Un giorno, abbiamo trovato sulla pagina facebook di Claudia Souza il link a questa intervista ad Antonio Rodríguez Almodóvar*, sul tema delle fiabe, rilasciata a Sandra Penelas e pubblicata sul sito del giornale La Opinión - A Coruña, il 7 marzo 2015. Non conosciamo lo spagnolo, ma da quel poco che abbiamo letto, abbiamo capito che si trattava di parole importanti, fondamentali. Da lì, il desiderio di tradurre e pubblicare l'intervista sul nostro blog, per farla conoscere al pubblico italiano e ai nostri lettori. Così abbiamo contattato Claudia e le abbiamo chiesto se secondo lei questo sarebbe stato possibile. Grazie alla sua risposta, e a Yolanda Reyes, Ana Garralóne a Pablo Cruz della casa editrice Anaya, ci siamo messi in contatto con Antonio Rodríguez Almodóvar che ha mostrato grande entusiasmo e disponibilità verso la nostra proposta, accordandoci il permesso di pubblicare l'intervista. Oggi siamo onorati e orgogliosi di pubblicarla. La traduzione è di Lisa Topi. Grazie a Claudia Souza per averci dato modo di conoscere il lavoro di Rodríguez Almodóvar e grazie a Rodríguez Almodóvar per la generosità con cui ha accolto la nostra richiesta.
Antonio Rodríguez Almodóvar.
La mente dei bambini chiede il conflitto e la fiaba non li traumatizza: li prepara alla vita. “Non disprezziamo mai l’intelligenza dei bambini, la morale della favola non serve”.
*Autore di oltre cinquanta pubblicazioni, Rodríguez Almodóvar, è autore di un’imponente opera di recupero delle fiabe popolari spagnole. Una delle sue raccolte, più volte ristampata dal 1985, ha già raggiunto cinque milioni di copie. Ieri [06/03/2015 NdT], ospite delle Giornate Internazionali della Letteratura per l’Infanzia e per Ragazzi [dell’Università di Vigo, in Spagna NdT], lo studioso è tornato a rivendicare l’importanza della narrazione che, nei secoli, ha svolto un ruolo essenziale per l’umanità.
Lei ha sempre difeso i valori pedagogici della fiaba popolare eppure, negli ultimi tempi, sono emerse voci critiche nei confronti delle fiabe, che trasmetterebbero stereotipi sessisti o sarebbero troppo drammatiche per i bambini.
Non sono d’accordo. Tutto dipende dalla versione di cui si parla. Io cerco sempre di recuperare le versioni della tradizione orale perché sono quelle che in maggior misura racchiudono dei valori. Se togliessimo la seconda parte da La Bella Addormentata, rimarrebbe un racconto piuttosto insulso di una principessa condannata a un dormire fin quando non riceverà il bacio di un principe azzurro. Poi, però, lei si trova ad affrontare delle prove difficili, quando lui va in guerra e la lascia in balia di una suocera edipica che divora i nipoti. La gente dirà che così è ancora peggio. [risate] La verità è che occorre partire da una base più solida per analizzare le fiabe. Esse hanno un valore simbolico e rappresentano altro da ciò che raccontano: il dolore, il male gratuito, la mancanza di protezione dei bambini... Il contrasto mentale tra quello che il bambino ascolta e quello che vive è l’aspetto più importante, perché si sentirà protetto dalla sua famiglia e rafforzerà la sua posizione nel mondo. Si tratta di un meccanismo simbolico della mente, sul quale sono stati condotti numerosi studi comparativi.
Crede che ai bambini sia comunemente riconosciuta una capacità inferiore di distinguere la vita reale dalla fantasia per via di un atteggiamento politicamente corretto che, oggi, invade tutti gli ambiti?
La storia di Hansel e Gretel, che, prima che il sistema di trasmissione orale scomparisse, nelle veglie domestiche delle famiglie spagnole era conosciuta come Periquín y Periquina, ti dice che un giorno o l’altro dovrai andartene di casa, per cui tanto vale che tu sappia che la vita è un cammino arduo. Ma anche che puoi farcela. È un messaggio simbolico che fa sì che il bambino si prepari all’avventura della vita e non creda che sia un percorso tutto rose e fiori.
È uno dei problemi della società odierna, i bambini vivono in una campana di vetro fino all’età adulta.
E così l’incontro con la vita diventa uno scontro, uno shock brutale. Ritrovarsi improvvisamente nella selva della vita senza possedere gli strumenti necessari per orientarsi è molto peggio che ascoltare una fiaba.
C’è posto per la fiaba in un mondo digitale come quello di oggi?
Io credo di sì. Il problema delle versioni digitali è che tendono a semplificare troppo le storie. La struttura narrativa deve includere un conflitto iniziale importante, uno sviluppo sotto forma d’intreccio e un finale coerente. È grazie a ciò se la storia, oltre a fornire al bambino una visione del mondo, può aiutarlo a costruire una propria struttura mentale. L’aspetto più importante delle fiabe, ancor più dei valori che trasmette, è che la sua struttura interna facilita la costruzione dell’architettura mentale del bambino. Machado, uno dei miei autori preferiti, diceva che l’essenziale è formare bene la capacità di comprendere.
Da cui l’importanza di avere a disposizione le fiabe sia a casa sia a scuola.
Certo, e che gli insegnanti le raccontino con trasporto perché il valore affettivo è decisivo affinché ci si concentri sulla storia e la mente si senta confortata. Il politicamente corretto ha fatto disastri e costretto le case editrici a pubblicare delle fiabe mal costruite, se non delle porcherie, da cui oggi siamo invasi. Devo spezzare una lancia a favore degli illustratori spagnoli perché tra di loro ci sono persone davvero straordinarie. Poi, però, appena leggi la storia ti domandi se mai succederà qualcosa. Non è giusto. La mente del bambino chiede altro, un conflitto! Come si può pensare che possa essere traumatizzato? È tutto il contrario. Senza un referente simbolico grazie al quale capiscano da soli che le difficoltà esistono, i bambini cresceranno in un mondo ovattato, dove è legittimo pensare che tutto sia semplice. L’indottrinamento non funziona con i bambini, per stimolare la comprensione del mondo in tutta la sua durezza servono delle fiabe ben scritte.
Ana María Matute, che l’ha soprannominata il terzo fratello Grimm, ha sempre rivendicato la qualità letteraria delle fiabe.
Sì, oltre che ben costruita, la fiaba è bella e apporta un valore importantissimo. Il valore estetico della vita e della vita letteraria non si acquisisce da un giorno all’altro, è una costruzione che richiede pazienza perché si radichi profondamente in noi il desiderio della buona letteratura. E con le storie da quattro soldi questo non avviene. Manca nella letteratura per l’infanzia e per ragazzi una critica seria ed è triste che questa sia solo una disciplina facoltativa nel percorso di formazione degli insegnanti. Dovrebbe comparire tra i fondamentali ai quali è riservato un corso annuale.
I bambini che oggi leggono e apprezzano le fiabe sono i lettori del futuro?
Certamente. O i non lettori, perché la passione per la lettura si alimenta solo con le belle storie. Una volta, esistevano decine di fiabe da raccontare nelle veglie domestiche e ogni famiglia ne aveva una preferita che aiutava a rafforzare il senso del gruppo. C’è chi mi ha ringraziato più volte per aver riportato alla luce la fiaba di suo nonno, della quale non aveva mai più trovato traccia, e poi mi ha detto che la storia non era così come l’avevo raccontata [risate]. Non disprezziamo mai l’intelligenza dei bambini, per favore. Devono pervenire a una buona strutturazione mentale ed è necessario che siano loro stessi a interpretare e dedurre. Diamogli tempo, non c’è fretta. La morale della favola non serve. Ana María Matute era un’acerrima nemica della morale della favola. Diceva sempre che i bambini non sono stupidi. Limitiamoci a raccontare la fiaba e basta. Il contrario sarebbe offensivo e irrispettoso delle grandi capacità dei bambini.
In Italia Rodríguez Almodóvar ha pubblicato Il bosco dei sogni (Salani, 2011). Premio Nacional de Literatura in Spagna nel 2005; e La vera storia di Cappuccetto Rosso (Kalandraka, 2009), basata sulla versione della fiaba della tradizione orale francese e del nord Italia.