Facile come bere un bicchiere d'acqua

Dal 23 maggio al 12 giugno 2025 la Biblioteca SMS BIBLIO di Pisa ospita la mostra Occhi a spasso, che presenta quaranta fotografie e quaranta oggetti di Massimiliano Tappari. Oltre alla mostra è in programma un dialogo tra l’autore e Matteo Pelliti, una caccia fotografica intitolata Sai fare un safari? e la lezione-spettacolo Stupore a km zero. In occasione dell’inaugurazione vi proponiamo un testo di presentazione scritto da Massimiliano Tappari.

L'evento è ideato e organizzato dall'associazione La torta in cielo, in collaborazione con Biblioteca SMS BIBLIO di Pisa, la libreria per ragazzi Gli anni in tasca, l'Associazione Viva Voce, cinema Lanteri, circolo Arci Alberone, realizzato nell'ambito del Patto per la lettura, con il patrocinio del Comune di Pisa e il contributo del Consiglio Regionale di Regione Toscana.

 

[di Massimilano Tappari]

Una volta un signore un po' supponente mi ha detto che secondo lui fare fotografie è facile come bere un bicchiere d'acqua. Sono rimasto  colpito da questa immagine a tal punto da non avere niente da ridire. Mi piacciono i bicchieri. Giorgio Caproni diceva che incontrare una poesia dove non si nota nemmeno l'ombra di un bicchiere lo rendeva sempre sospettoso. Non riusciva a farsela piacere, non poteva usarla. I bicchieri, e le poesie, sono fatti per essere usati. I bicchieri sono l'oggetto più prensile che si conosca, modellato su un pugno. Reggere un calice durante una festa è un gesto rassicurante. Non si è mai veramente soli, avendo un bicchiere in mano. Mi piace anche fotografare i bicchieri, soprattutto quando sono colpiti dal sole e creano riflessi sul tavolo che assomigliano ad apparizioni. Ci puoi vedere madonne e sirene. Potrei stare ore ad ammirarle. È questo che io intendo quando si dice "perdersi in un bicchiere d'acqua". I bicchieri sono piccole lampade. Ma spesso è vero pure il contrario: certe lampade sono grossi bicchieri.

Anche le ombre che fanno i bicchieri sono belle. Ti aspetteresti che tutta quella trasparenza non trasparisse e invece no, ecco la sagoma proiettata sul tavolo. Si chiamano ombre portate, ma quelle che fanno i bicchieri sono ombre versate. Mi appassionano tutti i modi di dire che hanno a che vedere con i bicchieri. Ogni volta che mi versano il vino, mi chiedo se si tratti di un bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Nel dubbio lo svuoto. E se mi offrono il bicchiere della staffa, mi sorprendo al pensiero che continuiamo a chiamarlo così anche se l'unico cavallo che oggi siamo in grado di cavalcare è quello dei pantaloni.

E quando i miei figli di notte mi imploravano di portargli un  bicchiere d'acqua, rispondevo che avevo a disposizione solo bicchieri di vetro, perché quelli d'acqua non esistono. Nel loro dormiveglia li sentivo mandarmi a quel paese.

Ci penso ancora a quello che mi aveva detto quel signore. Anche se era un po' supponente penso avesse proprio ragione: fotografare è facile come bere un bicchiere d'acqua. Bere un whisky è già più difficile che scattare una foto. Ma in cosa consiste questa facilità? Provo a spiegarlo con questo piccolo brano che si intitola Facile come bere un bicchiere d'acqua. Spero che il signore lo legga, così forse comprenderà quanto può essere complessa la facilità.

Individuare il proprio bicchiere d'acqua sulla tavola, distendere l'avanbraccio, aprire e richiudere la mano sul bicchiere, articolare le ventidue ossa della mano in modo da stringere il bicchiere a metà altezza dello stesso, sollevare il bicchiere avendo cura di mantenerlo orizzontale, alzarlo con cura fino all'altezza del mento, avvicinare il bordo alla bocca, inserirlo per un centimetro tra le labbra, inclinarlo delicatamente di circa 45 gradi, piegare la testa verso la nuca, ingerire l'acqua avendo cura di dirigerla verso la laringe e poi l'esofago, ripetere il versamento a piacere, premurandosi di non riempire esageratamente la bocca di liquido, evitare di ascoltare storielle troppo divertenti durante questa operazione, emettere verso di approvazione (opzionale), riporre il bicchiere sulla tavola.