I sì sonostati solo 76. Alcuni di questi mi sono venuti spontanei; altri sonoil frutto di una discussione con gli altri membri della giuria (che,per la cronaca, erano Ellen Seip, Sophie Van der Linden, Carll Cneut eL'uboslav Pal'o).
E, ineffetti, la cosa che mi ha stupito di più è stata la necessità ditrovarsi discutere, analizzare, riguardare e rivalutare illustrazioniper aggiungere qualche illustratore in più, ai 60 che avevano convintotutti i membri della giuria. Mi sarei aspettato, invece, che accadesseil contrario: trovarsi con qualche decina di illustratori di tropporispetto alle possibilità di esposizione e dover procedere a un'ulteriorescrematura.
Fra qualche settimana, il risultatodel lavoro di selezione operato dalla giuria di cui ho fatto parte saràsotto gli occhi di tutti. E tutti potranno giudicare se il nostro èstato un buon lavoro, se questa mostra riuscirà a offrire nuovi stimoli,a ispirare il lavoro dei giovani, a mettere in luce qualcosa di nuovo. Seabbiamo saputo delineare un ritratto corretto di ciò che va passando nelmondo dell'illustrazione per l'infanzia.
Ma è difficiledimenticare tutti gli altri, pensando all'investimento personalee professionale che quasi tutti i candidati hanno riposto nellapropria partecipazione a quello che da anni è uno dei grandi eventidel settore. Dico “quasi” tutti perché non ho potuto non notarecome i lavori di alcuni illustratori (pochissimi, in verità, ma giàpubblicati e affermati) denunciassero chiaramente una totale mancanzadi elaborazione: ho pensato a una burla o, forse più verosimilmente,a un modo per ottenere l'agognato “pass” per la Fiera, concesso atutti i candidati. Ogni commento è superfluo.
I2760 no, non sono tutti uguali. E credo sia interessante spiegare lepiù comuni ragioni di tanti miei rifiuti. La prima e, purtroppo, lapiù diffusa, è la mancanza di competenze di base nel disegno. Sonomoltissimi i lavori che rivelano una tecnica insufficiente a faredell'illustrazione una professione. Non dovrebbe essere necessariosottolineare che, per fare l'illustratore, è necessario saperdisegnare. Solo sapendolo fare si può decidere di dimenticarseloe imparare a disegnare male.
La seconda èla mancanza di una ispirazione autonoma, originale. Come dice GuidoScarabottolo, in apparente contraddizione con quanto detto sopra:«Si disegna più con la testa che con le mani.» E la testa devepensare pensieri propri. È giustificato e naturale che i giovani(soprattutto i giovani) facciano riferimento all'immaginario deigrandi, contemporanei o del passato. Ma, per poter aspirare a faredell'illustrazione una professione, è necessario aver digerito bene lalezione di chi si sceglie come maestro. Questa influenza può lasciareuna traccia, un segnale, ma niente di più.
Questo ci porta auna terza ragione di esclusione che, a mio avviso, riguarda lescuole. Ho notato che spesso le scuole puntano molto alla propriaimmagine, a creare uno “stile della scuola”, più che asviluppare e liberare i talenti personali dei propri allievi. Maquesto prende poi la forma di lavori troppo uguali, carentidi originalità nello stile e nell'interpretazione. Questo è,a mio avviso, un peccato grave. Del quale però si macchiano gliinsegnanti, non gli allievi, che ne pagano le conseguenze.
Fra gli esclusi cisono poi decine di illustratori che possono a buon diritto definirsiprofessionisti ai quali ha arriso, o potrebbe arridere il successo, edi esordienti con eccellenti possibilità di pubblicazione. Fra questice ne sono alcuni che, facendo parte di correnti e stili riconosciuti,non mi sono sembrati sufficientemente rappresentativi di ciò che ilmondo dell'illustrazione ha da offrire. Altri sono semplicemente statisfortunati e, pur avendo presentato lavori ottimi si sono scontrati con laqualità degli altri lavori, il gusto personale dei giurati, e forse ancheun po' di sfortuna.
[Queste considerazioni sono miepersonali: non sono state condivise con gli altri membri della giuria enon ne rappresentano le opinioni. Le considerazioni finali della Giuria edei singoli giurati saranno pubblicate nel catalogo della Mostra.]