Tiritera cha cha cha ovvero la gioia di vivere

Tiritera cha cha cha è uno spettacolo della compagnia Playy, ispirato all'albo La coda canterina scritto da Guia Risari e illustrato da Violeta Lopiz. Gli albi illustrati hanno ispirato e ispirano numerosi spettacoli di teatro per piccoli, perciò questa ci è sembrata un'occasione interessante per rivolgere al regista e agli attori di Tiritera cha cha cha alcune domande su come nasce questa collaborazione fra pagine e palcoscenico, e cosa vuol dire immaginare e costruire uno spettacolo per bambini. Li ringraziamo per le risposte (e per averci permesso di utilizzare le foto dello spettacolo). Buona lettura.

Quando è nata la vostra compagnia e con quale obiettivo?

Playy - la Via dell'Arte è nata ufficialmente nel 2012 a dare riconoscimento formale a un percorso di conoscenza e di lavoro condiviso che io e Bhakti Valentina Fornetti avevamo già iniziato dal 2007, momento del nostro primo incontro scenico e collaborazione all'interno di uno spettacolo prodotto dal Teatro Fondamenta Nuove di Venezia. L'obiettivo dietro la formazione della compagnia era essenzialmente quello di offrire un contenitore che sapesse ospitare la nostra progettualità che si stava sviluppando rapidamente.

Che tipo di formazione avete?

La compagnia è portatrice di esperienze e vissuti professionali abbastanza diversi fra loro e in questa unione, in questo dialogo trova una delle fonti di nutrimento: rispetto ai due fondatori posso dire che io [Pravas Guido] ho una lunga frequentazione con il teatro contemporaneo e ho lavorato come attore e regista per diversi teatri italiani e ho riconosciuto in Yoshi Oida il mio maestro. Bhakti invece, viene dalla drammaturgia e dalla regia e ha poi fatto un percorso che l'ha avvicinata alla danza e al movimento creativo per bambini in seguito all'incontro fecondo con Franca Zagatti, a Bologna.

Fate solo spettacoli per bambini o anche per adulti?

Ci rivolgiamo a entrambi i pubblici, con spettacoli per bambini, ma anche per adulti; ma ancora meglio con spettacoli che possano essere trasversali ovvero rivolti a un pubblico che includa tutti, senza le distinzioni classiche tra adulti e infanzia. In realtà poi noi ci occupiamo soprattutto di Teatro di Comunità e pedagogia dell'arte ovvero di perseguire obbiettivi educativi attraverso gli strumenti del teatro, del movimento creativo e della danz:, in generale delle arti performative, vissute più per il loro valore di occasione di crescita personale che come esibizione di abilità personali.

Come avete incontrato La coda canterina e cosa vi ha colpito di questa storia?

È stata Bhakti a incontrare il libro e a portarlo alla mia attenzione. Poi, in realtà un po' di tempo dopo che il libro era stato "nelle vicinanze" di un possibile processo creativo, l''ho scelto come materiale su cui basare uno spettacolo. Personalmente mi ha colpito il "movimento" che la storia conteneva, questa figura della coda che porta scompiglio, una presenza poeticamente "rivoluzionaria" in grado di sorprendere, mutare equilibri, certezze, mettere a nudo piccole paure di una coppia di genitori e di una comunità intera di fronte a un evento inaspettato. E poi il fatto che questa coda canti, balli, sia "viva" in definitiva e non facilmente addomesticabile e che questa vitalità può spaventare, ma è assolutamente necessaria. Abbiamo bisogno di non perdere la capacità di ribellione, che è intelligenza, consapevolezza, libertà. Tutto questo, oltre a essere effettivamente attuale rispetto alla realtà che viviamo, è soprattutto molto vicino alla nostra sensibilità, a temi che ci toccano da sempre e proviamo a indagare in ogni occasione scenica che creiamo.

Lo spettacolo è la fedele trasposizione del testo di Guia Risari o è stato necessario rielaborare questo in una sceneggiatura?

Diciamo che è sostanzialmente impossibile, a nostro avviso, pensare a una fedele trasposizione di un testo che non preveda una qualche rielaborazione per la naturale diversità che esiste tra i due linguaggi: teatro e letteratura. Sono due mondi che hanno punti di coincidenza, ma meno di quanto si pensi e il loro incontro, affinché sia fortunato, necessita di un lavoro di "avvicinamento" che poi significa adattare le parole a un contesto scenico che invece richiede azioni. Allora quello che si fa è di cercare le potenzialità di azioni contenute (o nascoste) dentro le parole di una storia. Ci sono storie che non contengono proprio azioni e dunque non sono "teatrabili", altre invece sì. Il testo di Guia in questo senso è perfetto: molto ricco di azioni e perciò adatto a diventare teatro senza troppe difficoltà.

In che modo l'immaginario di Violeta Lopiz trasfuso nelle immagini per l'albo ha ispirato il vostro allestimento?

È stato un aspetto fondamentale. In pochi altri casi ci era capitato di incontrare un libro nel quale la parte visiva delle illustrazioni fosse così integrata, così giusta, come fossero state pensate e realizzate da un'unica mano: per questo come regista ho scelto da subito che la messa in scena avrebbe dovuto, con i nostri mezzi, restituire il più possibile l'atmosfera visiva del libro. La scenografia è essenziale, semplice, per essere leggera e trasportabile, ma cerca di suggerire gli ambienti del libro: il bagno, la vasca, il paese, il viaggio intorno al mondo. Anche i colori usati e i costumi vanno in questa direzione: raccontare le stesse atmosfere. Abbiamo addirittura deciso di usare le immagini vere e proprie dei visi dei genitori di Ivan, trasformati in maschere e usati per evocarli, consapevoli della loro forza.

C'è un concetto forte, espresso in parola e/o immagine, tratto dal libro intorno al quale avete costruito lo spettacolo?

Quello su cui cade il nostro interesse è il non aver paura dell'ignoto, di ciò che non conosciamo e che invece di spaventarci può rivelarsi un'occasione di scoperta, di crescita, di avventurosa rinascita. E poi la gioia di vivere.

Cosa significa per voi lavorare con i bambini?

Mi ricollego proprio a quanto appena detto: la gioia di vivere è uno dei principali regali che i bambini sono pronti a condividere, sempre, senza condizioni né ripensamenti. Ci si abbevera, a volte ci ricarica, altre ci può infastidire perché magari racconta della nostra incapacità ad accoglierla. Una gioia piena, che non fa ragionamenti e non mette condizioni e lavorare per loro e con loro è per noi un modo per ricordarci quanta vita c'è da spremere, ogni giorno. Anche se non è affatto facile, come adulti, relazionarsi a questa dimensione. Poi naturalmente lavorare con i bambini è accettare una grande responsabilità che è quella di tutti i maestri e insegnanti: la pedagogia è affare serio e andare a teatro è un atto pedagogico, non possiamo non considerare le conseguenze che un "cattivo" o inadeguato teatro può avere per un individuo in formazione, con tutte le sue fragilità e vulnerabilità.

Quale sono gli elementi imprescindibili, a vostro parere, in uno spettacolo per i bambini?

La poesia. ovvero la capacità di scostarsi dalla piattezza della quotidianità che ci offre quasi unicamente il paradigma razionalista. il pensiero logico e sequenziale e non invece l'educazione a godere della bellezza, ad apprezzare lo stupore, senza spiegare. Oggi tutto viene spiegato e deve essere spiegato, in fretta e senza reticenze, non c'è più spazio per il mistero, per ciò che non si può e non si deve spiegare. Per l'accadimento inatteso e per questo pieno di vita.

Poi ci piacciono molto le sorprese, la capacità di creare piccole magie che spiazzano, che portano altrove, che sanno collegarci alla nostra attitudine al gioco: l'approccio ludico è quello che ci accompagna in ogni cosa che facciamo, non solo in scena…

Che pubblico sono i bambini?

Spesso chi si occupa di teatro per bambini, consciamente o meno, tende a considerarli un pubblico "minore", nel senso di livello inferiore in quanto a capacità di ricevere e apprezzare un lavoro, comprensione, intelligenza. Nella nostra esperienza non è affatto così: i bambini sono un pubblico specifico da considerare esattamente come gli adulti, naturalmente tenendo conto delle loro caratteristiche che però non li rendono svantaggiati, ma solo diversi. Sanno cogliere le sfumature, godere della bellezza, della poesia e in genere della qualità di uno spettacolo, che deve essere pensato per loro, per rispettare la loro natura che solo dal punto di vista cognitivo è meno sviluppata di un adulto. Sotto molti altri aspetti i bambini sono portatori di unicità preziose, insostituibili e chi propone qualcosa a loro deve saperlo ed esserne grato. E poi i bambini non perdonano nulla perché non si adeguano alle convenzioni che premiano con un sorrisino stentato o un applauso tiepido anche uno spettacolo non riuscito: no, loro o ci stanno o non ci stanno e così ti indicano la direzione da seguire.

Come è possibile contattarvi qualora qualcuno fosse interessato a Tiritera cha cha cha?

Attraverso il nostro sito dove trovate tutti i contatti e anche una pagina specifica con la scheda dello spettacolo e naturalmente anche tramite email scrivendoci qui. Saremo Felici di rispondervi!



Illustrazioni di Violeta Lopiz per La coda canterina, di Guia Risari.