[di Valentina Pellizzoni]
La prima immagine è quella di un bambino alto circa 90 cm, in pigiama, davanti alle casse dello stereo. Piega le ginocchia e va su e giù. Balla. Il bambino ha circa un anno e mezzo e sta ascoltando Ci vuole un fiore di Sergio Endrigo. Il cd è un allegato a un libro di Gallucci uscito dell'ottobre del 2003. Siamo a fine 2005. Quel bambino è il mio primo figlio.
Ho sempre amato ascoltare storie, farmele raccontare, leggerle, guardarle a teatro o sullo schermo. Ho cominciato a comprare libri con cd allegati per bambini prima di averne.
Qualche mese dopo quel dicembre 2005, mio figlio comincia a seguire le parole del cd attraverso il libro. Le immagini sono di Altan. Canta tutto il giorno.
Una cosa è certa, ascoltare gli piace e quindi un giorno, quando ha circa due anni e mezzo, cambiamo cd. È la storia de I tre porcellini, uscita solo l'anno prima per Rizzoli come allegato del Corriere della Sera: una collana di trenta fiabe stampate in versione originale e lette in modo egregio da diversi attori.
È subito un amore a primo ascolto. Prende il libro, si dirige verso il divano e ascolta. Dopo una sola volta, capisce quando deve voltare pagina. Una a una le ascolta tutte. Alcune le ascolta fino alla nausea: I tre porcellini, Alì Babà e i quaranta ladroni, Le tre melarance, I musicanti di Brema. Altre, come Pollicino, le inizia svariate volte, poi nei momenti in cui eventi paurosi incalzano, si alza e spegne.
Sono passati dieci anni. Ancora ascoltiamo queste stesse fiabe se facciamo dei viaggi, suo fratello minore le porta ovunque, se sa che per arrivare al supermercato ci mettiamo quindici minuti, mi dice di mettere I doni scambiati, una favola africana tra le più brevi.
Quel silenzio che viene a formarsi in auto, mentre ascoltiamo una fiaba, è il rumore dei nostri viaggi. Gli sguardi di profilo dei miei figli, che ascoltano guardando fuori dal finestrino, sono un'icona a cui spesso ritorno.
La loro capacità di ascolto e di concentrazione ha fatto palestra qui, con quei cd che oggi saltano di continuo, tanto sono consunti, e con la lettura ad alta voce.
Ora, seppur la ripetitività giovi così tanto ai bambini, per noi adulti è davvero deleteria a tratti. All'ennesima ripetizione della Baba Jaga, vorrei accendere a volume massimo un brano di heavy metall. Mi contengo e vado in cerca di alternative. Il mondo è, grazie al cielo, pieno di alternative.
Comincio con Paolo Poli. Compro digitalmente tutte le favole e le filastrocche e le canzoni dell'attore toscano. I bambini impazziscono. Nonostante l'italiano forbitissimo, i nonsense, l'ironia adulta, loro seguono e ripetono. Fanno propri i modi di dire, le intonazioni di Poli.
Per caso mi imbatto in Piccola Radio, di Radio 3. Gioia e gaudio!Ha una pagina di link di podcast strepitosi: De Sica, Marco Balliani, e altri grandi nomi l eggono e raccontano di tutto.
Noi cominciamo a fare gli snob. De Sica no: troppo pomposo. Filastrocche e ninnananne no: dopo Poli nessuno più. Balliani: consumato dall'uso. La storia di Frollo l'abbiamo risentita quest'estate. Ma più di tutti: Il giro del mondo in 80 giorni adattato e recitato di nuovo da Paolo Poli (1973). Quindici puntate di circa trenta minuti l'una.
Un adattamento filologico meticoloso: divertente, avventuroso, recitato da attori impareggiabili. Un italiano ricchissimo, che si fonde con inglesismi e francesismi come solo Poli sa fare (il famoso «Maman non è d'accordo su questo punto!», che si ripete in una puntata, è ancor oggi usato contro di me ogni qual volta decido di impuntarmi).
L'ascolto di un libro ha riempito tantissimi tempi vuoti della loro vita. Ho cominciato anche a usarli strumentalmente, nei momenti quotidiani difficili, prima di cena per esempio o durante le influenze.
Nella mia ingenuità pensavo che con l'inizio della lettura autonoma, la passione per gli audio libri e le storie narrate sarebbe passata, e invece ancora oggi le ascoltano, seduti sul divano, rapiti. Per me ha dell'incredibile.
Naturalmente non ci siamo occupati solo di narrativa. Il primo libro di Edizioni Curci che abbiamo comprato è stato Vivaldi, della serie Alla scoperta dei compositori. Il punto di partenza sono le biografie dei compositori ai quali si alternano brevi brani composti dagli stessi. Anche Vivaldi è consumato. Il libro riprende quadri dell'epoca e assaggi storici, mentre la voce del cd racconta le infanzie dei più grandi musicisti.
Dopo Vivaldi, Mozart, Beethoven, Bach. Ma Vivaldi ci è rimasto nel cuore. È facile. È scorrevole. È abbinato alle stagioni. Perché lo si usa così poco a scuola?
Andiamo avanti, dopo la musica classica, il jazz. John Coltrane. Il treno per paradise, sempre di Curci, scritto da Claudio Comini e Roberto Piumini, narrato da Piumini stesso. E così inizia il nostro amore per il Piumini narratore. La sua voce è calda, bassa, profondamente maschile. Si sposa a meraviglia con Coltrane, dà ritmo e passione alla storia, si sente il caldo, il sax affonda.
Rimango sbalordita dalle sue capacità. Compro Cenerentola – Cappuccetto Rosso di Piumini e Caviezel di Manni. Non so se c'è versione più bella in rima di Cappuccetto Rosso, è a tratti cantata, chitarra e voce. Il lupo ormai per noi ha la voce bassa di Piumini, non riesco ad immaginarlo diverso. Il testo è sbalorditivo per quanto sia poco scontato, pur in rima baciata.
Quel bosco “buio e fosco” è diventato l'emblema tutti i boschi della nostra vita: quando andiamo nel bosco andiamo sempre nel bosco buio e fosco. È incredibile quanto l'ascolto enfatizzi dei modi di dire e manipoli il lessico quotidiano più della lettura, perché, ed è questo l'aspetto più unico dell'audio libro, l'ascolto è ripetuto. Ogni cd l'abbiamo ascoltato una due dieci cinquanta volte. Forse perché riempie tempi vuoti – il viaggio, la convalescenza, la noia – e quindi si reitera, ma allo stesso tempo ogni ascolto è un nuovo ascolto, che arricchisce, che permette di soffermarsi sui particolari.
Ora siamo più grandi: Emons ci dà il pane di cui abbiamo bisogno.
Siamo molto molto selettivi. Ascoltiamo i classici e distruggiamo la carriera di molti attori, perché per leggere ad alta voce non basta saper leggere. E seppur mai ci fermiamo nell'ascolto, così boffonchiamo sull'intonazione sbagliata, sulla monotonia avvilente, sulla mancanza di passione. La condivisione dell'ascolto, tra l'altro nel nostro caso, è fondamentale e arricchente perché nel dialogo tra i miei figli di età così diverse intorno allo stesso libro, nascono nuovi percorsi conoscitivi.
Ascoltare un discorso, ascoltare la radio, ascoltare la lettura di un libro. Ritengo fondamentale la capacità di ascolto, tanto quanto quella di leggere. Aspettare, ascoltare la voce e insieme alla voce il silenzio, interpretare le intonazioni, affondare nella letteratura anche quando il nostro corpo non riesce a esserne strumento atto alla lettura, lasciarsi trasportare dall'ascolto addirittura quando i testi sono troppo complessi.
Come scrive Aidan Chambers in Il lettore infinito, Equilibri: «Lo sviluppo delle competenze di lettura, così come l'acquisizione di qualsiasi altra abilità, avviene solo se, in modo consapevole, tendiamo verso qualcosa che non è immediatamente alla nostra portata. L'ascolto di storie ci consente di fare nostri quei testi che non protremmo avvicinare il nessun modo. Nella nostra comunità siamo più uguali come ascoltatori di quanto potremmo esserlo come lettori.»