Vi abbiamo presentato, il 21 ottobre, Tic Tic, una delle nostre novità autunnali, ttraverso le parole di Nicola Cinquetti che lo ha scritto. Oggi lo facciamo attraverso quelle di Juliana Salcedo Barrero che lo ha illustrato.
È difficile scrivere a distanza di tempo del processo che ha fatto nascere un libro, in particolar modo se è stato un piacere e non si si sono incontrate particolari difficoltà. Ho illustrato Tic Tic grazie a una copertina che avevo disegnato per la rivista ¡La leche!. Giovanna la vide a Bologna, le piacque e mi propose di illustrare il testo di Nicola Cinquetti con la stessa tecnica, che consiste nel sovrapporre tinte piatte per creare altri colori, come in serigrafia. Abbiamo deciso che avrei iniziato con le prime cinque doppie pagine, per capire come avremmo sviluppato la storia. Era l’estate dell’anno scorso.
Una delle illustrazioni di Tic Tic.
Mi rendo conto dei problemi che ho dovuto affrontare nel momento in cui riguardo i primi schizzi. All’inizio, dopo aver letto il testo, mi figurai tre personaggi principali: Bobo, il passero e la madre. Cominciai da lì. Feci i primi disegni. Poi mi accorsi che, in realtà, i personaggi erano quattro. La casa in cui si svolge la storia era anch’essa un personaggio, e non solo uno sfondo. Doveva avere un peso nella storia e doveva esserci una coerenza spaziale tra un’immagine e l’altra. Forse avrei dovuto iniziare dalla disposizione della casa. Feci delle piantine.
Decisi che la casa sarebbe stata un appartamento, ispirandomi alla mia vita. Vivo in un appartamento che si affaccia su un albero enorme, dove potrebbe posarsi il passero di Tic Tic. Un balcone dà proprio sull’albero. Aveva senso ambientare lì la prima parte della storia. Nel testo di Nicola la madre è vicino, ma non vede cosa succede con l’uccellino: è concentrata in altre faccende. Così, di fianco al balcone, misi la cucina dove lei sarebbe stata occupata a far da mangiare a Bobo. Non era difficile mettermi nei panni di una mamma. Mia figlia aveva l’età di Bobo, quando iniziai il libro. Di nuovo, quel balcone poteva essere il mio.
Contemporaneamente cominciai a sviluppare i personaggi. Conoscevo a memoria i movimenti di un bambino piccolo. Li vedevo tutti i giorni. Li avevo disegnati per creare altre storie e mi servii di quei modelli. Usai anche i giocattoli di mia figlia: quello che stringe Bobo all’inizio del libro è il suo coniglio preferito. Ci mangiava, ci dormiva, lo cullava. Lo portava dappertutto. Anche per la madre mi affidai a ciò che conoscevo: alla fine assomiglia a mia mamma da giovane. Per l’uccellino… beh, di tanto in tanto, ci fanno visita delle gazze, ma non sono proprio degli uccelli teneri e di sicuro non li lascerei mangiare dalla mia mano. Per cui in questo caso uscii dal mio contesto per cercare un uccello al quale Bobo desiderasse avvicinarsi.
Schizzi preparatori.
Disegno finale.
A pensarci bene, questi quattro personaggi sono nati abbastanza facilmente. La difficoltà è emersa al momento di sviluppare la prima sequenza. La storia si svolge in casa, è semplice, domestica, non ci sono bruschi cambiamenti di scena per cui i passaggi da una all’altra corrono il rischio di diventare monotoni. Oppure può succedere che il cambiamento del personaggio sia così sottile da passare inosservato. La cosa difficile per me è stata esprimere graficamente la relazione tra Bobo e l’uccellino. Come gli ruba il pezzo di pane? Dove si posa per farlo? La difficoltà era anche mostrare il cambiamento di Bobo nel momento in cui affronta la sua paura. In buona misura, i giocattoli sono stati il veicolo per risolvere entrambi i problemi. Il passero si posa sul cavalluccio a dondolo, che si muove quando vola via. Bobo abbandona il coniglio per terra quando il suo interesse si sposta verso il passero e la giraffa riesce a reggersi in piedi quando Bobo non ha più paura.
Una volta finite le illustrazioni, ci siamo resi conto che l’insieme risultava un po’ piatto. Dovevano accadere altre cose dentro la storia. Giovanna mi propose di introdurre un nuovo personaggio: la cavalletta. Che bella idea! Poteva essere nascosta, in agguato o in movimento. E il lettore, se lo vuole, potrà divertirsi a scovarla in ogni pagina. Aggiungemmo anche un quarto colore. I tre che avevo usato per la copertina di ¡La leche! erano belli ma mancava luce. Finalmente Tic Tic era pronto.
Ora aspetto con ansia il momento di averlo tra le mie mani, con il suo odore fresco di stampa.