Dopo la presentazione di Poesie notturne, di Cristina Bellemo, oggi Flavia Ruotolo racconta l'eccezionale lavoro di illustrazione che ha svolto per questa raccolta poetica.
[di Flavia Ruotolo]
Quando Paolo Canton mi ha proposto di illustrare Poesie Notturne di Cristina Bellemo, la mia reazione iniziale è stata ovviamente di immensa felicità, ma anche di timore: non avevo mai lavorato su un libro scritto da altri e non mi considero un’illustratrice vera e propria. Il progetto, poi, aveva un aspetto che mi sembrava quasi una sfida impossibile: un libro con 64 pagine. E per di più, un libro di poesie. Una follia, per me!
Io sono una lettrice accanita, anche un po’ compulsiva, leggo soprattutto di notte e prediligo la narrativa: la poesia è sempre stata un po’ fuori dal mio orizzonte. Forse perché non ho mai avuto quel genere di concentrazione silenziosa; affido da sempre alla musica la mia parte più astratta e assoluta.
Poi Paolo mi ha mandato le poesie, e ho capito: le poesie di Cristina sono diverse, raccontano con parole trasparenti, brillanti e comuni, capaci di aprire inaspettatamente nuovi significati. In altre parole, sono poesie che narrano attimi sospesi in una giornata qualunque, o, meglio, in una notte qualunque.
Ciò che Cristina Bellemo descrive così bene in Poesie Notturne non prevede alto e basso, né primo piano e sfondo, né prospettiva: tutto ha la stessa importanza. Un pensiero, un insetto, una nevicata, i giocattoli sparsi, le cose immaginate, il mondo o la cucina. Tutto è nuovo e già noto, sempre degno di essere esplorato. Questa visione mi piace molto, mi ha conquistata e ha fatto sentire a loro agio i miei disegni piatti, che non hanno mai prospettiva, scorcio, sfondo o gerarchia.
Così, dopo aver letto e riletto tutte le poesie, per organizzare le immagini, i ricordi e le sensazioni che emergevano e che avevo appuntato, ho deciso che avevo bisogno di una “struttura”, di uno spazio in cui potermi orientare, una sorta di “casa” con un dentro e un fuori che racchiudesse tutto. Ma che “struttura”?
Nelle poesie, a volte è una bambina a raccontare, altre volte un bambino. Ho immaginato che fossero tre fratelli: una bimba di 8 anni circa e due fratelli di 5 e 1 anno. Vivono in stanze come tante: a volte disordinate e piene di vita, altre volte silenziose e addormentate. Con loro c’è anche un cane, un po’ sovrappeso e sicuramente anzianetto, che fa da contrappunto alla “velocità” della vita e dei pensieri dei fratelli.
Concretamente, il mio processo creativo è proseguito distribuendo le poesie fra le 64 pagine, rispettando la sequenza creata da Cristina. In questo modo ho avuto sotto controllo gli spazi vuoti a disposizione. Poi ho creato la palette cromatica, a cui abbiamo aggiunto un blu speciale in tipografia, e finalmente ho iniziato a fare mille schizzi su quaderni per vedere come prendevano forma le idee appuntate. Dagli schizzi ho selezionato oggetti, pose ed elementi vari, che ho ridisegnato come sagome a tempera nera.
I fogli con le sagome sono stati scansionati, le forme composte, ridimensionate e colorate digitalmente. Questo processo, a metà tra digitale e analogico, mi piace molto, perché mi permette di controllare le immagini e i colori, conservando un po’ della spontaneità e del calore dell’analogico.
Spero di aver catturato un po’ dello “spirito” di Cristina Bellemo con queste immagini. Il mio intento era di essere in armonia ma discreta, lasciando alle parole tutto lo spazio per brillare.
Grazie a Paolo, Cristina e Giovanna per questa opportunità unica.