La terza intervista del ciclo dedicato alle Case dei Topi, condotto da Beatrice Bosio, è a Valentina Lapierre di La Pazienza Arti e Libri, di Ferrara. Trovate qui la prima intervista a Spazio Libri La Cornice, di Cantù, e qui la seconda, alla libreria La tana del Bianconiglio di Maerne di Martellago, in provincia Venezia.
[di Beatrice Bosio]
1. Come prima cosa, ti chiederei di presentarci brevemente la vostra libreria.
La nostra libreria, aperta nell’ottobre del 2017, si chiama La Pazienza Arti e Libri e si trova nel centro storico di Ferrara, in una via secondaria. La ditta è individuale: la titolare sono io, affiancata da mio marito Roberto, che trascorre le sue giornate in negozio studiando o lavorando a piccole collaborazioni con editori specializzati in pubblicazioni d’arte o scolastica, e sostituendomi quando sono impegnata. Prendiamo insieme gran parte delle scelte che riguardano la libreria.
All’inizio ci dedicavamo all’usato, con sguardo particolarmente attento alle arti, e di nuovo proponevamo solo albi illustrati e poca narrativa e saggistica di qualche piccolo editore in merito a giardini, viaggi, natura, design… Durante il Covid abbiamo deciso di puntare tutto sul nuovo, potenziando la nostra offerta nelle varie sezioni e recuperando testi in lingua su temi non ancora molto affrontati in italiano. Da gennaio 2018 proponiamo corsi di acquerello, che tengo io stessa, e da un paio di anni vendiamo una discreta quantità di materiali e strumenti per questa tecnica.
Da poco, dopo la lunga interruzione dovuta all’emergenza sanitaria, abbiamo ripreso anche con le presentazioni di libri, gli incontri e le mostre in libreria.
2. Come hai scritto in un articolo pubblicato qualche anno fa sul nostro blog, il nome della libreria è un omaggio a un’allegoria ideata da Giorgio Vasari e adottata da Ercole II d’Este, duca di Ferrara, come suo emblema. Puoi spiegarci un po’ meglio di cosa si tratta e il perché di questa scelta?
La Pazienza è un emblema, una figura allegorica raffigurante una giovane che, incatenata a una roccia, attende che il cadere di una goccia d’acqua spezzi l’anello che la tiene imprigionata e la liberi. Di Pazienza nella vita ne occorre tanta e nella mia in particolare, prima dell’apertura della libreria, era stata messa a dura prova dal lavoro in qualità di dipendente.
Forse col negozio mi sono forgiata da sola una nuova catena, ma sono convinta sia valsa la pena provare a mettermi in gioco, non avendo altre alternative. Forse un giorno La Pazienza finirà, ma dalla libreria sono nate molte cose e molte ancora ne nasceranno.
3. Nome e offerta della libreria suggeriscono un forte interesse per le arti da parte tua e di Roberto, ma in realtà si tratta di una vera e propria formazione. Siete entrambi storici dell’arte con precedenti esperienze in ambiti quali il restauro di dipinti, l’antiquariato, la valorizzazione del patrimonio artistico di collezioni private; in più condividete una grande passione per la pittura ferrarese antica. L'apertura della libreria è stata la tua risposta all'abbandono “forzato” di una professione più strettamente artistica. Volendo rimanere a Ferrara, vi siete reinventati affidandovi ai libri. Come mai proprio i libri? E in che modo riuscite a far dialogare questi ultimi con la vostra vocazione e ampia conoscenza nel campo delle arti (che è poi ciò che più contraddistingue La Pazienza)?
Avevo appena perso il lavoro, quindi non volevo più scendere a compromessi con un certo tipo di contesto professionale. Dato che Roberto e io siamo da sempre grandi accumulatori di libri per studio e per diletto, abbiamo pensato di trasformare questa passione in un lavoro che ci permettesse di mettere in campo le nostre competenze e i nostri interessi e ci desse il tempo di continuare a coltivare i nostri studi più prettamente artistici. Parallelamente alla gestione della libreria, infatti, siamo entrambi impegnati nella stesura di saggi e di schede per mostre e non smettiamo di ammonticchiare nelle nostre cartelle di lavoro spunti di ricerca da ampliare. A tal proposito, uscirà a breve una nostra pubblicazione, nata da un contributo per degli atti che è lievitato a dismisura, tanto da diventare un libro a sé.
Il dialogo con le arti, però, resta sottotraccia, non emerge in maniera dirompente, si cela nelle scelte dei libri e nelle mostre che allestiamo in libreria. Forse dovremmo proporre più incontri su temi legati alla nostra formazione, ma temiamo sempre che possano trovare poco riscontro in città. In questo senso, è stato provvidenziale per me potermi occupare dei testi del nuovo volume pubblicato da Topipittori nella collana PiPPo, ovvero Nei giardini segreti. Una passeggiata botanica fra le opere della Galleria Borghese, illustrato da Gioia Marchegiani: ho avuto l’opportunità di declinare ciò che amo studiare in uno strumento didattico, unendo così l’utile al dilettevole.
4. Rispetto al rapporto col territorio, cosa vi lega a Ferrara e come hanno accolto gli abitanti della città l'apertura di La Pazienza, una libreria ibrida e non settoriale? A distanza di anni, quali sono i vantaggi e gli svantaggi del gestire una libreria indipendente in una piccola realtà di provincia come la vostra?
Il legame con Ferrara nasce dai casi della vita. Pur essendo nata a Milano e avendo vissuto un paio di anni in Liguria, nel 1978, dopo la morte di mio padre, mi sono trasferita con mia madre appena fuori Ferrara, dove viveva mia nonna. Doveva essere una soluzione solo temporanea, ma non fu così. Studiare la pittura della città in cui si vive è decisamente più pratico dal punto di vista documentario (anche se ormai da anni siamo orfani dell’archivio di stato), quindi mi sono dedicata alla pittura ferrarese e a Ferrara sono rimasta. Nel 2014 mi ha raggiunto Roberto da Milano. Andiamo controcorrente o forse semplicemente non sappiamo andarcene. Le persone care non ci sono più, ma resta l’affezione per i luoghi. E gli aspetti personali inevitabilmente si riverberano sul lavoro.
Da quando l’abbiamo aperta, la libreria è cresciuta molto: non posso non sorridere ripensando “all’elegante vuoto” che la caratterizzava i primi tempi. La gente ci guardava come fossimo matti: i loro “Siete coraggiosi!” a noi suonavano tutt’altro. All’inizio tanti non capivano bene cosa fossimo, ora che hanno imparato a conoscerci, invece, lo sanno. È una grande soddisfazione per noi il fatto che i nostri clienti considerino La Pazienza un posto dove potersi ricaricare di energie positive e di bellezza. È una sensazione che solo i luoghi dotati di una propria personalità riescono a infondere.
Nonostante il buon riscontro e il supporto da parte dei nostri clienti, ci preoccupa molto l’infelice tessuto economico della nostra città, con un centro storico sempre più segnato da chiusure a tappeto di attività. Come in molte altre città di provincia, la situazione è drammaticamente peggiorata dopo il Covid, quando molte persone hanno smesso di lavorare in centro. Cerchiamo di adattarci proponendo tante nuove attività, ma è dura, specialmente in estate, quando, dopo un periodo intenso come quello natalizio, il lavoro cala esponenzialmente, ma continuano a gravare le spese. Purtroppo non beneficiamo molto neanche del turismo, perché molte realtà museali presentano ottimi bookshop.
5. Avete sempre accusato questo andamento stagionale o si è acuito di recente?
Probabilmente all’inizio avevamo un’offerta troppo minimale per percepirlo. Crescendo, però, crescono gli impegni e le battute d’arresto preoccupano maggiormente. La guerra in Ucraina, poi, ha aggravato ulteriormente le cose: a causa degli aumenti dei costi sono diminuiti gli acquisti e le nostre vendite ne hanno risentito. Per non parlare dei servizi di vendita online gestiti da grossi distributori.
6. Come descriveresti la vostra clientela e che tipo di rapporto cercate di instaurare con ciascun cliente?
I nostri generalmente sono clienti che amano sfogliare i libri di persona, scovare titoli inaspettati e incontrare gli altri, noi librai, ma anche chi frequenta la libreria. La Pazienza vuol essere un posto di relazioni sociali. In questo senso, i corsi di acquerello, gli incontri e le inaugurazioni sono momenti sempre molto cercati.
I libri che vendiamo non sono rivolti a un cliente nello specifico, perché non vogliamo disattendere le aspettative di nessuno. Piuttosto, ci impegniamo a dare alla nostra proposta un taglio coerente, qualcuno direbbe “di nicchia”. Crediamo che fare scelte commerciali alla lunga non paghi, per noi è molto più importante rendere un servizio. Per molte delle persone che vivono o lavorano in zona siamo una seconda casa.
7. Per quanto riguarda l’offerta della vostra libreria, ci hai raccontato che dal Covid avete smesso di trattare l’usato e il fuori catalogo, a favore esclusivamente del nuovo: come mai? E da questo cambio di rotta, come vi orientate nella scelta di titoli da assortire? Qual è il taglio coerente che cercate di dare?
Il nuovo è più semplice da procurare rispetto all’usato, che spesso richiede l’investimento immediato di cifre anche molto onerose (penso, per esempio, al caso in cui si acquistano intere biblioteche da privati che intendono disfarsene). Poi l’usato si vende molto meglio in rete, dove è più facile andare incontro a specifiche richieste in tempi brevi.
Trattare il nuovo ci dà comunque la possibilità di selezionare all’interno dei cataloghi degli editori titoli non più recenti, così alle più interessanti novità in uscita affianchiamo sempre libri usciti nel passato che consideriamo ancora molto attuali. Questo vale per tutte le nostre sezioni, non solo la saggistica. Quando scopriamo un editore, andiamo subito a vedere cos’ha di datato, ma ancora disponibile.
Per quanto riguarda il taglio coerente, come ti dicevo abbiamo individuato dei filoni che ci impegniamo a tenere sempre aggiornati, anche quelli i cui libri vendono meno, come la storia del libro e la didattica.
8. Gli albi illustrati hanno caratterizzato fin da subito la vostra proposta: cosa vi affascina tanto di questa tipologia di libri? E per quanto riguarda la vostra recente attenzione ai testi in lingua, quali temi sono poco affrontati nel panorama editoriale italiano?
La mia sensibilità nei confronti degli albi illustrati è dovuta a diverse ragioni. La prima è che dipingo ad acquerello e gli albi sono strumenti davvero utili per imparare a comunicare di più quando si dipinge e non limitarsi a un’accurata riproduzione del reale, come mi è stato insegnato durante gli anni di formazione. Decisivo, poi, è stato il biglietto per la fiera di Bologna regalatomi da Paolo Canton nel lontano 2006: mi si è aperto davanti quel mondo che, anni prima, avevo iniziato a conoscere tramite la mostra di Sarmede. Ma soprattutto gli albi rappresentano per me la più interessante e affascinante forma di declinazione dell’arte contemporanea, forse perché protagonista è il tema delle immagini e io, da storica dell’arte, non posso che esserne attratta.
In merito ai testi in lingua, ultimamente abbiamo aggiunto diversi titoli alle sezioni del Giardino e dell’Illustrazione. Il problema più grosso, però, è la povertà della manualistica in italiano per le attività creative (disegno, tecniche pittoriche, rilegatura, calligrafia, … quelle che in inglese si definiscono Arts & Crafts). A questo si aggiunge l’aggravante che i pochi titoli interessanti tradotti sono curati da persone che non praticano la tecnica trattata e quindi si leggono spesso corbellerie. Proponendo io stessa corsi creativi, cerco testi a cui poter fare riferimento e che approfondiscano il tema. Per fare un esempio, manca completamente un buon manuale di acquerello in italiano! Lo stesso vale per la legatoria, qualcosa sulla cartotecnica esiste, ma la serie è quasi esaurita.
9. Quali libri avete venduto di più dall’apertura della libreria a oggi e cosa dicono di voi?
Uno dei più venduti è sicuramente In un seme. Manuale per piccoli collezionisti di meraviglie, di Beti Piotto e Gioia Marchegiani, edito da Topipittori. Nella nostra libreria ha riscosso grande successo non solo tra gli affezionati della collana divulgativa PiNO a cui appartiene, ma anche tra chi adora l’acquerello e partecipa ai miei corsi. Gioia Marchegiani è molto amata dai nostri clienti: è venuta diverse volte in libreria e sono state sempre esperienze molto coinvolgenti.
Il secondo libro, pubblicato da L’Ippocampo, è Ricordi di Parigi. Botteghe e atelier di una volta di Marin Montagut: un raffinato racconto per immagini di una Parigi in cui esistono ancora piccole realtà, spesso storiche, che sarebbe riduttivo chiamare negozi. Sono luoghi pittoreschi legati al mondo vegetale, alle belle arti e all’inconsueto. Abbiamo provato a usare questo libro come guida turistica e siamo rimasti davvero soddisfatti: ha risposto bene alla nostra idea di ricerca, che estendiamo anche allo spazio.
Infine, molto venduti sono i volumi della collana “Piccola filosofia di viaggio” di Ediciclo Editore. Sono libri di un centinaio di pagine in formato cartolina, dal costo ridotto e adatti a brevi spostamenti. Ben scritti e con titoli sempre accattivanti (L’arte di perdere tempo; La vocazione di perdersi; La voce delle case abbandonate; Il talento delle utilitarie; La fabbrica della nebbia…), possono aiutare a riprendere l’abitudine alla lettura. Per noi sono un buon mezzo per seminare voglia di riflettere.
10. Pensando all’intero catalogo di Topipittori, di cui La Pazienza dispone in quanto Casa dei Topi, quali titoli sceglieresti come particolarmente significativi per te?
Sono molto affezionata a Il signor nessuno di Joanna Concejo, di cui vidi le tavole originali per la prima volta a Sarmede. Rimasi letteralmente folgorata da quel suo stile unico, fatto di grande sapienza tecnica e velato di melanconia. È un albo da sfogliare e risfogliare per rimanere sempre sorpresi.
Poi amo molto Gli uccelli di Germano Zullo e Albertine, col suo messaggio così profondo e incisivo: essere guida e saper lasciare andare via, a prescindere dai legami. Lo consiglio sempre ai neo-genitori con un figlio in arrivo.
E, considerata la mia grande passione per gli acquerelli, non posso non menzionare anche Due Ali, di Cristina Bellemo e Mariachiara Di Giorgio, e Poesie della notte, del giorno, di ogni cosa intorno, di Silvia Vecchini e Marina Marcolin. Di Giorgio e Marcolin sanno usare magistralmente gli acquerelli e a chi partecipa ai miei corsi mostro spesso i lavori di entrambe come esempi delle innumerevoli modalità in cui poter declinare la tecnica.
11. Due capitoli caratterizzanti il vostro negozio sono gli acquerelli, di cui appunto proponi corsi e, da un paio di anni, vendi anche materiali, e le carte, quelle nepalesi e giapponesi decorate a mano e le autoproduzioni realizzate da te o da altre piccole realtà. Ti va di approfondire?
Per quanto riguarda gli acquerelli, ho iniziato a usarli nel 1999, mentre collaboravo con un laboratorio di restauro di dipinti: non avendo alle spalle studi artistici, ma solo una buona predisposizione naturale, dovevo fare pratica. Nonostante poi abbia abbandonato l’ambito lavorativo del restauro e abbia aperto una libreria, volendo mettere in campo tutto ciò che avevo imparato, mi è venuta l’idea di organizzare dei corsi di acquerello, che hanno avuto subito un buon riscontro. I corsi continuano, sebbene col tempo abbia drasticamente cambiato il mio modo di dipingere e quindi di insegnare. Mi sono resa conto che chi insegna una tecnica deve riuscire a stimolare lo stile che è latente in ciascun allievo. Gli albi in libreria sono un’ottima fonte a cui attingere, così come la creatività degli altri partecipanti è un utile riferimento per confrontarsi. I corsi sono un’autentica fucina sociale e dopo averli frequentati molti rimangono a lungo affezionati a La Pazienza. A volte capita che i corsi siano regali che le persone fanno a se stesse in momenti delicati della vita per concentrarsi su di sé o esaudire un proprio desiderio. In questi casi devo prestare molta attenzione anche a livello umano. Insomma, insegnare acquerello è molto più impegnativo di quanto si pensi e io cerco di non dimenticarlo mai.
Dai corsi è conseguita la decisione di vendere strumenti per questa tecnica: è fondamentale, infatti, guidare le persone, specialmente se alle prime armi, anche nella scelta dei materiali. Spesso si presentano alle lezioni con materiali scadenti, pensando di risparmiare. Io li aiuto a spendere al meglio cifre non eccessive: a questo serve un negoziante competente. Chiaramente ho una selezione di prodotti rivolti anche a chi conosce già la tecnica e cerca colori, pennelli e carta di ottima qualità. In poche parole, offro ai clienti ciò che io stessa vorrei.
Le carte nepalesi e giapponesi sono una vera meraviglia dell’artigianato a cui non so resistere e che adoro trasformare in taccuini e album. Confesso che mi piacerebbe avere più tempo da dedicare alla lavorazione di questo materiale, dotato secondo me di un immenso potenziale. Basta pensare ai diversi e sorprendenti impieghi che ne riescono a fare alcuni miei clienti.
Come avrete capito, mi piace vendere libri e prodotti che sollecitino la creatività altrui.
13. Cosa puoi dirci della collaborazione con altre librerie? Ritieni sia importante per voi?
Personalmente, più che di collaborazione, parlerei di confronto. Ci sono altre librerie, come Spazio B**K a Milano o Spazio Libri La Cornice a Cantù, che per me sono un importante riferimento. Di Spazio B**K condividiamo la natura ibrida e il modo di accostare tra loro cose anche molto diverse, ma siamo consapevoli di non avere lo stesso pubblico. In comune con Spazio Libri La Cornice abbiamo un territorio più ridotto, sebbene il contesto economico di Cantù sia parecchio più vivace di quello di Ferrara e quindi in grado di rispondere meglio alle sollecitazioni della libreria. Mi serve guardare all’attività di altre librerie, quindi superare i confini della mia città ed esplorare contesti diversi, per prendere ossigeno e al tempo stesso fare un po’ di autocritica.
Collaborare è difficile, sebbene una rete aiuterebbe, perché gli impegni quotidiani sono talmente tanti da lasciare poche energie da investire su questo fronte. Recentemente, però, abbiamo organizzato una presentazione insieme alla libreria delle donne di Padova, e quest’estate abbiamo portato una costola della libreria a Monteferrante, in Abruzzo, in occasione di un corso di Gioia Marchegiani su come dipingere i paesaggi ad acquerello. Gli organizzatori sono stati ospitali e tutto il paesino ci ha accolto con grande entusiasmo. È stato molto stimolante per noi portare altrove la libreria.
14. C’è qualcosa dell’essere libraia che adori particolarmente e qualcosa che invece proprio non sopporti?
Odio la contabilità e in particolar modo le fatture elettroniche, che non sono affatto semplici e immediate come vogliono farci credere.
Adoro poter conoscere in anteprima le uscite dei miei editori preferiti e potermi permettere l’acquisto di più libri grazie allo sconto. Pensa che a casa siamo ormai a quota 6500 libri, ma mio marito sostiene ancora di non avere tutto ciò di cui avremmo bisogno!
15. Infine, un’ultima richiesta: per quale ragione consiglieresti a chiunque di passare da La Pazienza Arti e Libri?
Perché visitare una realtà ibrida e non omologata come la nostra è un’esperienza sempre arricchente e carica di spunti. In più, in questo momento storico in cui i contatti di persona sembrano essere sempre più rari, la libreria può rivelarsi un luogo di connessioni e relazioni che varrebbe la pena scoprire e coltivare, da ambo le parti.