Le fate formiche, una delle nostre novità di quest’autunno, da poco in libreria, è un libro misteriosissimo. Misterioso a partire dal titolo. E dal nome della sua pluripremiata autrice, Shin Sun-Mi (i nomi orientali lo sono sempre per gli occidentali che non sanno mai bene come leggerli, e se siano maschili o femminili, e quale sia il cognome o quale il nome eccetera). Questa sua natura misteriosa è ciò che mi colpì, due anni fa, nel 2016, quando lo vidi, alla Fiera di Bologna presso l’ultracelebre stand dei coreani (fra i quali il suo editore, Changbi), dove durante i giorni di fiera è possibile vedere schiere di appassionati di libri illustrati aggirarsi in estasi. I coreani sono bravi, infatti, sia come editori, autori e illustratori. Alcuni dei loro libri, non per niente, negli ultimi anni hanno fatto man bassa di Bologna Children’s Award.
Le fate formiche non è un libro da grandi premi, è troppo strano per esserlo. La sua storia minima non affronta alcuno dei grandi temi d’attualità oggi prediletti né quelli più celebrati della letteratura per l’infanzia. È un libro defilato, direi inattuale: la sua stranezza sta nel segno tradizionale che rimanda alla raffinatissima illustrazione di area orientale e richiama certe stampe di Cina e Giappone, con un gusto supremo dell’eleganza: i dettagli degli abiti tradizionali, i tessuti dai colori splendidi, la morbidezza dei corpi, dei volti, dei gesti, i pochi arredi, il vuoto intorno ai personaggi, l’atmosfera pacata di gentilezza e silenzio.
Sfogliandolo, guardando le figure, cercai di capire cosa succedesse fra le sue pagine, e in parte ci riuscii, ma rimaneva una parte oscura, così lessi la traduzione del testo in inglese, che trovai in un foglio fra le pagine, proposta ai visitatori della Fiera. Era talmente evanescente, quella storia che continuai ad avere l’impressione di non capire del tutto cosa raccontasse.
Alla fine, oggi, penso che sia proprio questa incertezza, il cuore del libro, il suo centro. Ed è giusto così, probabilmente, perché questa è la storia di un bambino che ha la febbre, e sappiamo tutti, per esserci passati non poi così tanto tempo fa, che esperienza strana sia la febbre, fisicamente e psicologicamente, quando si è piccoli. Uno stato di sensazioni esotiche, una specie di viaggio in percezioni vagamente allucinate: cose che cambiano contorni, dimensioni, sapore, odore. Qualcosa che fa un po’ paura, ma è anche, imprevedibilmente, piacevole e avventuroso.
Una madre accudisce il suo bambino malato; quando alla fine, per la stanchezza, si addormenta, il bambino si sveglia. Intorno a lui ci sono piccoli esseri perfettamente abbigliati che conversano e lo circondano di cure premurose: sono le fate formiche. Le fate formiche rivelano al bambino di conoscere sua madre da quando era piccola. Gli raccontano di una piccola storia di amicizia e di crescita, di un anello regalato. Quando la madre si sveglia, il bambino è guarito; le fate appaiono di nuovo e riportano la madre al tempo della sua infanzia.
Ci si può chiedere se questa vicenda minima sia la fantasia onirica di un bambino febbricitante, oppure se sia la madre che immagina, in sogno, questa storia di cui è protagonista insieme al figlio. Oppure si può rimanere sul piano, assai confortevole, e certamente più convincente e avvincente per un bambino, della storia così com’è: probabile, possibile, incantata, assurda, quotidiana, esotica, dove nessuno di questi aggettivi cozza con gli altri, nella dimensione infantile, capace di farli coesistere in armonia.
Perché proporre un libro del genere a bambini italiani?
Anzitutto per il mistero evocato dal libro, per questa storia così lieve e, insieme, profonda. Poi perché ci è sempre interessato proporre immagini molte diverse fra loro, nel nostro catalogo. Offrirle come facenti parte di una grande galleria di ciò che il visibile può offrire: segni, forme, colori provenienti da culture e stili personali, alfabeti visivi vicini e lontani, accomunati da una grande capacità di visione e racconto.
Ogni albo, attraverso il proprio linguaggio visivo, è una grande narrazione in grado di aprire sul reale una finestra che permette di guardare le cose da una nuova prospettiva. Accompagnare i bambini, attraverso un racconto illustrato, in mondi tanto diversi e lontani, è importante. Produce nessi in grado di accendere pensieri nuovi, di promuovere conoscenze impreviste. Le minuscole fate formiche vivono in quella sfera sottile che è l’invisibile, da lì producono l’incantesimo di fermare il tempo, di farlo tornare indietro. Nella loro piccolezza, ci auguriamo che siano per i bambini italiani una straordinaria compagnia.