Orlando, gatto utopista

[di Elisa Galeati*]

Negli stessi anni in cui la Woolf scriveva il suo Orlando, proprio dietro l'angolo e probabilmente in un seminterrato, un'altra residente tra Bloomsbury e Fitzrovia, preparava il terreno per il suo personale capolavoro: Orlando, the marmalade cat. Pubblicata per la prima volta sul finire degli anni Trenta, la serie di storie illustrate del gattone rosso, della moglie Grace e dei micetti Blanche, Pansy e Tinkle, ha deliziato con un tocco di morbida stravaganza molte generazioni di bambini inglesi.

Circa novant'anni più tardi il primo albo illustrato Gatto Orlando - Vacanze in campeggio approda anche in Italia grazie all'editore Risma Libri. Il nuovo marchio editoriale per bambini e ragazzi dichiara di essere «alla ricerca di tesori nascosti, inediti inaspettati e gioielli perduti».

La copertina di Gatto Orlando - Vacanze in campeggio (Risma, 2020).

Curiosando nel loro sito ho scorso la breve lista di autori e autrici pubblicati e il nome di Kathleen Hale mi ha colpita come quando da bambina, nel manuale scolastico, mi esercitavo sulle schede didattiche degli insiemi: Primavera: trova l'intruso. La Hale mi è apparsa esattamente come l'oggetto altro in mezzo a figurine di fiori, alberi in rigoglio e gocce di pioggia. La Hale era l'innaffiatoio colmo d'acqua in una giornata di temporale: morta a centouno anni, ufficiale dell'Ordine dell'Impero Britannico, artista bohémienne. Totalmente sconosciuta in Italia. La prima volta che mi sono imbattuta in lei è stato mentre lavoravo alla ricerca sul pittore Augustus John e la sua enigmatica compagna Dorelia McNeill. Augustus chiese alla Hale di farle da segretaria nel 1922. Leggendo l'autobiografia di Kathleen, A slender reputation, scoprii che la poetica animalista che si cela dietro al gatto Orlando affondava le sue origini in un'infanzia difficile, resa particolarmente tediosa dalla presenza della zia Eileen, un personaggio la cui descrizione parrebbe uscire direttamente dal grottesco mondo di Roald Dahl: «Avevo cinque anni quando mio padre morì e andammo a vivere con la zia perché mia madre doveva lavorare per vivere. Era una zitella secca e fragile dal carattere pungente, che consumava ogni giorno a colazione una porzione di fegato crudo per combattere la sua anemia. Ci umiliava e ci batteva con una spazzola di osso di balena.»

Fu in quei giorni che Kathleen iniziò a trovare consolazione nei regni subalterni della servitù e nell'osservazione diretta del mondo animale, affinando il talento critico di una bambina eccessivamente caparbia e gioiosamente irriducibile alle convenzioni dell'epoca. Quando nel 1915 vinse una borsa di studio per il college, Dipartimento d'Arte dell'Università di Reading, si rassegnò malvolentieri all'impostazione pseudo vittoriana di negare modelli dal vero alle studentesse di disegno, senza considerare l'alternativa e modesta fonte di ispirazione data dalla presenza di un gufo depresso in una gabbia ciondolante. Il congedo dal provincialismo avvenne un paio d'anni più tardi quando, barattata la sua solida bicicletta per un biglietto del treno di sola andata, fece il suo ingresso al Cafè Royal di Londra, luogo per incontri artistici d'eccellenza dove si beveva birra o assenzio per scacciare i morsi della fame. Incontrare Jacob Epstein, Duncan Grant, Nina Hamnet, Viva King, Walter Sickert, Augustus John; essere tra coloro che fanno la fame al punto da coltivare una pianta di cipolla in un vaso perchè non possedeva i soldi per comprarne una; non possedere una coperta calda e sostituirla con dei giornali; vendersi i capelli.

Di Orlando ho letto sul web alcune recensioni: tutti ammaliati dal sapore vintage, da un tipo di scrittura e illustrazione che viene tavolta definita come un'evasione dal quotidiano. Ebbene, credo fermamente che Orlando sia, invece, il gatto più impegnato e resistente della letteratura per l'infanzia. Citando Hale: «Ogni mattina osservavo con cura le mie modeste proprietà. Lo spazio nudo attorno a me era qualcosa di paradisiaco dopo un'infanzia passata tra mobilio pesante e ponderose cornici dorate. Il senso di libertà, la mancanza di responsabilità erano magnifiche: guardo sovente con nostalgia a quegli anni in una stanza vuota, così piena di vita», ritroviamo una stanza tutta per sé di tempi a noi lontani. Questa donna e artista esercitò il proprio diritto al lavoro con una professionalità indefessa e oltremodo impetuosa che si snodò attraverso relazioni d'amore, matrimonio, maternità, cottages e periodi di guerra e pace. I suoi talenti si rivelarono essere molteplici: disegno, olii, acquerello, incisione, pittura su metallo, tutto la attraeva e si applicava ad acquisire ogni nuova tecnica con la disciplina di una versata artigiana.

Kathleen Hale che dipinge Orlando.

È indubbio che le utopie del gatto Orlando provengono da qui: da quella stanza spoglia, dal cosmo eterogeneo di Fitzrovia, dal fatale incontro con percorsi di vita instabili, imprevisti e con un repertorio umano complesso in cui la figura dell'artista errante prevale sull'ordine borghese. Dal suo racconto autobiografico sappiamo che la Hale iniziò a pubblicare i libri di Orlando nell'inconscio desiderio di creare per se stessa una famiglia unita quale mai ebbe e che più tardi avrebbe scritto per i bambini del periodo di guerra che erano costretti a evacuare e a vivere lontani dalle loro famiglie. Nelle pagine dei suoi libri troverete il domestico e l'irriverente insieme; essi si fondono in quella mitica creatura felina che ci trasforma, avventura dopo avventura, in lettori affezionati. Se Jung avesse letto Orlando probabilmente avrebbe parlato di sincronicità, difatti tutte le sue avventure le troverete disseminate di situazioni in cui le coincidenze sono significative per l'evolversi della storia. Non esiste nulla di più bohémien del rapporto che Orlando ha col denaro o nulla di più astruso dell'evolversi della vicenda secondo dinamiche che esulano dalle logiche di causa effetto. A Orlando accadono stranezze e peripezie perché egli è innanzitutto fedele alla sua natura felina. Prima di essere padre di famiglia egli è gatto.

La natura felina del clan Orlando è quindi predominante, il processo di antropomorfizzazione mai totale e se anche nasce con l'intento di evidenziare in forma metaforica certi tratti dell'umano (satireggiandone mode e follie), non si esaurisce in esso. Tra le due categorie è un continuo altalenare, ma il rapporto di scambio è reciproco e paritario: se i gatti si servono della civiltà e delle sue comodità moderne, rese accessibili dal denaro degli umani, è pur vero che i contatti con Utopia sono prerogativa dei primi. Se alla società d'oggi i ruoli familiari di Orlando potranno apparire un tantino agée, tipici cioè di un contesto familiare tradizionale, questo vuol essere un invito ai lettori adulti di leggere tra le righe, riscoprendo un sottotesto animato da una sovversione gentile. La Hale ha sempre detto che Orlando era ispirato alla figura di suo marito e senz'altro le doti paterne, lo slancio fortemente utopico permeato di socialismo sono evidenti ma è altrettanto chiaro come lei stessa abbia riversato nelle avventure del gatto una componente di casualità e imponderabilità che provengono da una sua attitudine alla vita e da un milieu culturale bohémien tutto da riscoprire.

Nell'augurarci che altre traduzioni di Orlando vengano portate in Italia in un prossimo futuro, vorrei concludere con le parole della scrittrice Margaret Drabble che così ricorda la sua autrice di libri per l'infanzia preferita: «Oltre l'innocenza e la sicurezza della dimensione domestica percepiamo un sottotesto adulto e sovversivo. La prolifica attività della natura la attraeva nelle sue declinazioni più eccentriche ed inquietanti. Il senso di fascinazione del mondo naturale che permea le sue litografie rivela tonalità sinistre: le si intravede nelle generose curve di una placida mucca, nei petali decadenti di papaveri e iris, nei rami di un albero. Kathleen Hale, nella sua vita, ha giocato col periglioso tentativo di bilanciare Ragione e Moderazione con l'Eccesso e il Magico. Il suo lavoro risplende ancora dell'euforia della sfida con cui si è costantemente misurata».


[*Elisa Galeati vive a Ferrara, dove lavora in qualità di bibliotecaria per bambini e ragazzi. Collabora con il Centro Documentazione Donna di Ferrara e scrive per la rivista Leggere Donna. Oltre a uno spiccato interesse per la letteratura per l'infanzia, è la passione per l'Inghilterra e la sua storia che periodicamente la conducono a svolgere ricerche sul campo. Oggetto d'indagine privilegiato sono quelle donne e artiste inglesi che, sovente dimenticate e spesso sconosciute in Italia, hanno svolto un ruolo chiave all'interno della controcultura bohémien di inizio Novecento.]