[di Giulia Orombelli]
Si dice che tra lettori e libri avvengano “incontri” a volte molto felici.
In classe può accadere molto di più di un incontro felice: può nascere un grande progetto interdisciplinare che coinvolge e appassiona bambini e insegnanti. Leggere insieme moltiplica i punti di vista, le impressioni, i pensieri. Tra le pagine germogliano idee meravigliose.
Certo, questo accade se noi adulti regaliamo tempo ai bambini, se ci soffermiamo a lungo senza passare ad altro, se ci mettiamo in ascolto delle loro voci, se noi stessi ci avventuriamo senza già avere in mente “obiettivi da raggiungere”.
A noi questa magia è accaduta con Gilgamesh di Annamaria Gozzi e Andrea Antinori.
La figura di Gilgamesh è sempre stato un mio pallino, a scuola. Arrivati in quarta, quando si incontrano le civiltà della Mesopotamia, a ogni ciclo, compare Gilgamesh, il primo eroe.
Mi affascina il fatto che la sua storia sia considerata la più antica: cinquemila anni. È la prima storia scritta che si conosca e sicuramente deriva da una versione orale ancora più antica. Com’è che a un certo punto gli uomini della Mesopotamia cominciarono a usare la scrittura - che era nata per necessità amministrative - per scrivere questa storia, la prima della letteratura?
Mi affascina il fatto che l’epopea di Gilgamesh è ancora incompiuta: continuano a saltar fuori nuovi frammenti, ancora oggi, dopo 5000 anni. Ai bambini racconto (forse semplificando ed esagerando un po’, di sicuro immaginando) che dalle sabbie del deserto sono emerse e continuano ad emergere innumerevoli tavolette con incise le avventure di Gilgamesh.
Chi le fece scrivere e le raccolse fu re Sargon, un grande, uno dei primi intellettuali della storia, oltre che atleta e guerriero. Ma la biblioteca di Ninive, la più grande di tutte, nella quale fu conservata l’epopea del primo eroe, fu voluta da un altro grande sovrano, Assurbanipal.
Che idea, quella di raccogliere in un luogo tutto il sapere del mondo conosciuto. Come gli sarà venuta? Non raccolse oro e pietre preziose, per lo meno non soltanto, ma libri: libri su tavolette di argilla.
Mi affascina l’idea che le opere letterarie che narrano di Gilgamesh derivano non solo da diverse epoche, ma anche da diversi luoghi. La scrittura cuneiforme ha a che fare con lingue diverse: sumerico, accadico, babilonese.
Inoltre, alcuni episodi - come il diluvio universale - si trovano anche nella Bibbia e nelle cosmogonie di altre civiltà. Dunque, le radici dell’uomo sono le stesse ovunque nel mondo? Così come i grandi interrogativi sul principio e la fine dell’universo?
Quando in quarta i bambini incontrano questo eroe, che poi è più uomo che eroe, come scopriremo insieme, subito si trovano davanti a domande grandi alle quali proveremo a rispondere seduti in cerchio, sapendo già che non troveremo alcuna risposta definitiva. Le porteremo con noi, quelle domande, sottopelle, così come l’esperienza dell’ascoltarci, mentre riflettiamo insieme su questioni universali. Nel corso degli anni incontreremo altre donne e altri uomini (artisti, poeti, scienziati) che in modi diversi hanno provato a rispondere.
Di tutto questo, ovviamente, sui testi scolastici non c’è traccia. I sussidiari di storia accennano a Gilgamesh in un piccolo riquadro. Come sempre, nel programma c’è troppa carne al fuoco per potersi soffermare e scendere in profondità.
D’altro canto, è vero: quella di Gilgamesh è un’epopea difficile da raccontare e da comprendere, forse è meglio andare avanti col programma e sorvolare… Eppure, sono convinta che Gilgamesh continui a parlarci.
Ai bambini ho sempre narrato in sintesi le avventure di questo eroe, sintesi che avevo tratto da una versione per ragazzi della scuola media. Ma nel 2022 è comparso il libro di Annamaria Gozzi e Andrea Antinori, così l’ho subito comprato. Oltretutto a settembre cominciavo la quarta.
Incredibilmente il testo della Gozzi, pur tralasciando molti episodi e molti dettagli dell’originale o forse proprio per questo, è assai più evocativo e incisivo dei testi per la scuola media. Conserva una dimensione poetica più vicina all’originale, che la prosa per ragazzi, invece, finisce per spegnere. Così ci siamo convinti istantaneamente che Gilgamesh potesse diventare il soggetto del nostro Teatro 2023.
Tra le diverse traduzione di grandi studiosi, ho scelto per me l’edizione curata da Andrew George, pubblicata da Adelphi nel 2021. Questo libro, molto bello ma ovviamente impegnativo, mi è stato utile per tutto il lavoro che, mentre leggevo, cominciavo a immaginare. Per la prima volta in tanti anni di scuola, mentre mi addentravo nell’epopea di Gilgamesh, scoprivo nuove cose che mi incuriosivano e accendevano il desiderio di condividerle con i miei bambini.
Dal testo originale abbiamo tratto la prima parte dello spettacolo, quella in cui Enkidu, l’uomo selvaggio cresciuto con le gazzelle e “civilizzato” dall’amore di una donna, sfida Gilgamesh, che all’inizio dell’epopea è un sovrano brutale e prepotente con il suo popolo. Durante la lotta, però, i due uomini-eroi diventano amici inseparabili. Insieme affronteranno molte avventure. Tra queste, con i bambini, abbiamo scelto l’uccisione di Humbaba, il mostro che viveva nella foresta di cedri. L’uccisione del mostro è sempre una buona cosa, oltre che essere divertente da inscenare e costruire.
Enkidu, l’uomo selvaggio, entra in scena
La lotta tra Enkidu e Gilgamesh
Enkidu e Gilgamesh uccidono Humbaba, il mostro
A questo punto dovrei raccontare di un altro incontro speciale, quello con Eleonora Parrello, la nostra maestra di Teatro. Sarebbe troppo lungo raccontare di questi ultimi sei anni in cui abbiamo lavorato insieme a scuola e delle cose stupende che sono nate con lei insieme ai bambini. Dirò solo che tra noi c’è una sintonia formidabile. Raramente accade di trovare un accordo così profondo, per cui le idee nascono quasi contemporaneamente in entrambe e si moltiplicano. A volte, inizialmente, sembrano esagerate, ma poi riusciamo a dar loro una forma e a metterle in atto, forse grazie ai bambini che, quando immaginano, non conoscono ostacoli. E poi ci divertiamo tantissimo, il che non è scontato, a scuola.
L’ora di Teatro è amatissima dai bambini, ma, benché rosicchiamo manciate di minuti qua e là, non è estensibile, se la intendiamo come una “materia” a sé. Se invece la apriamo, quell’ora diventa la più trasversale di tutte. Intreccia l’Italiano alla Storia, all’Arte fino a spingersi all’Educazione Civica. Coinvolge il corpo e la parola, è movimento e voce. Coinvolge i bambini nella loro interezza. Si dialoga, si propone, ci si ascolta, si lavora in piccolo gruppo, si costruisce ogni scena e ogni discorso che verrà recitato, si inventano i costumi e si creano gli oggetti di scena.
Quest’anno, complice il cuoco della scuola che ce lo ha infornato, abbiamo fatto, in classe, persino il pane, per la scena delle sette pagnotte. È stato fantastico impastare sui banchi e vedere lievitare i pani, ricollegandoci alle trasformazioni chimiche che avevamo studiato in scienze.
Insomma, abbiamo messo insieme tutto.
La scena delle sette pagnotte in cui Gilgamesh incontra l’uomo e la donna che non erano morti mai.
Al lavoro sulle scenografie e gli oggetti di scena
È stato bello dipingere d’oro più di cinquanta scatole di cartone recuperate dalla cucina per costruire le mura possenti di Uruk, perché Gilgamesh alla fine del suo lungo viaggio torna alla sua città e le costruisce più possenti, “nuove ma su fondamenta antiche”. Quelle scatole sono sopravvissute anche allo spettacolo. Ce le ha chieste, infatti, un’Associazione per i Diritti umani che le ha usate per fare una performance a metà giugno, fuori Milano. I bambini ne erano fieri quanto noi: hanno dato altre due importanti vite al cartone, prima di buttarlo. Concretezza ecologica!
Non so dire se i genitori e i nonni che sono venuti allo spettacolo abbiano compreso proprio tutto del grande lavoro che è nato intorno a Gilgamesh. Penso di sì, perché negli anni hanno imparato a entrare con animo aperto nella nostra scuola e nel nostro modo di fare Teatro. Comunque, forse, non è così importante. Quello che conta è quello che i bambini hanno vissuto.
Di tutto lo spettacolo, oltre alle foto che documentano il nostro lavoro molto di più delle mie parole, vorrei riportare solo il dialogo, nato quando abbiamo finito di leggere il libro della Gozzi: Gilgamesh ha perso il suo grande amico Enkidu, ed è partito da Uruk per scoprire il segreto dell’immortalità. Nel suo peregrinare incontra personaggi mitologici, vive avventure incredibili, arriva fino ai confini del mondo, ma non riesce a sconfiggere la morte. Però, quando ritorna a Uruk, nel bagliore delle mura dorate della sua città che il sole faceva rosseggiare, “intravide per un attimo il segreto della vita”.
Gilgamesh piange Enkidu, il suo grande amico
Comincia il viaggio di Gilgamesh, per scoprire il segreto dell’immortalità
Gilgamesh incontra la locandiera dell’ultima spiaggia, ai confini del mondo
Gilgamesh riprende il suo viaggio
Gilgamesh chiede aiuto all’uomo e alla donna che non erano morti mai
La scena della pianta dell’irrequietezza e del serpente che cambia pelle
Il sole fa rosseggiare le mura dorate di Uruk, al ritorno di Gilgamesh
Quel giorno, appena chiuso il libro della Gozzi, abbiamo chiesto ai bambini quale fosse, secondo loro, il segreto della vita. Con Eleonora abbiamo registrato le loro voci, perché spesso i bambini riescono a esprimere pensieri profondissimi senza perdersi in mille parole, come se la comprensione del mondo fosse per loro più immediata e più aperta al mistero, di quanto non sia per noi adulti, sempre tesi a definire e imbrigliare ciò che va al di là del conoscibile.
Quel dialogo è diventato il finale dello spettacolo.
Il segreto della vita
L: il segreto della vita sta nel vivere bene questa vita, adesso.
M: Il segreto della vita è che niente finisce per sempre.
G: Io posso morire, però la mia storia non morirà mai.
F: Il segreto della vita sta nel guardare avanti, non indietro.
M: Il segreto della vita è il viaggio di Gilgamesh, le scoperte che ha fatto e le fatiche che ha vissuto.
T: Quando torni dal viaggio non sei più lo stesso di quando sei partito.
S: Il segreto della vita sta nel non superare i limiti.
M: Dopo la morte si vede tutta la vita che è passata.
M: Quando muori, l’anima entra in una nuova vita e per un attimo tu puoi osservare le cose del mondo da un altro punto di vista.
L: La vita è come un percorso e questo percorso ti prepara a morire. Devi esserne felice. Ti lasci il peso alle spalle sulla terra e voli come forma d’anima.
A: Il segreto della vita è il bagliore infuocato del sole.
La gioia e gli applausi alla fine dello spettacolo