È stato suScacciapensieri che ho scoperto Gerald McBoingBoing: un cartone animato degli anni Cinquanta, realizzatodalla UPA da un soggetto di Theodore Gieser, alias Doctor Seuss. Eranole avventure, raccontate in rima seussiana e disegnate con un bel trattotondo e solido e un uso parco ma efficace del colore a tinta piatta,di Gerald McCloy: un bambino che, invece di parlare emetteva i suonipiù sorprendenti, fra i quali risaltava il caratteristico “boingboing” che gli dava il nome. Ecco come sono andate le cose.
L’identificazionefu immediata. Anche se con meno drammaticità, anche a me sembravadi parlare una lingua che gli altri non capivano. Le conseguenzeerano più o meno le stesse: la costernazione dei genitori, che sitrasformava progressivamente nella convinzione che la diversitàfosse una malattia. Mi auguravo che anche per me, come per Gerald,venisse il tempo della riscossa: ma ero quasi convinto che, anche seavessi avuto lo stesso successo di Gerald, anche i miei genitori,pur orgogliosi, avrebbero continuato a considerarmi uno stranooggetto da maneggiare con cautela.
Di avventure di GeraldMc Boing Boing ce ne sono poi state altre. E c’è stato anche unOscar come miglior corto d'animazione. Da qualche anno èarrivato un restyling: una riedizione, con doppiaggio in italiano. Misono rifiutato di guardarla. Se proprio volete correre il rischio,andate su YouTube. Io mi tengo ben stretti i miei ricordi.
Le straordinarieavventure di Gerald mi hanno fatto pensare a quanto sia fortein me la convinzione che i bambini siano alieni, proiettati quisulla terra dallo spazio siderale. Come scrive Diego Malaspina inMiralat, se c’erogià, se un’idea qualunque di me esisteva in un punto del cielo,si trovava di certo in un luogo dove i fenomeni della terra nonsi notavano nemmeno. E lì, in quel posto dal qualenon si godeva alcuna vista del mondo che li avrebbe accolti,con Diego sta Gerald. E sta Assuntina, poi precipitata, con unpiglio e una parlata assurdamente milanesi nella Napoli piùprofonda di Incantesimo Napoletano.
Per Gerald eAssuntina, si prospettano finali diversi. Con la fiducia che solo gliamericani hanno nel progresso e nella tecnologia, il professor Joycetrova il modo di rendere comprensibili i suoni che il bambino produce enell’epilogo, ci troviamo il rassicurante bel salottino con l’omettoin poltrona (Tutto suo padre, direbbe una zia), cheparla con i genitori solo al telefono, distillando frasi prive di senso madispensatrici di felicità (How now brown cow).
Ma con la fiducia che solo gli italianihanno nell’amore dei genitori per i figli e viceversa, Assuntina,ormai grande, offre il figlio al padre - apparentemente innocuo,ma rapinoso (lui deve starequi sotto con me) - come agnello sacrificale sull’altaredell'armonia familiare. Chissà quale lingua parlerà il nuovo,povero, piccolo alieno. (Il finale è lungo e potete vederlo qui.)