Un orso in una casa di topi

Fra le novità uscite in occasione della Bologna Children's Book Fair, c'è Un orso fa sempre comodo, realizzato da una coppia già conosciuta per la trilogia del Topo che non c'era, ovvero Lisa D'AndreaGiovanna Zoboli che qui lo presenta

[di Giovanna Zoboli]

Un orso fa sempre comodo è nato da un’illustrazione creata per un progetto che Claudia Bedrick della casa editrice Enchanted Lion realizzò con Brain Pickings, al quale Lisa D’Andrea fu invitata a partecipare: una raccolta di lettere ai bambini su perché leggiamo e quale influenza hanno i libri nell'esperienza umana. Il libro A Velocity of Being: Letters to a Young Reader, uscito nel 2018,  raccoglie 121 lettere di persone famose, ciascuna illustrata da un/una celebre illustratore o fumettista: il 100% dei proventi va a beneficio del New York City public library system. 

Illustrazione per A Velocity of Being: Letters to a Young Reader.

Illustrazione per Un orso fa sempre comodo.

L’illustrazione di Lisa D’Andrea accompagna la lettera della poetessa Sara Kay, intitolata: Posti fantastici per leggere libri, e così dice: «È bello leggere nella vasca da bagno (ma fai attenzione che il libro non scivoli)! Puoi leggere appoggiato allo stipite di una porta (ma non far inciampare nessuno)! Puoi leggere sotto le coperte (con l'aiuto di una torcia segreta). Puoi arrampicarti su un albero e leggere lì (purché non soffra di vertigini)! Puoi leggere in una tenda, se sei in campeggio (o nel bosco durante un'escursione). Oppure leggere mentre prendi una cioccolata calda (accanto a un camino se vuoi). Puoi leggere su un autobus o in metropolitana (ma assicurati di non perdere la tua fermata)! Puoi leggere mentre ti dondoli su un'amaca (ma non dondolarti troppo forte o cadrai)! Puoi leggere mentre ti rilassi su una sdraio in spiaggia (indossa una protezione solare forte). Puoi leggere mentre sei seduto sul water (ma non restarci troppo a lungo)! Puoi leggere da solo in silenzio, o leggere ad alta voce con un amico. Puoi andare dal tuo bibliotecario locale, e chiedere quali libri ti consiglierebbe!»

L’orso di Lisa per leggere scelse la vasca da bagno. Non appena lo vidi, pensai che fosse il soggetto perfetto per un nuovo libro. Prima, naturalmente, dovevo capire in che momento di quale storia quell’orso fosse entrato a leggere in una vasca da bagno. Così mi ci misi a pensare.

Enchanted Lion, va ricordato, nel 2016, ha pubblicato l’edizione americana di Il topo che non c‘era (2015)  (A most mysterious mouse, 2016) e quei topi bianchi rimasti nel cuore di Claudia Bedrick furono la cellula madre dell’illustrazione dell’orso. E questa è la ragione per cui la linea di continuità fra i tre titoli della trilogia del Topo che non c’era e Un orso fa sempre comodo è così vistosa.

Edizione francese del Topo che non c'era edita da Albin Michel.

Tuttavia, capire per quale motivo, dal punto di vista narrativo, la famiglia di topi bianchi presente nella trilogia, avesse abbandonato l’amico gatto con parenti annessi e si fosse spostata a casa di un orso, non fu semplice. Richiedeva una riflessione. A ben vedere, poi, la casa era dell’orso? Ebbi l’impressione di no. Quindi la domanda fu: come ci è finito un orso in una casa di topi? La risposta richiese un po’ di impegno. Alla fine, mi convinsi che quella più surreale fosse la più probabile: i topi lo avevano acquistato. Ma dove si compra un orso? Anche in questo caso la congettura richiese tempo. Alla fine, fui certa che la cosa fosse avvenuta in un centro commerciale, in uno di quei grandi negozi di elettronica ed elettrodomestici che fanno la gioia di larghe fasce di consumatori. Dunque, l’orso era stato scelto fra centinaia di prodotti (complice una super offerta), quali lavatrici, frigoriferi, tostapane, friggitrici, console, phon e monopattini, messo in un carrello, regolarmente pagato e, quindi, portato a casa.

A questo punto si pose la questione del perché una famiglia di topi trovasse un orso confacente alle proprie necessità, al punto di comprarlo. Ovviamente la risposta è: perché un orso fa sempre comodo. Chi mai, potendo, non se ne porta uno a casa? Con domande di questo tipo quotidianamente migliaia di brand cercano di convincerci che i loro prodotti ci sono indispensabili. Ed questa è la ragione per cui quando entriamo in un centro commerciale per acquistare una confezione di pile, usciamo con una bicicletta elettrica, un televisore megaschermo, un’aspirapolvere di ultima generazione e nessuna confezione di pile. Fu così che, trovato il titolo, il resto della storia venne da sé.

Un editore straniero alla Fiera di Bologna ci ha detto che questo libro è una parodia del linguaggio con cui ci esprimiamo. Vero. Abbiamo talmente assorbito il modo in cui la merce ci parla che oggi parliamo come lei. Non è strano, dato che il linguaggio promozionale pervade ogni momento della nostra vita, apparendo ovunque, a partire dai milioni di schermi con cui ci interfacciamo, per finire ai media più tradizionali, come la radio, i quotidiani e i cartelli vecchio stile scritti a mano che si vedono sulle bancarelle del mercato.

Così mi sono divertita ad accostare questi termini, paladini dei desideri indotti e del culto del consumo, alla creatura più selvaggia e regale del pianeta, quella che nel folclore e nel mito lo è persino più del leone, come scrive Michel Pastoureau, nel saggio che gli ha dedicato. Un essere del tutto irriducibile alla misura dei nostri desideri e, tuttavia, comicamente (quasi) congruo alle etichette che gli ho affibbiate. Così, se leggiamo che un orso, per esempio, è ecologico, privo di sostanze nocive e provvisto di un design essenziale, potrebbe persoino essere credibile. E questo fa ridere. Il linguaggio della pubblicità, infatti, è astuto: per ottenere i suoi scopi mescola apparenza, vero e falso, in un mix che, a saperlo leggere, risulta esilarante, nella sua presuntuosa, smaccata intenzione di indurci all'acquisto di qualsiasi cosa, anche la più folle.

Le illustrazioni, come sempre dettagliatissime, affettuose e ironiche di Lisa D’Andrea creano un contrappunto geniale accanto al testo, svelandone l’ambiguità, le astuzie e l’infondatezza: basta vedere l’orso incassato nel frigo o compresso in un trolley o intento a fare la settimana enigmistica, a rendere evidente come il linguaggio commerciale cerchi di persuadere una ingenua e laboriosa famiglia di topi l’idea che la loro vita, il loro benessere e la loro salute dipendano dal nuovo ‘elettroaddomesticato’.



Per scrivere questa storia, mi sono immaginata, a partire dall’orso in bagno, altre situazioni domestiche convenzionali in cui la presenza del gigantesco plantigrado interagisse con i minuscoli ed entusiasti abitanti della casa. E, soprattutto, servizievoli: infatti più che essere l’orso al loro servizio, come capita quando ci procuriamo un nuovo elettrodomestico che dovrebbe risparmiarci fatiche, le illustrazioni di Lisa D'Andrea fanno pensare che sia un plotone di topi indefessi, costantemente al lavoro, a essere necessario a lui. C’è un meraviglioso e breve racconto di Cortazar che spiega in modo esemplare che non è l’orologio il regalo per il nostro compleanno, ma siamo noi il regalo per il compleanno dell’orologio: una magnifica parabola di come gli oggetti, senza che ce ne accorgiamo, facciano delle nostre vite le loro.

Alla fiera di Bologna un’amica mi ha riferito i commenti di due persone che sfogliavano il libro: “Che paroloni per essere un libro per bambini…” Immagino si riferissero a parole come anallergico, durevole, innovativo, efficiente, design, confortevole... Dando per assodato che giustamente ognuno pensa quel che vuole (e a questo proposito aggiungo che ognuno può leggere questo libro come gli aggrada), la mia opinione è che i bambini imparano un sacco di cose, specie se si tratta di parole nuove, e specie se si tratta di parole da cui sono accerchiati, e che incontreranno ben prima che i loro adulti di riferimento se ne rendano conto. Basti pensare al fatto che una delle abitudini degli italiani è, durante i week end, andare in visita a outlet e centri commerciali. Allora quando e se capiterà, pensare alla storia dell’orso e dei topi bianchi, potrebbe essere divertente, per ridere di quelle parole che non sempre corrispondono a quel che affermano e mettersi a giocare a vero o falso con i loro significati.