L'ultimonumero della rivista Hamelin, il 36, offre una panoramicasu quanto la stagione editoriale dell'anno appena passato haofferto alla letteratura per ragazzi, come indica il titolo: Annuario di libri per ragazzi2013. Si tratta di un numero ricco(verrebbe da dire come sempre: il primo numero di gennaio, il 35,Il migrante, contiene riflessioni imperdibiliper tutti coloro che hanno a che fare con il tema dell'integrazionee delle differenze culturali, a partire da quella di Martino Negri,Il sacrificio e l'ascolto. Digressione letteraria sullanatura del dialogo).
Oltre alle sezioni dedicatea narrativa, albi illustrati, fumetti, saggi usciti nel 2013, inquesto numero si trovano altri contributi interessanti, come L'architettodelle figure, l'intervista a Blexbolex sulla costruzione dellastruttura narrativa e del punto di vista nella sua trilogiaImmaginario, Stagioni eBallata, o come i due articoli dedicati a ToveJansonn da Kitty Crowther e Luca Scarlini, o come gli articolidedicati ad alcuni libri sul tema della paternità, che nel 2013hanno impazzato nelle librerie. Nicola Galli Laforest riflette sulrapporto fra figli e padri a partire dal romanzo di Michele SerraGli sdraiati (condividiamoparola per parola) e dal saggio di Stefano Laffi La congiura contro igiovani che non ho letto, ma sicuramenteleggerò grazie a questa recensione. Giordana Piccinini inP di Papà, a partire da spunti presentinel libro di Serra e nel saggio di Massimo Recalcati Il complesso di Telemaco(altro best seller del 2013), indica un percorso di pensieri eletture su papà e bambini negli albi illustrati. Agli abbonati diHamelin, il numero 36 della rivista è arrivato accompagnato dalnostro Catalogone 7, in omaggio.
Nella sezione relativa alla produzione editorialedell'anno passato, hanno fermato la mia attenzione le parole di EmilioVarrà, nell'articolo Riflessioni sull'albo illustrato:2013. Emilio Varrà si chiede se la recente ripropostada parte di alcuni editori di diversi titoli e di grandi autori delpassato non si debba alla difficoltà di reperire nel presente un numerosufficiente di titoli significativi: riscoperta, cioè, come risorsaper colmare un presente povero di idee.
E commenta:«Il dubbio viene se si guarda ai libri di produzione, quelliche nascono dal progetto di un editore. Non sono tanti gliesiti memorabili di quest'anno: tra gli italiani spiccano Io sono un ladro dicavalli di Tessaro (Il Castoro), Fiumelento di Sanna (Rizzoli), Il nuotatoredi Cognetti e Cerri (Orecchio Acerbo), Il grande libro deipisolini di Zoboli e Mulazzani(Topipittori). Ma numericamente prevalgono esiti non per forzabrutti, ma nemmeno così eclatanti. Sintomo di un calo di ispirazionedegli autori? Di ambizione moderata degli editori? Del desideriodi seguire un trend in questo momento positivo? O piuttosto di unsistema editoriale ancora poco solido sul piano economico (e ancorasquilibrato nel fuoco di fila fra grandi e piccoli), perché non esisteun pubblico sufficientemente forte da poter alzare vendite, tirature e– di conseguenza – compensi agli artisti, costretti quindi a dovermoltiplicare e accelerare il proprio lavoro per sopravvivere? Rimangonopoi le traduzioni dall'estero che ci hanno regalato anche quest'annouscite importanti...»
Se come autrice non posso cheessere lusingata nel vedere un mio libro inserito fra i miglioriquattro titoli italiani del 2013, come editore mi sento invitata allariflessione. Ovviamente quello che sto per scrivere riguarda le modalitàcreative ed editoriali di Topipittori, e non pretende di esaurireil discorso in senso generale. Trovo interessante l'idea che seguireun trend positivo abbassi il livello creativo. Ho sempre pensato chel'andamento positivo di una casa editrice di ricerca, come è la nostra,sproni alla sperimentazione anziché livellarla su una produzione chegarantisca esiti “sicuri e dati”.
La sperimentazioneè stata, fin dall'inizio, il motore del nostro successo. E infatti,per quanto ci riguarda, dal 2004, cioè dagli esordi, la nostra lineaeditoriale è connotata da progetti nuovi per la proposta di nuovi autori,illustratori, grafici, e di stili molto diversi sia relativamente aitesti sia alle immagini.
Da questo punto di vista, quindi,più che a un calo di ispirazione degli autori, credo che la qualitàdell'esito creativo dipenda soprattutto dalle indubbie difficoltà checomporta il lavoro di ricerca: cercare, individuare, trovare, progettarecosta tempo, impegno, risorse a fronte di risultati incerti e moltodiseguali. Ricerca infatti non vuol dire, automaticamente, dare luogo aun catalogo di eccellenze. Credo che le eccellenze, al contrario, sianoil risultato di un percorso di ricerca serio, strutturato, coerente,continuato in cui l'editore si è fatto carico, con il pessimismo dellaragione, dei propri limiti, di quelli degli autori, della congiunturaeconomica, degli incidenti di percorso, della concorrenza e viadiscorrendo; e altrettanto, con l'ottimismo della volontà, dellapropria capacità di trovare e portare alla luce per i propri lettoriquanto di più interessante serba in potenza il terreno culturale a luicircostante.
Nell'autunno del 2013 abbiamo editato La Casa delle Meravigliea cura di Loredana Farina, che racconta, attraverso una raccolta di saggie interviste, la storia della Emme Edizioni di Rosellina Archinto. Comemolti, prima di approfondire la conoscenza di questo editore attraversoi quasi mille titoli editati in vent'anni, limitavo la mia conoscenzaai suoi titoli più forti che poi sono quelli che ancora oggi sitrovano in libreria: Nella nebbia di Milano,Nel paese dei mostri selvaggi, La melae la farfalla, Il palloncino rosso,Era inverno eccetera.
Si tratta, ovviamente, delleeccellenze di questo catalogo. Ma il lavoro dell'Archinto, è andatoben oltre questi titoli, e questi titoli sono il risultato eclatante diun modo di fare libri che ha sposato cultura, ricerca, responsabilità,divertimento, assumendosi i rischi di mercato, critica, pubblico.
I rischi, cioè dell'insuccesso. Se si ha la fortuna di poterosservare la produzione della Emme nell'insieme, si ha l'impressione diun editore che, più che da grandi ambizioni, sia stato guidato, oltreche da fiducia in se stesso e nei propri autori, da un piacere costanteper la scoperta: scoperta di nuovi modi di raccontare, di spiegare edi guardare le cose. Vi sono moltissimi libri 'minori' nel catalogodell'Archinto, ma nessuno è inutile e in ognuno è possibile capire incosa sia consistito l'elemento di interesse: un'idea, un segno, un mododi scrivere o di usare un colore... Gli esiti possono essere discontinui,certamente, in questa produzione, ma niente appare insignificante. Nonappaia irrispettoso il richiamo alla Emme Edizioni, se ne parlo è permettere in luce cosa significhi, oggi come allora, per un editore, ilsenso più autentico di fare ricerca.
Emilio Varrà ipotizzagiustamente anche cause di natura economica al problema di una produzionemediocre. Oggi, però, un mercato globale consente a editori piccoli,quali noi siamo, di poter prefigurare agli autori guadagni magari nonstellari, ma dignitosi. Lo sanno alcuni degli autori che hanno lavoratoper noi, che in diversi casi hanno potuto contare sugli introiti delleedizioni estere. Indubbiamente questi autori nel momento in cui hannodeciso di realizzare il progetto di un libro con noi erano consapevolidei rischi di insuccesso e se li sono assunti, proprio come ce lisiamo assunti noi. E questo perché prima che un libro esca, nessuno,ma davvero nessuno, può sapere come andrà.
Certo quello che sempre mi lasciastupefatta nella produzione nazionale è che i grandi editori, appiattitisu un'idea molto limitata di rischio imprenditoriale, pur disponendo dimezzi, non intraprendano una ricerca seria nel campo di prodotti popolaridi buon livello, l'unica strada in grado di assicurare risultati solidi(la Pimpa docet), preferendo invece sfilacciare ilmarchio in una serie di uscite casuali, indifferenziate e incoerentialla ricerca del “colpo grosso”.
Insomma, detto questo, michiedo: e se la causa nascosta di una produzione di albi illustrati pococonvincenti, fosse, più che la mancanza di ambizione e di ispirazione,il suo contrario, l'eccesso di ispirazioni autoriali mal riposte e malguidate e di ambizioni editoriali non supportate da un lavoro adeguato? Inentrambi i casi, cioè, di un atteggiamento di superficie che spinge apuntare a obiettivi deboli e distoglie coloro che hanno a che fare con lamateria creativa dal senso più profondo dei progetti (scusate se oso,ma mi sembra questa un po' la china su cui sta scivolando la produzionefrancese, spesso orientata a produzioni seducenti e appariscenti,ma destinate a scomparire rapidissimamente, e questo a causa di unmercato iper saturo in cui ogni nuova uscita rischia di affondarenell'invisibilità).
In cosa consiste il senso profondo di unprogetto? Nel cercare di fare, con il massimo impegno, un buon libro nelrispetto del suo lettore, ma anche nell'assumersi il rischio e nell'averela consapevolezza che i frutti della ricerca possono portare a esiti medi,buoni, o addirittura anche mediocri, non solo buonissimi. Ma questonon lo si sa mai, prima. Perciò porsi come obiettivo l'eccellenzafine a se stessa può avere esiti negativi, così come quello dicreare libri di sicuro successo.
Torno così adomandarmi se, oltre che interrogarsi sulle eccellenze, non valga la penaanche di occuparsi dello stato di un'editoria che, nel suo complesso,sembra faticare a fare propria la necessità della coerenza, dellaqualità media del prodotto, del rispetto del lettore. Perché leeccellenze ci sono sempre state e sempre ci saranno.
Ci sonoperfino nei paesi e nelle culture più refrattarie al lavoro serioe organico (così come i grandi vini italiani ci sono sempre stati,anche quando, anni fa, il prodotto medio amoreggiava pericolosamentecon la chimica del metanolo). Le eccellenze sono eventi occasionali,se non fortuiti e, alla fine, destinati a non lasciare una vera tracciase non si innestano su una produzione complessiva di qualità e divalore, su un tessuto editoriale professionale e solido. Perciòa questo punto mi viene da domandare a Emilio Varrà quale sia a suo avviso – al di là dei miei pisolini, di fiumilenti, nuotatori e ladri di cavalli – lo stato della produzioneeditoriale italiana nel suo complesso. Se vuole, possiamo discuternequi.