Oggi vi presentiamo la nostra ultima, e molto attesa, novità di primavera. È Naturalisti in cucina, di Federica Buglioni, che qui lo presenta, illustrato da Anna Resmini, nuova uscita della collana Piccoli naturalisti osservatori, detta PiNO, che ha incontrato grande interesse presso i lettori e di cui per i prossimi mesi sono in preparazione nuovi volumi.
[di Federica Buglioni]
Il cibo si presta a tanti sguardi diversi, ciascuno dei quali rivela contenuti che ne arricchiscono la comprensione e ne mettono in luce la bellezza. Particolarmente utile è lo sguardo del bambino naturalista, che in cucina, prima ancora di vedere gli ingredienti vegetali, vede frutti, foglie, steli, radici e semi: un vasto campionario botanico che nutre tanto la sua fame fisica quanto quella psichica e che diventa un ponte quotidiano con la natura, generando meraviglia e curiosità verso il mondo esterno.
Per me, abituata a giudicare il cibo in base all’aspetto, al sapore o al contenuto nutrizionale, non è facile togliermi il grembiule da cucina e guardare un’arancia come se fosse un frutto selvatico sconosciuto. I bambini ci riescono meglio ed è proprio guardando attraverso i loro occhi - nel corso dei laboratori di cucina e di educazione alimentare che conduco da oltre quindici anni per l’associazione Bambini in Cucina - che mi sono accorta che il cibo domestico possiede caratteristiche di grande interesse scientifico, capaci di sorprendere anche genitori e insegnanti.
L’arancia, per esempio, che vista da fuori è una palla o una sfera, tagliata a metà mostra subito di obbedire a due regole: la simmetria radiale e la simmetria bilaterale. Esistono altri frutti simmetrici? Ci sono analogie col nostro corpo? La semplice osservazione della simmetria nei vegetali in cucina può avviare molti percorsi di indagine, declinabili a seconda dell’età e degli interessi di ciascuno, spesso mescolando ambiti, come dimostra l’immagine seguente, realizzata da un’insegnante in un recente corso di formazione presso la Scuola del Fare di Castelfranco Veneto. Le foglie sono di salvia.
Al piacere dell’osservare - e successivamente del fare - Naturalisti in cucina dedica molto spazio. Una modalità di osservazione tipica delle scienze naturali è quella della collezione, che permette di confrontare i singoli elementi. Così facendo, i bambini riescono a isolarne meglio le caratteristiche e dunque a metterle in luce, ad amplificarle.
I semi si prestano bene a questa attività perché sono moltissimi. Se in un primo momento vengono in mente solo i cereali, i legumi e la frutta secca, ben presto i bambini riescono a trovarne altri: le spezie, i semi contenuti nella frutta, quelli che producono olio… Chi l’avrebbe detto che siamo soprattutto mangiatori di semi? Scegliere un criterio di classificazione (forma, dimensione, colore, origine geografica, utilizzo alimentare), riordinare, dare un nome e misurare sono tutte attività che impegnano le mani e la mente e allo stesso tempo liberano il cibo dall’ambito angusto della nutrizione dove troppo spesso è relegato.
Di fronte ai vegetali commestibili, il giovane naturalista non si accontenta di osservare, raccogliere e classificare. Il suo interesse prevalente è per la funzione, per lo scopo delle singole caratteristiche, per quell’intelligenza della natura che dà forma alla bellezza e che è connaturata in ogni forma di vita. Perché alcune foglie d’insalata sono verdi e altre rosse? Perché le foglie di menta crescono a croce, quelle di erba cipollina sembrano cannucce, quelle di ortica pungono? Da dove viene il profumo del rosmarino e del timo? Quel bruco bianco uscito dalla castagna, che insetto diventerà? Non sempre l’insegnante o il genitore sanno rispondere a ogni domanda ma questo non deve preoccupare. Al contrario, anche l’adulto è ingaggiato nella sfida: bisogna capire e sperimentare insieme, elaborare ipotesi, e questo riporta allo spirito più autentico di ciò che dovrebbe essere un laboratorio o comunque un’esplorazione condivisa.
Le esperienze e gli esperimenti che nutrono la curiosità dei naturalisti in cucina sono molte: il cibo domestico può essere collezionato, disegnato, fotografato, coltivato, toccato e documentato nelle sue trasformazioni. Quando germoglia, matura, secca, marcisce, fiorisce, fruttifica, attira insetti: tutte attività che permettono di vederlo come materia vivente, come risorsa e perfino come linguaggio, che ognuno può divertirsi a decodificare.
Nella progettazione del libro mi sono posta diversi obiettivi. Il più impegnativo è stato quello di garantire ai bambini il diritto alla complessità. Il cibo, infatti, è un materiale indiscutibilmente complesso. Non nel senso che è complicato ma nel senso che si compone di molte parti, di molti contenuti. Però essendo materiale concreto della vita quotidiana, è capace di attirare i bambini in modo spontaneo verso la molteplicità dei suoi linguaggi, stimolandoli a non accontentarsi di letture moralistiche (buono/cattivo, bello/brutto) o troppo semplici.
Sedotti anche noi (il libro è stato un bel lavoro di squadra!) dal fascino della complessità, abbiamo rinunciato a costruire un percorso di lettura lineare e abbiamo invece dato corpo a dieci sezioni indipendenti, a dieci possibili punti di osservazione naturalistica sul cibo, ciascuno corredato da proposte di attività da mettere subito in pratica. Ecco allora le pagine dedicate alle parti delle piante così come le si incontrano in cucina (foglie, radici, fiori, bucce), quelle che invece mettono in luce le relazioni tra le singole specie e gli ambienti naturali (il cibo selvatico, la domesticazione) e quelle pensate, un po’ provocatoriamente, per scardinare i luoghi comuni che ci portano a pensare che le piante e i funghi siano meno interessanti o intelligenti degli animali o - peggio ancora - che siano solo contenitori di sostanze da ingerire per mantenersi in salute.
Tempo fa, durante un viaggio in Scozia, mi accorsi che nel mondo anglosassone gli adulti manifestano senza riserbo il loro interesse per la natura, anche in città, magari portandosi dietro un binocolo per osservare ogni giorno il falco che nidifica in cima alla cattedrale o mettendosi a disegnare i fiori di un prato senza temere gli sguardi dei passanti. In Italia è spesso solo nell’infanzia che l’individuo esprime liberamente la propria attrazione verso il selvatico. Ho l’impressione però che qualcosa stia cambiando, forse anche grazie al crescente interesse verso la didattica all’aperto. Negli incontri di formazione per insegnanti e nei laboratori con genitori e bambini vedo negli adulti un crescente desiderio di riappropriarsi della capacità di leggere la natura, i suoi segni, le sue tracce, anche attraverso il contatto con il cibo domestico.
Lo sguardo del naturalista, dunque, diventa sempre di più uno sguardo desiderato e desiderabile, da condividere con i bambini, lasciandosi contagiare dalla loro paralizzante meraviglia di fronte alle ali trasparenti della mosca posata sul formaggio o al plotone di formiche in marcia verso la zuccheriera. Quello sguardo, oggi lo sappiamo, è carico di urgenza perché contribuisce a portare in primo piano il tema degli equilibri naturali che governano le nostre vite e dai quali dipendiamo.
Tutte le illustrazioni di questo post sono di Anna Resmini, tratte da Naturalisti in cucina.