[di Barbara Scotti]
La comparsa sugli scaffali del supermercato di oggetti di plastica dai colori sgargianti mi informa inequivocabilmente che fra poco è Natale. Per molti è il momento dell'anno, forse l'unico, in cui pensare a cosa donare ad un bambino.
Osservando i giochi esposti, mi sono fatta le solite domande: cosa dobbiamo regalare ai bambini? Solo ciò che loro desiderano, suggestionati dalla pubblicità e da quello che vedono sugli scaffali dei supermercati o giochi che li stimolino e siano di aiuto nella crescita? C'è qualcuno in grado di darci delle risposte?
Max Mi di Simona Balmelli per Italiantoy.
Nei primi quarnat'anni del Novecento, nella letteratura evolutiva sono stati pubblicati 142 articoli sul gioco, mentre tra il 1940 e il 1980 il numero di pubblicazioni è salito a 576, con un picco nel 1970 ... Invece, dalla fine degli anni Ottanta … il tema del ruolo del gioco nello sviluppo sembra essere passato in secondo piano: … oggi faticheremmo a trovare 50 articoli dagli anni Novanta al 2000. (E. Baumgartner, Infanzia e gioco in Il gioco in Occidente, Armando editore 2007).
Non è solo una mia impressione, dunque: di gioco si parla poco ed è difficile orientarsi.
Ho visto persone, anche con disponibilità economica e un buon grado di istruzione, acquistare oggetti poveri (ma non per questo economici), realizzati con materiali scadenti, banali e stereotipati.
Ho iniziato a interessarmi al gioco e ai giocattoli quando, nel 2010, ho aperto una libreria dedicata all'infanzia. Ho potuto osservare, frequentando i bambini e le loro famiglie, che il gioco non è inteso come atto libero e creativo, ma è percepito come un momento di intrattenimento al quale, qualche volta, viene dato un valore formativo. È spesso legato al possesso di oggetti, che di frequente sono da ammirare, ma che immediatamente stancano. Si tende a soddisfare un bisogno momentaneo del bambino suscitato dalla pubblicità o dall'imitazione.
Max Mi di Simona Balmelli per Italiantoy.
Si può parlare di giocattoli che prescrivono percorsi precisi, al di fuori dei quali il gioco non regge, e di quelli che invece lasciano alla fantasia del bambino un enorme repertorio di possibilità: in sostanza tra giocattoli che intrattengono e giocattoli che fanno giocare.
I giocattoli che intrattengono hanno vita breve, giocano da soli e si aspettano semplicemente che il bambino faccia da spettatore al loro sollazzo. Ce ne sono per tutte le età: dalla trombetta che canta e che suona spingendo un pulsante anziché soffiandoci dentro, alle infinite versioni dello stesso pupazzo peloso pieno di microchip, che ride quando si solletica la sua immagine sullo schermo del tablet, dopo aver scaricato la app corrispondente. A chi va il divertimento? A chi progetta, forse. Non certo a chi ci deve giocare. O almeno, non a lungo. La loro missione è incuriosire, farsi desiderare e acquistare. Di più non riescono a fare. (A. Valtieri, Il coniglio di velluto, Giunti editore, pag. 110).
Max Mi di Simona Balmelli per Italiantoy.
Inoltre, come spiega bene Francesca Romana Grasso in un articolo dal titolo Quando manca la tranquillità, i bambini si proteggono giocando, «sono molti anche i bambini ricchi a cui il gioco è sottratto: il “gioco libero” intendo, quello giocato solo per gioco e non quello condotto da adulti “esperti” perché possano ”imparare cose” e “socializzare”; questa società strabica e contraddittoria contrasta il gioco inventato con poco … o con nulla, con altri bambini - e vende “esperienze didattiche”».
Ho avuto la fortuna, nella mia vita da libraia, di incontrare persone interessanti e fra queste, Simona Balmelli. Ci siamo conosciute alcuni anni fa al corso Progettare libri tenuto da Paolo Canton alla Scuola superiore d'arte applicata del Castello Sforzesco.
Simona è un'esperta di giocattoli, o almeno io credo che lo sia, anche se lei non lo dice mai. Se non mi credete potete leggere qui o qui ma anche in tanti altri articoli in cui descrive le attività che propone ai bambini nell'ambito della sua attività di atelierista secondo il Metodo Bruno Munari®.
Uber Acca di Simona Balmelli per Italiantoy.
Il suo studio è una vera miniera di giochi e spesso mi sono rivolta a lei per consigli, indicazioni o per un confronto.
Simona ha realizzato alcuni giochi per Italiantoy, realtà riminese che produce giochi artigianali che permettono ai bambini di creare liberamente e di sperimentare, ed è interessante vedere come, nella progettazione, utilizzi lo stesso approccio che applica quando propone giochi o attività ai bambini: attivare un pensiero critico, mostrare modi di lavorare, esempi da osservare, possibilità di sperimentare utensili e materiali diversi, esaminare variabili. Solo così, attraverso la conoscenza, è possibile sviluppare la propria creatività. Creatività intesa non come libero sfogo dell'istinto ma come studio, ragionamento, conoscenza, esperienza, sintesi.
Creatività non vuol dire improvvisazione senza metodo: in questo modo si fa solo della confusione e si illudono i giovani a sentirsi artisti liberi e indipendenti.
La serie di operazioni del metodo progettuale è fatta di valori oggettivi che diventano strumenti operativi nelle mani di artisti creativi....
Purtroppo un modo di progettare molto diffuso nelle nostre scuole è quello di incitare gli allievi a trovare idee nuove, come se dovessimo inventare tutto daccapo ogni giorno. (B. Munari, Da cosa nasce cosa, editori Laterza).
Simona Balmelli fa sua questa regola e la applica nella progettazione di Uber Acca e Max Mi.
Uber Acca, ispirato alla figura del grafico Max Uber, riprende il suo uso delle forme geometriche, dei colori e delle loro sovrapposizioni dando vita a un gioco di composizione attraverso carte trasparenti: «si scoprono le regole, si imparano i colori primari e secondari, si gioca con le forme, con i positivi e negativi e gli elementi di base della progettazione visiva.» (S. Balmelli nell'articolo in cui spiega il gioco).
Uber Acca di Simona Balmelli per Italiantoy.
Max Mi (da Max Miedinger, il designer che ha progettato il carattere Helvetica) esplora i modi attraverso i quali è possibile rappresentare una lettera a partire dal carattere Helvetica. Avere a disposizione quasi 300 carte trasparenti con cui scrivere, imparare le lettere dell'alfabeto e comporre liberamente realizzando facce, animali e oggetti diventa subito un gioco.
Si tratta di giochi che, in un mercato in cui dettano legge la pubblicità e la moda, i grandi numeri, il possesso e l'ostentazione, si concentrano sul bambino, su ciò che apprende attraverso il gioco e su un modo di farlo libero, anche se in un percorso già tracciato dall'adulto che lo ha scelto.
Vi lascio alle vostre riflessioni per i prossimi acquisti natalizi con una frase ironica di Bruno Munari contenuta nel libro Nella nebbia di Milano, edito da Corraini:
BEVETE MANGIATE SPENDETE CONSUMATE CONSUMATE CONSUMATE DI PIÙ
Uber Acca di Simona Balmelli per Italiantoy.