strada tocca il cielo. Per ciascuna domanda una stazione di conoscenza, un progetto di soluzione che si prospetta in divenire. Di notte sulla strada di casa si muove nel buio, facendo luce. [...] Sull’ultima tavola, lettore e protagonista si identificano: hanno in mano lo stesso libro – Di notte sulla strada di casa – e chiedono che qualcuno glielo legga: «Quando arriviamo mi leggi una storia?».

Da La traiettoria del pipistrello, di Giulia Mirandola, Catalogone 2007.