Michele Longo non poteva mancare per un saluto alla scuola appena terminata, a raccontarci, come lo scorso anno, i bambini che, come uccelli, scappano da tutte le parti e le maestre, cotte di stanchezza, riflettono sul Malfatto didattico.
[di Michele Longo]
La prima volta, in classe
La sera prima dell’ultimo giorno di scuola ho avuto il riflesso di “Ce la faccio?” tipico della vigilia del primo giorno. Mai successo - che mi ricordi. Boh. È stato un anno strano, lungo, corto, torto, con un marzo che “è esistito pochissimo”, come ha detto Paul alla fine del periodo in DAD. Tornati in presenza, i bambini hanno inscenato uno stato di agitazione permanente. Noi maestre*, quando capitava di incontrarsi tra uno scaglione e l’altro, non facevamo che dirci: “Ma cos’hanno questi bambini che sono così agitati!”. Quando le maestre tolgono i punti interrogativi alle domande e ci mettono i punti esclamativi va a finire che non capiscono più niente. Io ho avuto bisogno di favorire un po’ di pazienza, di sagacia e di spinta maieutica offerta dalle persone della vita-fuori-dalla-scuola per rimettere a posto la punteggiatura e cominciare a sospettare che forse tutta quell’agitazione c’entrava, almeno un po’, con la scuola in pandemia. Forse un po’ della fatica dei bambini si può immaginare in negativo, guardando alla nostra. Che siamo state tutto il tempo contente e grate di essere a scuola, eh. Però che pesantezza, che bordone d’ansia, che fatica, che fastidi, che palle! Iniziare le giornate col termoscanner che diceva “Si prega di affrontare il monitor” con voce da termoscanner, i turni scanditi al minuto, le mascherine, i boccioni di gel sanificante, la checklist dei comportamenti sicuri del progetto di monitoraggio della “Società Mondiale di Comportamentismo Estremo”, il distanziamento impossibile da rispettare, ma almeno un po’, per favore, che quelli della classe vicina manca poco vederli legati ai banchi, poi la maestra ci guarda male, i bambini ci guardano mesti. Le volte che ho urlato: “La mascherinaaaaa!”, nell’ordine delle decine di milioni. Le volte che Giovanni si è abbassato la mascherina per urlare meglio qualunque cosa.
L’ultimo giorno Gabriele è arrivato con un sacchetto grande di patatine e una vaga aria di carboneria che sulle prime non ho capito bene. Poi è arrivato Samuel con due piccole borse tipo beauty, di cui mi ha mostrato il contenuto: tre ciotoline di popcorn chiuse con la pellicola, due mini-lattine di Fanta, un assortimento di Goleador. “Sarebbe la tua merenda?” “Certo maestro è la mia merenda!” e poi, abbassando la voce con la stessa espressione misteriosa di Gabriele: “Ho preso tutto di nascosto!”. È andata a finire che ho capito, e nell’intervallo breve abbiamo festeggiato con patatine e popcorn numerati e millilitri di Fanta nei bicchieri di Natale 2019. Inutile dire che scambiarsi del cibo era assolutamente proibito, quest’anno, le festicciole neanche parlarne. Per tutta la giornata, sulla frequenza maestra, sono andato avanti a pensare senza parole all’impresa di questi due tipi di dieci anni appena compiuti, che per salutare i compagni come si deve hanno perfino dato l’assalto al fortilizio materno del vettovagliamento. Poi, e prima, abbiamo finito di leggere Ronja di Astrid Lindgren (ma questo vorrei raccontarlo bene un’altra volta), e abbiamo fatto una variante dell’attività rituale dell’ultimo giorno, che consiste nel disegnare, scrivere o costruire rapidamente le cose trovate lungo il viaggio dell’anno scolastico: animali, oggetti, ricordi, mostri, libri. Mi sono accorto che mi ascoltavano, mentre davo le istruzioni del gioco. Non succedeva da così tanto tempo che ci ho preso gusto e l’ho tirata un po’ in lungo: “Ognuno di noi fa il viaggio in modo diverso: chi va in treno, chi in mongolfiera, chi in calesse… Per me l’anno scolastico è sempre stato un viaggio in nave, una grande nave” “Allora per te è una crociera per anziani!” salta su Giacomo. Mentre rido fino alle lacrime, mentre tutti ridiamo, sulla frequenza maestra penso che vorrei sulle nuove pagelle uno spazio per la valutazione dei tempi comici, se proprio ci toccano le pagelle, mentre sulla frequenza accessoria penso che lo spazio per motteggiare il maestro, purché con affetto e con arte, l’ho aperto semiconsapevolmente con l’autoironia, una cosa importante da imparare senza valutazione in pagella, e che Giacomo potrebbe avere dei guai, in prima secondaria, ma “que sera, sera”. Si mettono al lavoro. Girano tra i banchi, si prestano colle e forbici, si rubano idee, rivendicano la primazia più che la proprietà, scrivono, disegnano. Parlano a bassa voce. A bassa voce. Giovanni si alza di scatto facendo cadere la sedia di schianto, si abbassa la mascherina con un gesto assassino e urla: “Ragazzi è l’ultimo giorno della quarta! Per sempre! Capite, non ce ne sarà mai un altro!”. Accidenti. Astrid Lindgren. Buone vacanze, va!
La seconda volta, da qualche altra parte
Tra la fine della scuola con i bambini e l'inizio della grande Vacanza le maestre hanno una missione segreta: riprendere i sensi. Primo fra tutti il senso della realtà, per la quota che a ciascuna è concessa, nel perimetro del fiabesco. La maestra smart ha fatto le pagelle e gli scrutini, questa volta senza neanche chiedere il timbro Maestro Manzi, ma tenendosi scrupolosamente al quarto mistero della vita scolastica (ci volevano mica delle maiuscole qui?): "A metà giugno la pagella interessa ai bambini quanto la neve dell'anno scorso". Prima di dare un'occhiata ai tini dove ribollono già i sensi del Malfatto didattico e dell'inadempienza generalizzata, la sciagurata si concede non solo un weekend in Puglia, ma tre ore di aeroporto. Non è ansia da partenza, è il programma di rivitalizzazione culturale che prima - prima - la portava a far la coda per un'opera alla Scala. Alla maestra smart, comunque, i non luoghi piacciono. Li abita lussuosamente. Tra poco scoprirà di aver dimenticato a casa il costume da bagno, il laudano e la carta di credito, ma intanto può perdere tempo legalmente mentre decide se ascoltare le Sonate e Partite per violino solo di Bach nell' incisione di Milstein con gli auricolari bluetooth, sfogliare il l’e-reader o andare avanti a leggere quel libro, come si chiamava? L'altro giorno ha calcolato che potrebbe fare ancora tre cicli, prima di andare in pensione. Buona estate a noi, maestre!