Fra illustratori: Alessandra Vitelli racconta la mostra di Alessandro Gottardo a Napoli

[di AlessandraVitelli]

Napoli è in fermento.
Per la Coppa America, lungomare senzaauto: finalmente si respira.
In questa atmosfera da grandeevento, si susseguono una serie di belle iniziative, a cui noi napoletaninon siamo del tutto abituati.
Venerdì, 30 marzo, si èinaugurata la personale di Alessandro Gottardo in arte Shout, al Pan, il palazzo delle arti di Napoli.
Conoscevo e apprezzavo già le opere di Alessandro, notoillustratore italiano pluripremiato soprattutto all’estero, cheha recentemente esordito come illustratore di libri per ragazzi conC’era una voce, su testo diAlessandra Berardi.
Arrivata al Pan, conosco Alessandroe Francesca Di Transo dell’associazione culturale Hde, che haorganizzato l’evento.
Nella mia città, fino a qualche annofa, se ti chiedevano «Che lavoro fai?», e tu candidamente rispondevi:«Faccio l’illustratore!» avevi di risposta facce allibite eimbarazzate che palesemente non avevano la minima idea di cosa tu stessiparlando, i più intuitivi e audaci, ti rispondevano: «Ah, ho capito faii fumetti! Ti occupi di grafica, quindi!»
Chiacchierandocon Alessandro, però, ho scoperto che anche a lui, a Milano, èaccaduta la stessa cosa e mi sono sentita meno isolata di quello checredevo (mal comune, mezzo gaudio!)

Perfortuna, oggi c’è anche chi comprende cosa faccia realmente unillustratore per mestiere, e per questo dobbiamo ringraziare realtàcome l’associazione Hde, che a Napoli opera organizzando eventi dirilievo nel campo dell’illustrazione.

Inoccasione dell’America’s Cup, Napoli ha chiesto a Shout direalizzare tre tavole inedite che raccontino l’evento e la città chelo ospita. E Shout ha risposto a questo invito con la delicatezza e lapoesia della sintesi che lo contraddistinguono da sempre: tre serigrafiesu Napoli davvero raffinate e suggestive.
Oltre a queste,la mostra è composta anche da 48 stampe digitali firmate e numeratedei lavori più significativi dell’artista. Il lavoro di Alessandro èsemplicemente sublime, scarno ed essenziale, ma mai povero, anzi semprepronto a svelare una nuova suggestione.


Il minimalismo concettuale di Shout mi affascina tantissimo,ammiro molto la sua capacità di realizzare un’immagine cosìdensa con così pochi elementi.
Le figure, per lo piùviste da lontano, con pochi particolari, piccole sul foglio chenon raccontano con l’espressione del viso, non ti svelano maitroppo, portano lo spettatore a una lettura fatta di suggestionie suggerimenti da elaborare.


La maggior parte dei lavori esposti sono commissioni di quotidiani,riviste, agenzie pubblicitarie, studi di design e case editrici,solo pochi sono lavori senza un committente e tra questi spiccasicuramente l’opera “Shout” da cui è nato, poi, il suonome d’arte.
Nonostante si tratti per lo più diillustrazioni commissionate, si ha l’impressione di essere auna mostra di opere nate dalla ricerca dell’artista: nientesembra essere frutto del compromesso a cui spesso devi scenderenel dialogo con il committente.


A questo proposito, ho chiesto ad Alessandrocome si vive il rapporto con la committenza. Lui mi ha rivelatoche non sempre è contento del risultato finale, ma quellodell’illustratore è pur sempre un lavoro per conto terzi, e nonsempre le esigenze del cliente corrispondono a quello che l’autorevorrebbe fare.
È stato davvero un bel pomeriggio,c’erano molti illustratori campani, tra cui quelli dell’Aperitivattivo, i miei allievidell’Accademia di Belle Arti di Napoli, che hanno monopolizzatoShout subissandolo di domande.

Momenticome questo, di coesione, incontro e confronto tra persone chelavorano in campo culturale, artistico e non, sono fondamentaliper chi come me sta troppo spesso seduta a un tavolo da disegno aparlare con i suoi gatti. Una boccata d’ossigeno, assolutamentenecessaria.

[Le foto a corredo dell'articolosono © Claudio Morelli]