La nostra sesta novità di questa primavera è Farfalle di Lucia Tumiati, con illustrazioni di Francesca Zoboli. Un racconto che è stato ispirato all'autrice da un precedente racconto, scritto molti anni prima dal padre, lo psichiatra Corrado Tumiati. Una storia visionaria e commovente sulla bellezza e la fragilità, sulla giustizia e l'arroganza del potere, sulla violenza e la forza della speranza. Lucia Tumiati è una grande scrittrice, elegante ma anche spinosa, affascinante ma anche severa. Ci piace per questo: perché ha un'identità e una scrittura che difficilmente oggi trovano analoghi nel nostro settore. Di lei abbiamo già pubblicato Una stella nel buio, che racconta di un ragazzino misterioso, segnato da un destino più grande di lui, accompagnata dalle illustrazioni di Joanna Concejo, libro che consideriamo fra i nostri più belli. Le illustrazioni di Francesca Zoboli per Farfalle schiudono, a sorpresa, fra le pagine, grandi ali colorate, mostrando la profonda analogia fra il potere delle parole e la bellezza delle protagoniste, ma di queste e del lavoro di cartotecnica necessario per realizzarle, racconterà a breve la stessa Francesca Zoboli, su questo blog. In questo post Lucia Tumiati spiega come è nato questo racconto, chi era suo padre, che ruolo ha avuto nella sua vita, di cosa tratta Farfalle e perché un giorno ha deciso di riprendere questa storia per proporla ai ragazzi, oggi. La ringraziamo per questa testimonianza.
[di Lucia Tumiati]
È difficile per una figlia parlare del proprio genitore per timidezza, per sensi di inferiorità, per dolore. Tanti difficili sentimenti legati a una vita complessa, oramai lontana nel tempo, ma non nel ricordo, nei vari problemi superati e nell' indiscussa ammirazione culturale. Comunque ci provo.
Mio padre - Corrado Tumiati era nato a Ferrara e la famiglia Tumiati ha avuto vari personaggi importanti. Il babbo era medico psichiatra, primario nel manicomio di San Servolo di Venezia. Nel lontano 1931 organizzò per la prima volta in Italia uno sciopero per protestare contro le regole ospedaliere e il trattamento dei malati (vedi poi Basaglia, Tobino ecc.). Ma il babbo non era iscritto al fascio e il prefetto tanto fece che il babbo decise di lasciare l'ospedale e la professione medica. Scrisse un libro sul manicomio, I tetti rossi, che vinse il Viareggio, credo, del 1932. L'amico Pancrazi lo convinse a seguitare a scrivere, la mia famiglia si trasferì da Venezia a Firenze e il babbo da allora ha scritto tanti libri, tradotto tanti autori (francesi e inglesi), ha fondato con Calamandrei la rivista politico letteraria Il Ponte. È morto nel 1967.
Il lavoro, l'impegno, l'ambiente di poeti, letterati, artisti, politici di casa mia mi hanno formato, politicamente e letterariamente .
Fin da piccola il babbo mi incoraggiò a scrivere, a raccontare, e da adulta ho scritto molti libri, soprattutto per bambini, ma non solo. Il mio primo libro è stato Terra d'oggi, segnalato al Viareggio opera prima, e da me dedicato anche a mio padre, che a quella Terra amata aveva a sua volta dedicato tanti scritti.
Sono passati tanti anni. Ho scritto vari libri e vinto anche tanti altri premi (Orvieto, Salvemini. Olzai, Bitritto, Giunti), anche quando il babbo non c'era più. Il racconto Farfalle che oggi ho scelto per ricordare mio padre l'ho tratto dal suo libro Il pavone della casa blu e altre storie impossibili (SEI). L'edizione che ho io è del 1950, e non so se in precedenza il babbo avesse già pubblicato il racconto (per es. sul giornalino di Laura Orvieto), ma non ne ho notizie precise.
I racconti suddetti non sono per ragazzi, sono spesso con una amarezza di fondo e un linguaggio molto ricercato (tipici di mio padre) che non li renderebbero adatti ai giovanissimi. Ma io volevo fare qualcosa per ricordare mio padre, per il quale - come ho detto- avevo molta ammirazione, ma anche vari dissapori familiari, poi superati. Che fare?
Per caso, un giorno, rileggendo i suoi racconti, mi è venuta l'idea di semplificare la storia de Le farfalle, quasi un gioco fra me e il babbo, lui adulto e importante, io più modesta, ma attenta ai bambini e divertita dall'idea di giocare con mio padre.
E perché proprio quel racconto? Perché non sempre nel nostro Paese si amano e si difendono le cose giuste e le cose belle, soprattutto se non rendono quattrini. Anzi. Un illustre politico contemporaneo sciaguratamente ha sostenuto che la cultura non sfama la gente.
Sono cresciuta - come ho già detto- in una famiglia di cultura antifascista e questo ha segnato tutte le mie scelte di vita e letterarie. Sono stata staffetta partigiana, detesto la cultura di un politico che dice cose simili (vedi il “culturame” di antica data). Le farfalle del babbo mi sono sembrate una risposta valida ai disvalori - oggi come ieri - di certi ambienti. Mio padre poteva ancora aiutarmi a dire, a fare qualcosa di diverso, controcorrente, come in tutti i miei libri passati. Dal Saltafrontiera a Una stella nel buio, passando per Zingari o Una casa in fondo al mare. Divertire, far ridere o sognare anche dicendo però sentimenti, impegni difficili, scelte fondamentali per essere liberi, e non solo. Un fiore, una musica, un libro, una farfalla possono aiutare gli adulti, ma anche i bambini di oggi. Grazie, babbo.