[di Andrea Antinori]
La copertina di Gilgamesh Oltre i confini del mondo, di Annamaria Gozzi e Andrea Antinori (Topipittori, 2022).
Non mi avventurerò qui a scrivere della storia (reale) di Gilgamesh, d’altro canto Annamaria Gozzi lo ha già fatto molto meglio di quanto potrei fare io, sia nel libro che nel suo racconto del “dietro le quinte”.
Soprattutto, non potrei parlarne in quanto, prima di questo libro, non conoscevo l’epopea di Gilgamesh. Un tempo (come se avessi moltissimi anni) forse mi sarei vergognato di scrivere delle mie lacune, ma oggi riesco a farlo: non avere una conoscenza pregressa è stata la maggiore forza che ho potuto applicare a questo libro.
Non ho mai avuto un grande feeling con gli eroi mitologici, sempre che si possano definire così. Che poi uno non deve amarli tutti per apprezzarne uno, però diciamo che come genere non mi aveva mai attirato, prima di questo progetto. Quando mi è arrivata la mail di Giovanna in cui mi proponeva di illustrare questo libro, la prima risposta mentale è stata: “No, non è proprio il mio.”
Poi però ho pensato: “Per fare cosa, l’ennesimo libro di animali?” (nota per gli editori che leggono: tranquilli, mi piacciono ancora gli animali e mi piace ancora metterli nei libri!). È diventata, quindi, un’interessante sfida: l’occasione di conoscere una nuova storia - anche se si tratta della più vecchia di tutte - e, soprattutto, stringere un rapporto con un genere che ho sempre schivato. Ma dato che non sapevo niente, non avrei potuto competere con chi studia certi immaginari da sempre, prendendo quella via non avrei potuto apportare granché.
Cosa potevo dare io a questa storia? La risposta è stata: “Non essere assolutamente attendibile e fare molti errori legati all’epoca e al luogo in cui è ambientato il racconto!”
Gilgamesh percorre il suo lungo viaggio guidando un’automobile, poi un deltaplano e infine una bicicletta. In seguito ritorna a bordo di un Ape-car, su uno slittino e a cavallo di un bisonte. Il bisonte nelle bozze era una giraffa, ma durante questo libro ho avuto il mio momento western e questa è stata la motivazione di tale modifica (infatti Gilgamesh alle sue spalle ha guadagnato anche un indiano d’America).
Mi è piaciuto giocare per contrasto con la tensione che si cela tra le parole e nel tono di Annamaria. Ad esempio, nella storia il sole si rivela un grande pericolo: Gilgamesh deve correre all’interno di una profonda galleria scavata nella montagna, dove non si vede assolutamente niente, prima che lo raggiunga il sole e lo bruci. Come se prima non avesse già incontrato degli uomini-scorpione e attraversato mezzo mondo per raggiungerne il confine, definito da una linea tratteggiata.
Alla fine di tutto questo delirio, Gilgamesh esce dalla montagna e (nella mia versione) incontra il sole che, placido e tranquillo è lì che annaffia il suo orto. Nella versione originale ovviamente quel che guadagnò l’eroe fu giusto un po’ più gratificante: sarebbe dovuto sgusciare nel Giardino del Sole, dove la luce rosa avvolge gli alberi d’argento e da cui penetrano pietre smeraldine e grappoli lucenti. Insomma, tutta un’altra vista.
Mi sono molto divertito, e ringrazio qui Annamaria per il testo che mi ha dato questa grande possibilità. Vi lascio con la sfida di trovare la citazione di un’opera d’arte molto vicina al mondo di Gilgamesh.