[di Redazione]
Se il detto popolare afferma che "di mamma ce n’è una sola" (numero saggiamente stabilito dalla Natura), nei cataloghi di un editore di mamme è possibile, invece, trovarne molte e varie. Prima di procedere alla scelta di un libro per la Festa della Mamma che, ogni anno, si ripresenta puntuale come il destino, potrebbe essere interessante chiedersi se quello che si sta acquistando è scelto con l’intenzione di destinarlo a una mamma o ai suoi piccoletti o a tutti e due (o tre o quattro o cinque eccetera): riflessione non oziosa come potrebbe sembrare.
I nostri titoli più citati a proposito della Festa della Mamma sono senza dubbio Una mamma è come una casa di Aurore Petit, albo che, attraverso una serie di belle tavole presentate come tante istantanee di vita quotidiana, descrive l’arrivo di un bambino in famiglia, dal suo primo manifestarsi attraverso la rotondità del ventre materno al primo passo verso l’autonomia fuori dall’abbraccio della madre: un libro giocoso, inconsueto, poetico, ma anche attento a descrivere relazioni familiari e ambienti domestici e non, in modo acuto e veritiero né forzatamente anticonvenzionale né piattamente stereotipato.
Una mamma è come una casa (Aurore Petit, Topipittori 2020).
Le cose che passano di Beatrice Alemagna è il secondo nostro titolo più citato per questa ricorrenza: un inno alla struggente inevitabilità del cambiamento come essenza stessa della vita e del suo patto indissolubile con il Tempo. A tale patto somiglia paradossalmente l’amore, ciò che durante l’infanzia si avverte come la cosa più importante, l’unica capace di sottrarsi al flusso dei mutamenti: il bene nella sua prima incarnazione ovvero il legame profondo che lega il bambino alla madre. Cambieranno, poi, i bambini e cambieranno le madri, ci dice fra le righe Alemagna, ma ciò che impariamo da questa lezione, fin da piccolissimi, è che i legami d’amore con le persone e con il mondo intorno a noi sono quelli che ci insegnano a saper stare nel tempo e nel cambiamento, cioè nella vita.
Le cose che passano (Beatrice Alemagna, Topipittori 2019).
Due madri, simili nella delicatezza e nell’attenzione, sono quelle che interagiscono con i loro bambini in due titoli che inducono alla riflessione. In Tic tic microstoria di infinita dolcezza raccontata da Nicola Cinquetti e illustrata da Juliana Salcedo Barrero, si racconta, per usare le parole di Cinquetti, «di un incontro, di una condivisione, dello sgomento della perdita, di smarrimento e incomprensione, e poi della forza magica delle parole, che danno nome e senso e presenza, aprono varchi di comunicazione e spezzano la solitudine.» Accanto al piccolo protagonista, una madre sapiente e capace di splendere di quieta luce, osserva il suo piccolo e lo conforta con pochi e necessari gesti e parole, consapevole che un'esperienza che da un adulto può essere letta come irrilevante, per un bambino può configurarsi come un significativo accesso a una delle questioni più conturbanti, quella dell'assenza.
Tic tic (Nicola Cinquetti e Juliana Salcedo Barrera, Topipittori 2019).
In Le fate formiche di Shin Sun-Mi, una madre accudisce il suo bambino malato; quando alla fine, per stanchezza, si addormenta, il bambino si sveglia. Intorno a lui trova piccoli esseri eleganti che conversano e lo circondano di cure premurose: sono le fate formiche. Le fate formiche rivelano al bambino di conoscere sua madre da quando era piccola. Gli raccontano una piccola storia di amicizia e di crescita. Quando la madre si sveglia, il bambino è guarito; le fate appaiono di nuovo e riportano la madre al tempo della propria infanzia. Le minuscole fate formiche vivono in quella sfera sottile che è l’invisibile, da lì producono l’incantesimo di fermare il tempo, di farlo tornare indietro, e in questa breccia, apertasi improvvisamente, fanno incontrare due infanzie, quella della madre e quella del bambino.
Le fate formiche (Shin Sun-Mi, Topipittori 2018).
Sono due madri simpatiche e amabilmente imperfette, quelle che si incontrano in Stavo pensando di Sandol Stoddard e Ivan Chermayeff, e in Rosmarino di Brigitte Minne e Carll Cneut.
In Stavo pensando la mamma è una voce fuori campo e, precisamente, la voce ogni mattina sveglia e riscuote il figlioletto ai doveri quotidiani, irrompendo nel sonno e soprattutto nella disposizione infantile al sogno, all’osservazione e alla lentezza. Un testo meraviglioso, quello di Stoddard, che nel contrappunto fra i pensieri evanescenti del bambino e il richiamo materno alla concretezza tesse uno scambio di grande acutezza e verità.
Stavo pensando (Sandol Stoddard e Ivan Chermayeff, Topipittori 2018).
In Rosmarino un testo brillante e raffinato dà conto delle prime baruffe fra una mamma, fata gentile che vorrebbe una figlia brava, bella e ubbidente, e una bambina curiosa e ribelle irresistibilmente attratta dalle libertà che consente una vita da strega, nonché dalla condizione massimamente interessante che questa comporta. Un’imprevista esperienza di selvatichezza condivisa con la bambina indurrà la mamma a modificare un pochino le proprie idee sulla natura delle fate e sui loro doveri.
Rosmarino (Brigitte Minne e Carll Cneut, Topipittori 2017).
In Storie della notte di Kitty Crowther, una madre orsa appare nel duplice straordinario ruolo di grande narratrice nonché accompagnatrice notturna nel difficile e quotidiano capitolo del sonno, funzioni affini perché entrambe sottilmente apotropaiche. Al piccolo orso che chiede tre storie per dormire, mamma orsa scodella tre magnifiche avventure che con sapienza mescolano mistero, conforto, inquietudine e sollievo.
Storie della notte (Kitty Crowther, Topipittori 2017).
Chiudono la nostra rassegna altri due albi di Beatrice Alemagna: Il meraviglioso Cicciapelliccia, acclamatissimo albo che istruisce umoristicamente tutti i bambini che si accingono a quel compito colossale e apparentemente insuperabile che è trovare un regalo degno dell’ineguagliabile splendore della propria madre. La piccola Edith ci riuscirà, inventando l’essere più buffo e scompigliato che mai si vide e che, naturalmente, le somiglia moltissimo.
Il meraviglioso Cicciapelliccia (Beatrice Alemagna, Topipittori 2015).
Chiude la nostra carrellata, un altro buffissimo coso uscito dall’inventiva inesauribile di Beatrice Alemagna, abilissima ritrattista di infanzie. Si tratta del Piccolo grande Bubo, indefinibile animaletto che pensa a se stesso come a una meravigliosa e grandissima creatura, già capace delle imprese più mirabolanti come andare in bicicletta e mangiare senza seggiolone. Di pagina in pagina, Bubo ribadisce ossessivamente la propria grandezza la cui idea, alla fine, si rivelerà essere mutuata dal saluto che, ogni sera, una gigantesca e tenerissima mamma gli offre come viatico notturno: «Buonanotte, mio grandissimo amore.»
Piccolo grande Bubo (Beatrice Alemagna, Topipittori 2014).