La difficoltà di essere libraio

Qualche settimana fa abbiamo saputo della chiusura della Libreria Sempreliberi, a Lodi. Conosciamo da parecchio tempo Barbara Scotti, la sua fondatrice e proprietaria, perché abbiamo frequentato a lungo lo stesso gruppo di lettura milanese sugli albi illustrati, Alle 9 da Babar, che si è da poco estinto. Ma anche perché siamo stati più volte ospiti nella sua bella libreria dove i libri dei Topipittori sono sempre stati ben accolti e trattati. Nel tempo, perciò, possiamo dire di essere diventati amici. Per questo abbiamo chiesto a Barbara se a aveva voglia di raccontare per il nostro blog le ragioni di questa decisione. Sulla librerie che chiudono si dicono tante cose, molte spesso un po' troppo generiche, e per questo è sempre interessante sentir parlare delle esperienze, concrete, delle persone. Per questo la ringraziamo di avere accettato. Buona lettura a tutti, e se siete librai e avete voglia di dire la vostra e raccontare la vostra esperienza a partire da queste riflessione, su questo blog siete i benvenuti.

[di Barbara Scotti]

Ho accolto con molto piacere l'invito di Paolo Canton a scrivere un articolo per il blog di Topipittori sulla mia esperienza di libraia che ha aperto e chiuso una libreria.

Non mi piace la retorica sulle librerie indipendenti e non ho messaggi particolari da trasmettere. Ho solo riflessioni su temi che spero possano interessare anche altri librai nella speranza che si possano condividere esperienze, si possa aprire un dibattito e, perché no? complicare la vita a chi legge.

L'interno della Libreria Sempreliberi.

Alcuni clienti, saputa la notizia della chiusura, mi hanno chiesto dove avrebbero potuto acquistare libri che trovavano solo da me.

Questa osservazione, che mi sono sentita fare moltissime volte, in questi anni, continua a lasciarmi sbalordita perché i libri che proponevo sono ovviamente in commercio e accessibili a tutti i librai.


Esistono poi le persone che, entrando nel mio negozio sono rimaste spaesate, proprio per la difficoltà a riconoscere i libri, a trovare dei punti di riferimento. E la loro visita si è spesso risolta nell'impossibilità di fare un acquisto.

Dunque mi chiedo: quali sono i criteri che ispirano i librai nella scelta del proprio assortimento? Possibile che le persone che frequentano le librerie non abbiamo maturato una sufficiente capacità di valutazione che consenta loro di scegliere anche fra autori o editori mai visti? Il libraio, non dovrebbe essere colui che, in mezzo alle proposte degli editori, è capace di scegliere e offrire un catalogo che non sia appiattito sul volere dei promotori editoriali?

La risposta sembra ovvia, ma non lo è, perché non tiene nella giusta considerazione il dato economico, quello che ti consente di rimanere sul mercato. Io ho provato a fare proprio quel lavoro li, ma ho dovuto chiudere. L'idea che un assortimento non omologato potesse attrarre clienti evidentemente non ha funzionato.

Barbara Scotti e il servizio natalizio di consegne a domicilio.

Mi sono forse scontrata con la realtà di un Paese (e di una città) che non vanta, soprattutto nell'ambito della letteratura per l'infanzia, la tradizione di Paesi come Francia o Stati Uniti dove si è formato un vasto pubblico di lettori?

È vero che negli ultimi quindici anni la letteratura per l'infanzia in Italia ha fatto passi da gigante, soprattutto nel campo dell'illustrazione e degli albi illustrati. Le classifiche di vendita ci mostrano però come questa enorme e interessante produzione, sia ancora relegata a una nicchia di lettori.

Il cortile della libreria, nella bella stagione adattato a spazio incontri.

Nel progettare la mia libreria, c'è stato un altro aspetto a cui ho sempre tenuto molto e cioè la possibilità di creare un luogo aperto, di scambio, di possibilità di incontrarsi e di incontrare professionisti, di partecipare a corsi, laboratori, presentazioni, visitare mostre.

Alla complessità di capire quali temi affrontare, quali autori o illustratori invitare, che iniziative proporre alle scuole, si è aggiunta quella di avere a che fare con il “pubblico degli eventi , dei corsi, delle iniziative scolastiche”, che non è necessariamente il pubblico che acquista i libri. Si è venuta così a  creare, la necessità di gestire due attività quasi distinte, una libreria e uno spazio eventi, con conseguenze non sempre positive. L'obiettivo iniziale, che era quello che i due ambiti potessero sostenersi a vicenda, non è stato raggiunto.

Io qui mi fermo. Le implicazioni e le possibilità di approfondimento su questi due aspetti del mestiere di libraio sono tantissime. Come suggerivo all'inizio, mi auguro che nasca un dibattito.

Se poi qualcuno vorrà farlo, ci sono altri temi interessanti di cui parlare: l'impegno pedagogico ed educativo nei confronti dell'infanzia nella scelta dell'assortimento, il rapporto con le istituzioni, l'utilizzo (corretto e proficuo) dei social media, la comunicazione,  la gestione degli acquisti (e dei resi), la formazione del libraio, l'inserimento nell'assortimento del cosiddetto non book, gli orari di apertura e le vendite on line.



Barbara con Giusi Quarenghi durante un firma copie.