Eccoci alla prima novità dell'anno, un anno particolarmente importante per noi perché fra pochi giorni compiamo niente meno che vent'anni. Ci pare giusto, perciò, che il primo titolo di questo 2024, da oggi in libreria, sia della mattatrice del nostro catalogo, Beatrice Alemagna, che dopo il successo di Io e Pepper, torna in libreria con Il top dei top!, seconda avventura di un personaggio a cui i lettori si sono molto affezionati, la pipistrella Pasqualina già protagonista dell'amatissimo Manco per sogno.
[di Giovanna Zoboli]
Torna Pasqualina con una nuova storia, e i suoi adoratori, fra cui mi metto anche io, esultano, perché Beatrice Alemagna difficilmente si dedica alle serie. Finora solo le sue pulcette avevano avuto questo onore. Ma evidentemente Pasqualina è un personaggio per cui anche la sua autrice nutre una particolare simpatia. Manco per sogno, prima puntata delle avventure della mini pipistrella, ha spremuto tutte le potenzialità di umorista e tutto lo spirito pop della loro creatrice. Chi cercasse in questi albi la poesia caratteristica della premiata ditta Alemagna, riceverà una delusione. Perché, come abbiamo scritto nella presentazione di Manco per sogno, Pasqualina è una figlia della ridarola, una emanazione di pura gioia, uno sconquasso di umorismo. E così ci piace sia.
Questa nuova avventura, Il top del top!, non per niente, comincia nel luogo meno poetico e più subdolo del nostro tempo: il supermercato, trappola mortale per l’infanzia innocente, studiata al millimetro per scatenare tutti i suoi desideri, dai più sottili ai più smisurati. Un vertice di inutilità e di seduzione creato per irretire i consumatori e rendere l’acquisto d’impulso un vortice senza fine, a cui solo la saggezza di un adulto, conseguita in anni di autocontrollo, può, e comunque mai del tutto, far fronte, opponendo scelte di consumo consapevole alla brillanza delle merci che spavaldamente richiamano l’attenzione sugli scaffali. Magistrale, a questo proposito, la rappresentazione di mamma pipistrella che mentre fa la spesa sceglie oculatamente ed esclusivamente cibi sani e freschi, dietetici e a base di fibre, abbandonando la sua piccola all’inferno delle schifezze negate.
Che si abbiano figli o no, a tutti è capitato di assistere alla scena di un bambino o di una bambina che, incastrati nel seggiolino del carrello spinto da un genitore o una genitrice, giunti alle casse, paonazzi e furibondi, piangono e strillano di rabbia perché gli sono state rifiutate tutte le meravigliose porcherie custodite da quel luogo diabolico, vero e proprio tempio delle promesse mancate. Nel caso di Pasqualina queste merci astutissime sono i lecca lecca alla lumaca, le chips-grillo, le pantofole-libellula, i mini ricci di peluche… Cose, cioè, imperdibili senza le quali la vita, alla nostra, appare come una sconfinata landa di desolazione.
Diciamo che il supermercato è un luogo dove la frustrazione è appostata a ogni angolo e, pertanto, costringe i bambini che lo frequentano a tormenti infiniti, sprovvisti come sono di antidoti che la dominino. Questo è, infatti, un bellissimo libro che racconta di frustrazione: terrifico fantasma del nostro tempo, odiato dai piccoli, temutissimo dai grandi, spaventati alla sola idea che i bambini possano sperimentare la minima sofferenza, invisa soprattutto a chi ha ruoli educativi e a stento riesce a dare regole, a negare l’immediatezza di piaceri effimeri, più allettanti di tante gioie autentiche, date per perdenti perché ritenute difficili al cospetto dei canti di sirena delle merci, che per molti sono invincibili e riducono al silenzio qualsiasi tentativo di ragionevolezza.
Lungi dal fare del libro un trattato educativo truccato da storiella simpatica o da ammiccare con morali rassicuranti, Alemagna sceglie una chiave umoristica e surreale per questa vicenda, senza rinunciare a mettere in scena quel vulcano desiderante e selvaggio che è l’infanzia, ma senza nemmeno censurare la sgradevolezza della situazione, perché per la gran parte delle persone adulte il capriccio infantile è insopportabile e imbarazzante, quando non angosciante, perché mette alla prova pazienza e affetto, per quanto si cerchi di trovare a esso risposte adeguate.
A questo proposito, la figura della madre pipistrella, tetragona alle richieste esagerate di Pasqualina, è perfetta: seccata, infastidita, spiccia nelle risposte, nulla la commuove e la smuove della sceneggiata in corso. Nessuna pietà verso il consumismo della figlia che finisce, letteralmente, per squagliarsi travolta dall’onda emotiva del desiderio frustrato, almeno finché la tragedia simulata non rischia di finire in guaio vero, mettendo in luce tutte le debolezze genitoriali del caso. E qui mi fermo, perché non è bene anticipare al lettore come proceda la storia. Darò conto, invece, della sua bellezza.
La lumachizzazione di Pasqualina che sbava di desiderio di fronte alle merci desiderate fino a ridursi a un ammasso gelatinoso, è geniale perché se da una parte mostra al lettore come a un adulto appaia indecoroso un bambino capriccioso che si trasforma in una sorta di mostro informe e bavoso nel momento della richiesta pressante, dall’altra offre una rappresentazione impeccabile di come la frustrazione venga vissuta dal bambino, cioè una tragedia in grado di alterare persino la sua fisionomia, il suo corpo, trasformandolo in una creatura sconosciuta. Entrambe le situazioni, che potrebbero essere angoscianti, sono rese in unica soluzione narrativa e visiva, padroneggiata da Beatrice con la solita meravigliosa verve e con esiti di grande umorismo: una Pasqualina in piena regressione, viscida, molle e tutta appiccicosa, incapace di emettere suoni comprensibili.
Credo che questo libro piacerà molto ai lettori a cui è destinato, così come da loro è stato apprezzato Manco per sogno. Entrambi hanno il pregio di mostrare come le debolezze dei bambini abbiano sempre un corrispettivo in quelle degli adulti, e questo non per colpevolizzare gli uni o gli altri, ma per offrire uno sguardo onesto su ciò che li accomuna e li separa ed eventualmente ipotizzare una strada da percorrere insieme, per conoscersi un po’ meglio, magari sdrammatizzando e ridendo di sé, imparando a immaginare come a volte si può essere ridicolissimi visti da fuori.