[di Francesca Zoboli]
Questa primavera ho ricevuto la proposta, da parte dei curatori del dipartimento educativo del Museo Ceramica Savona, di affiancarli in un progetto di riqualificazione di un’area urbana della città attraverso la realizzazione di un murale insieme agli studenti del liceo Artistico Arturo Martini.
L’attività si inseriva in un progetto di Caritas Comunità e Servizi di Savona per la costruzione di comunità in un quartiere dove sono presenti delle case di edilizia residenziale pubblica, progetto realizzato grazie al sostegno della Fondazione De Mari.
Ho accolto subito questo invito, soffermandomi, però, a riflettere su alcuni aspetti critici, a mio parere, alla forma espressiva del murale, oggi molto di moda e spesso legata a un immaginario stereotipato tipico dei gusti di molti adolescenti. Mi riferisco ai mondi visivi collegati al fantasy, al dark, ai manga o alle tags cui molto spesso queste opere sono ispirate.
Non solo: nella percezione comune dipingere su un muro ha valore in quanto tale, come libera espressione del giovane artista, a prescindere dalla qualità, dal contesto e dal risultato.
Non vorrei essere fraintesa, so benissimo che dietro alla streeet art ci sono discorsi politici, sociali, e di liberazione della creatività che hanno una storia ricca e interessante, ma in questo caso mi è parso più conforme al lavoro del Museo e alle sue scelte, optare per un altro linguaggio e confrontarmi coi ragazzi, seguendo una strada completamente diversa.
Mi è sembrato necessario dare agli studenti una modalità operativa comune e condivisa, una sorta di griglia in cui muoversi, che offrisse spunti generativi durante lo stesso processo creativo.
Mi è parso un ottimo punto di partenza proporre l’esperienza del workshop “Raccogliere ombre”, da me già sperimentato con successo.
Si tratta di un’operazione semplice e antica, ovvero quella di disegnare nelle ore notturne, ricalcando le ombre delle piante proiettate da una luce su grandi fogli stesi a terra (se ne è parlato QUI).
Nel primo incontro presso MCS, ho iniziato raccontando agli studenti di come le rappresentazioni della natura sui muri, abbiano quasi sempre avuto la funzione di apertura e di sfondamento dello spazio chiuso, un modo di aprire le architetture verso l’esterno.
Attraverso la visione di immagini da me preparate, siamo partiti dagli affreschi pompeiani, passati attraverso le immagini dei trompe l’oeil di palazzi del Quattrocento, Cinquecento e Seicento, giunti alle strepitose carte da parati floreali di William Morris, per concludere con la visione di opere contemporanee e dei wallpapers più recenti.
Il tema della rappresentazione vegetale ha, così, trovato un suo senso, dimostrando di contenere infinite possibilità di utilizzo e aprendo a una seconda fase di tipo pratico.
Dopo esserci procurati vasi con piante o altri elementi vegetali, abbiamo provato a proiettarne le ombre nella stanza buia. Ormai so che questo momento è particolarmente entusiasmante e, infatti, un alto grado di coinvolgimento sul progetto è parso subito evidente.
Ho lasciato ai ragazzi il compito di proiettare le ombre su grandi fogli di carta da pacco e di assemblarli in modo da creare una composizione in scala 1:1, da utilizzare come base per il dipinto finale.
Ovviamente queste operazioni hanno richiesto sia l’intervento personale e interpretativo del ricalco dell’ombra, compresa la scelta del soggetto, sia la capacità di collegare, in un contesto condiviso, ogni singolo elemento, aprendo a un vero e proprio lavoro di gruppo.
Durante il secondo incontro presso MCS, dopo un confronto da remoto in cui ho constatato che il disegno grafico del bozzetto era eccellente, abbiamo deciso di incontrarci di nuovo per affrontare il tema dei colori.
Sul tema del disegno botanico abbiamo consultato libri molto interessanti, come Chromatic herbarium di Gardone e Muran, e Native trees of Canada di Leanne Shapton; inoltre, è stato utilissimo avvalersi delle gamme cromatiche dei colori Pantone in formato gigante.
La conclusione è stata di accostare al massimo 4/5 colori.
Ogni studente è stato invitato a creare un proprio gruppo cromatico e, infine, attraverso una votazione ne abbiamo scelti tre.
A questo punto sono stati creati fisicamente i colori, copiando i campioni scelti e utilizzando gli stessi acrilici da esterno che sarebbero stati utilizzati per dipingere il muro e anche per fare eventuali prove e bozzetti.
Tutta questa fase ha richiesto moltissima concentrazione e capacità di osservazione, arrivando dopo alcune prove a decidere la quartina cromatica vincente.
A questo punto, il lavoro finale sarebbe stato di trasportare il disegno sul muro con la tecnica dello spolvero e, quindi, di colorarlo.
Purtroppo, non ho potuto seguire questa fase e, per ora, il lavoro finito l’ho visto solo in fotografia, ma devo dire che mi è parso sorprendente, in particolare la scelta di colorazione delle campiture e la capacità di dialogare col bianco del fondo, estremamente armoniosa e per nulla scontata.
Lascio qui la narrazione a MCS, congratulandomi per l’ottimo lavoro svolto da tutti.
[di Alessio Cotena e Marco Isaia]
L’idea di chiedere la collaborazione di Francesca Zoboli per questo progetto ci è venuta in mente quando, pensando a come realizzare l’intervento pittorico, abbiamo iniziato a cercare, come spesso facciamo, tra diversi albi illustrati alcune ispirazioni. Il lavoro di Francesca era perfetto per questo progetto e, allora, perché non chiedere direttamente a lei di lavorare insieme a noi? Questa possibilità era sicuramente una grande occasione per gli studenti per poter conoscere e progettare insieme a una illustratrice e decoratrice. Per il nostro staff del servizio educativo, inoltre, era un’occasione preziosa per poterci formare e lavorare insieme a una illustratrice di cui spesso portiamo i libri nei nostri percorsi educativi, entrando, così, direttamente nel processo creativo e progettuale.
L’idea di Francesca di lavorare con le ombre è stata davvero perfetta, un approccio semplice, ma di grande effetto, che abbiamo poi riportato in altri laboratori, ottenendo sempre risultati incredibili.
Il nostro lavoro è stato supportare Francesca nei diversi passaggi e confrontarci con lei, a distanza, su come il lavoro procedeva e come portarlo avanti. Pensiamo che questo progetto sia stato davvero un’importante attività formativa che ha visto gli studenti molto coinvolti e felici di mettersi in gioco in un’attività progettuale dai risvolti sociali.
Speriamo, inoltre, che questa esperienza possa essere l'inizio di un nuovo percorso, da svolgersi nei prossimi anni, in cui il passaggio di competenze possa essere generativo di processi comunitari di quello spazio. L’idea, nata insieme a Caritas, è di chiedere ai ragazzi di provare a lavorare con gli abitanti del quartiere per poter continuare la decorazione di altri muri presenti, così da innescare un processo generativo di valorizzazione del luogo e delle relazioni tra le persone che lo abitano.