Disegnare la natura (insieme ai bambini)

[di Monica Monachesi]

Oggi che tutto pare già conosciuto, tanto da essere ignorato, riscoprire la meraviglia davanti a un seme, a una foglia, a un bruco è una chiave di volta.

Condividiamo con gli altri esseri viventi il medesimo respiro, siamo immersi nella stessa vita che si sostiene sulle relazioni tra esseri diversi, tutti indispensabili. Allora disegniamo, per conoscerci.

Negli ultimi anni ho disegnato la natura con bambini dai sei agli undici anni, scrivendo progetti multidisciplinari svolti con l’apporto di insegnanti, esperti della divulgazione scientifica, bibliotecari, illustratori e autori. Disegnando e dipingendo abbiamo ricreato due oasi naturalistiche e volato su ali di farfalla, anche oltreoceano. È stato un grande lavoro, ricco di stupore e di cura.

Mentre comincio scrivere, inaspettatamente, vado indietro nel tempo. Mi appare un’immagine di me bambina che, dopo la scuola, molla la cartella e corre al tavolo di cucina per attaccare figurine sulle pagine di un album pieno di alberi, liane, sabbie desertiche. Con un delizioso visore di carta pieghevole osservo diapositive con le schede degli animali.

Da piccola passavo molto tempo sulle immagini dei libri. Anche le amate Fiabe sonore mi raccontavano la natura. Potevo fare amicizia con un coleottero, aguzzare lo sguardo come una chiocciola, assaporare una nocciola come un roditore. Entravo nei racconti stando attenta alle spine dei rovi, annusando rami di pesco in fiore, rimanevo abbagliata dallo sfavillio di mele d’oro. E condividevo punti di vista: le cince, la coccinella, la lumaca osservavano come me, increduli, la cattiva damigella de La piccola guardiana d’oche, e le formiche, gli anatroccoli, le api de La principessa incantata facevano ciò che io stessa avrei fatto per Gianni, il giovane gentile. Quanto volte ho guardato il manto e le grandi zampe dell’orso bruno infreddolito che Biancarosa e Rosella accolgono in casa e lasciano dormire davanti al focolare, spazzandogli il pelo dalla neve? Sarebbe piaciuto anche a me. E quanto ho invidiato Bertrando che attraversa il bosco a dorso di volpe, e la abbraccia, ascoltando le sue indicazioni per catturare L’uccello d’oro. Da queste pagine passavo a quelle del Modernissimo dizionario illustrato De Agostini (ce l’ho ancora adesso e porta la dedica di mio zio Vittorio che me lo regalò appena nata). Per me erano fonte infinita di curiosità: accanto ai testi c’erano piccole illustrazioni al tratto, ma il vero tesoro erano le tavole a colori fittissime di figure che non mi stancavo di osservare, cercando sulle legende i nomi di funghi, licheni, insetti. Copiavo alcune immagini e, disegnando, indagavo su cosa le forme viventi nascondessero dentro: ricordo l’immagine anatomica di un coniglio che ricopiai con tutti gli organi interni accuratamente disegnati e colorati. Ma soprattutto collezionavo francobolli. Sui più belli leggevo i nomi scientifici che mi appassionavano, come Chaetodon semilarvatus, il pesce giallo con un triangolo turchese accanto all’occhio. Le figure che preferivo erano illustrazioni naturalistiche, incisioni acquerellate o acquerelli, come il panda dipinto con poche macchie nere sul bianco che, durante un intervallo, rischiai di perdere in uno scambio azzardato con una mia compagna. Quando aprivo le pagine dei miei raccoglitori, ognuno di quei pezzettini dentellati di carta mi raccontava storie su lontani paesi del mondo.

Alcuni pomeriggi erano dedicati ai quadernoni a fogli bianchi che mio papà aveva preparato per me e Alberto, il mio compagno di scuola. Sfogliavamo libri in cerca di idee e poi impaginavamo a mano testi e figure. Il nostro libro parlava di squali, dugonghi, serpentari, attinie (Alberto ne aveva persino una nell’acquario).

Appena la temperatura lo permetteva, però, si andava al Valentino, il parco lungo il fiume Po (sono cresciuta a Torino). Mentre le mamme se ne stavano a chiacchierare o a fare l’uncinetto, noi attraversavamo il giardino roccioso, salutavamo l’albero misterioso, diverso da tutti, la maestosa Araucaria, poi, arrotolate le maniche e provvisti di contenitori di fortuna come la coppetta di gelato premeditatamente svuotata, ci distendevamo a pancia in giù, sul bordo del laghetto dei cigni (che non c’erano più). Allora cominciava la gara al ‘prendo il più grande’. C’eravamo noi, i girini, i bordi verdastri del laghetto su cui ondeggiavano senza sosta quelle virgolette nere acquatiche. Più grandi erano, più velocemente scomparivano sul fondo, e restavi con la ciotola vuota tra le mani. Un giorno mio fratello finì in acqua (che arrivava alla pancia). Erano avventure di bambini di città che si portavano i girini a casa per vederli crescere sul balcone.

Non ho ripensato consciamente a tutto questo, organizzando i miei progetti di disegno naturalistico per musei, biblioteche e scuole. Ma so per certo che la mia familiarità con la natura ha queste radici e che il protagonismo dei bambini è un punto di partenza imprescindibile, la base su cui poggiare le attività artistiche.

Lavoro con mio marito Giuseppe Braghiroli, illustratore e grafico, insieme siamo OfficinaFantastica. Ci piace incontrare i bambini e fare ricerca per parlare con loro.

Ogni volta ci poniamo interrogativi su come organizzare le attività. Come far sì che l’esperienza sia all’altezza della loro curiosità e immaginazione? Come ingaggiare la loro libertà esplorativa? Come gratificare il loro desiderio di riuscire a far bene?

La progettazione, insomma, è la fase più impegnativa del lavoro. L’attività con i bambini, poi, è la ricompensa. Così va sempre a finire che se incontriamo qualcosa di bello, pensiamo a un laboratorio.

Racconterò come ci è venuto il desiderio di ricreare intere oasi naturalistiche disegnate coi bambini.

 

Un desiderio che si avvera

Alcuni anni fa, al compleanno della Biblioteca di Traversetolo (PR), mentre dipingevamo en plein air coi bambini nella sua corte seicentesca, le bibliotecarie ci suggerirono di visitare l’area naturalistica lungo il torrente Enza, a pochi minuti di auto. Da allora tornammo più volte a Cronovilla che vuol dire ‘villa del tempo’ perché fu sede di una fabbrica di orologi con i meccanismi ad acqua prodotti dal 1876 al 1911 per quasi tutte le stazioni ferroviarie italiane e numerose sedi delle Poste Italiane. La sua storia come oasi comincia, invece, dal 1999, quando nelle cave di ghiaia abbandonate si crearono zone umide gradite agli uccelli migratori. I primi che vi si fermarono furono i trampolieri d’Italia. Oggi l’oasi è gestita dal Comune assieme al WWF. Ci sono numerosi capanni per avvistare le 190 specie di avifauna censite che abitano i boschi ripariali, gli specchi d’acqua, i canneti, gli arbusteti, le praterie.

Attrezzati di provviste e sketchbook ci siamo appostati molte volte nei capanni di osservazione, assieme a nostro figlio Davide (allora tredicenne, diventato birdwatcher e appassionato fotografo), con altri volontari WWF abbiamo ripulito gli isolotti dove gli uccelli nidificano, osservato la vita dell’oasi nelle varie stagioni, sperando di avvistare anche le creature più misteriose, come il Tarabuso (il Botaurus stellaris). Abbiamo udito il richiamo del Martin pescatore, e lo abbiamo visto sfrecciare come un lampo azzurro, tuffarsi e pescare a due metri da noi, immobili nella penombra del capanno. Tutti questi momenti emozionanti e la bellezza del paesaggio hanno alimentato in noi la speranza di riversare queste esperienze in un progetto didattico di interazione con la natura finché questo è capitato, grazie all’invito dell’Istituto Comprensivo di Traversetolo (PR) e del Comune.

Il progetto Oasi per chi ha sete di lettura e di natura

È nato così Oasi per chi ha sete di lettura e di natura, dedicato a Cronovilla e l’anno successivo siamo stati inviati a replicarlo a Sorbolo Mezzani (PR) per la Riserva Naturale Orientata Parma Morta (zona umida creatasi dove le acque del torrente Parma, deviate nel 1870 verso il Po, non scorrono più verso l’Enza). I progetti sono stati finanziati dal Comune; abbiamo sviluppato i percorsi con la scuola e la Biblioteca e per le uscite in ambiente e gli incontri in aula di tipo analitico scientifico è stata fondamentale la collaborazione con ESPERTA e WWF. Sono state coinvolte 16 classi a Traversetolo (nel 2020/21) e 10 a Sorbolo Mezzani (nel 2021/22). Le fasi del percorso didattico, svolte nell’arco di alcuni mesi, sono state: la visita all’oasi con gli esperti di educazione ambientale, l’incontro in aula per approfondire uno tra i diversi ambienti naturali, il laboratorio di lettura e pittura con me, Giuseppe e le bibliotecarie. A maggio la mostra, per tutti, con visite guidate per la scuola. A fine progetto le sale espositive adiacenti alle biblioteche si sono trasformate: le pareti erano scomparse e si camminava vicino allo specchio d’acqua, al canneto, lungo boschi ripariali ricreati in grandi composizioni collettive realizzate con le classi. 

I bambini amano conoscere la natura così com’è

Durante l’osservazione diretta della natura ogni bambino disponeva di un taccuino, un leporello di carta con la scritta OASI e un foro in copertina, per focalizzare dettagli e sensazioni: un utile strumento di attenzione e anche di appartenenza al progetto. “Abbiamo sentito il richiamo del Luì piccolo”, “La natura è silenziosa”, scrivevano.

In aula si riprendeva il filo, commentando reperti e slide fotografiche sulla LIM; si vedevano anche animali non avvistati all’oasi e si completava il taccuino. L’attività durava circa un’ora e mezza. Rapida e semplice: si copiavano figure naturalistiche, a matita.

Sul banco i bambini avevano a disposizione disegni al tratto preparati da noi. Sulla lavagna Giuseppe tracciava rospi smeraldini, nocciolini, cormorani: una magia elementare che incantava tutti, mentre l’educatore ambientale di ESPERTA procedeva con lo storytelling scientifico.



Ci ha colpito e incoraggiato vedere l’interesse dei bambini e il loro piacere nel raccontare. Arrivava puntualmente il momento in cui condividevano esperienze più o meno attendibili: “Nell’orto di mio nonno ho trovato…”, “Passeggiando con mia mamma mi è capitato di vedere…”, “Una volta ho preso con le mani un moscardino che dormiva nel suo nido di foglie, però poi l’ho rimesso lì, vicino alla nocciola”. Parlavamo di natura tra realtà e desiderio. I disegni erano meravigliosi e personali, pur partendo da un unico modello. Qualcuno li articolava illustrando ciò che voleva raccontare, per esempio la vita nella garzaia, con la mamma che nutre il piccolo.

La nostra esperienza ha evidenziato che i bambini amano conoscere la natura così com’è, ne hanno bisogno. Non servono sciocche caricature per interessarli. Le forme e i colori della realtà e i racconti sulla vita degli esseri viventi si sono rivelati insuperabile materiale di partenza per il nostro lavoro e anche fonte di intrattenimento e di invenzione personale.

Strategie per lavorare bene

Volevamo che tutti dipingessero e lavorassero con calma e in modo gratificante. Ma 25 bambini sono tanti. Il numero dei partecipanti (come lo spazio di lavoro) è un punto sensibile nelle attività di pittura.

Così abbiamo proposto alle bibliotecarie che quando metà classe fosse impegnata a disegnare, l’altra si istruisse sul tema con libri e giochi scelti ad hoc.

Prima di iniziare presentavamo il progetto all’intera classe: “questo laboratorio servirà a realizzare una grande oasi per raccontare a tutti le scoperte che abbiamo fatto insieme”. Ogni classe era specializzata in uno degli ambienti dell’oasi e non vedeva l’ora di dipingere. Eravamo pronti al passaggio ecologico da ‘il mio bel disegno a ‘il nostro bell’ambiente’.

Cominciare dalla fine

Abbiamo realizzato questo lavoro con 400 bambini. Per farlo, siamo partiti dalla fine: la mostra che avremmo allestito.

Primo passo: sopralluoghi e misurazioni nella sala espositiva per evitare imprevisti e scegliere soluzioni semplici ed economiche.

Secondo: calcolo dei formati e dei quantitativi di carta su cui dipingere (ogni bambino dipingeva un tassello dello sfondo e almeno un animale, poi ritagliato; io e Giuseppe abbiamo assemblato tutto, coi nomi sul retro).

Terzo: testi esplicativi e progetto grafico dettagliato dell’esposizione e del percorso didattico, con libri e fotografie di documentazione.

Le visite all’oasi sono state fondamentali. Vedere i bambini disegnare ci ha fatto capire che saremmo riusciti nei nostri intenti.

L’allestimento del laboratorio come irrinunciabile aspetto della didattica

Lo spazio, ampio e con grandi tavoli, è stato allestito con molti materiali visivi per un’immersione nella biodiversità: su pannelli di due metri, stampate a colori, c’erano le immagini del nostro Anello magico, una serie di carte di riconoscimento delle specie, preparate ad hoc. Poi c’erano fotografie, reperti naturali, fogliame realizzato a ritaglio, texture esemplificative di cortecce, piumaggi etc., ogni elemento come spunto di soluzioni grafiche e compositive.

  

Da ‘il mio bel disegno a ‘il nostro bell’ambiente’

Accogliendo ogni classe presentavamo il bozzetto della composizione (in scala o a dimensione naturale). I bambini guardavano le foto, parlavano degli animali, poi dipingevano. La bellezza degli animali e delle piante ci ha circondato in ogni momento, richiamando le esperienze in natura e sostenendo tutti i racconti che ci scambiavamo.

Ma dove corre la folaga? Per dipingere anche l’ambiente abbiamo creato gruppi di sei bambini. Col mio gruppetto mi dedicavo ai fondali. Con pennelli e colori lavoravamo ai riflessi dello specchio d’acqua e agli steli del canneto. A collage abbiamo creato rami, intrecciato nidi, ritagliato foglie di biancospini, rose canine, prugnoli. A matita abbiamo aggiunto pesci. Un’officina della natura che germogliava sotto i nostri occhi. Un libro tra tutti ci ha ispirato sin dalla copertina: Il mondo della palude di Fulco Pratesi.

I perché della natura

Per disegnare gli animali abbiamo preparato delle silhouette in proporzione. Giuseppe mostrava come riportarle a matita sul foglio e aggiungere dettagli osservando le foto. Poi si dipingeva. Tutti seguivano il pennello scivolare sulla carta, ascoltando le indicazioni: “Cominciamo dai colori più chiari. Poi facciamo col nero la testa del Migliarino di palude, e i puntini sul piumaggio marrone, ma solo quando è ben asciutto. Anche la basetta del Basettino si fa quando il grigio della testa è asciutto, intanto disegna bene le zampette che stringono lo stelo”. Il cormorano dava gran soddisfazione: a ogni pennellata una penna che si asciuga al sole. I puntini gialli della Emys orbicularis, la testuggine palustre, erano un’impresa, ma nessuno si tirava indietro: è una specie in pericolo. Dipingendo con le tempere e disegnando a matita, comprendevamo i perché della natura.

  

Questo articolo è uscito sul numero 6, del semestrale 48, del febbraio 2024, da noi pubblicato in esclusiva per le Case dei Topi, rete di librerie fiduciarie creata nel 2021. La rivista si occupa del mondo della cultura rivolta ai ragazzi, ragazze, bambini e bambine, e di chi ne è parte, istituzioni, enti, associazioni, persone. Disegnare la natura è un ciclo di articoli dedicato al tema della rappresentazione del mondo naturale. Questo è il quarto articolo, i precedenti, tutti pubblicati anche su questo blog, sono di Kitty Chrowter, Joanna Concejo. Gioia Marchegiani. Li trovate qui e qui.