[di Matteo Maculotti]
Sul banco del bambino-scorpione, in cima ai libri e ai quaderni da portare in ospedale, ho lasciato solo un volumetto molto più piccolo degli altri. Nell’aula vuota, mentre l’intervallo sta per finire, posso già vedere i suoi compagni sbirciare la montagna e il sole alto nel cielo sulla copertina color pesca, poi leggere incuriositi il titolo e il nome dell’autore su quell’oggetto non meglio identificato, così diverso dai tanti libri patinati e vistosi che circolano a scuola. Una notte sul treno della Via Lattea. Miyazawa Kenji.
«Io l’ho già visto, ma dove?» domanda qualcuno di lì a poche settimane, quando mostro il mio libro alla classe, e dalla voce di qualcun altro, nello stupore, arriva subito la risposta. Ora che il bambino-scorpione ci ha lasciato e ha iniziato il suo viaggio fra le stelle, pensare a quel piccolo dono mi fa sentire la forza di un legame invisibile che non potrà mai dissolversi, una specie di scia che all’orizzonte segnerà la rotta del nostro viaggio fantastico. Non è importante che il bambino-scorpione abbia letto la storia, né il primo capitolo o anche solo una frase. Mi basta immaginarlo con quell’oggetto non meglio identificato fra le mani, e in testa l’idea di un’imminente avventura, in sintonia col pensiero che ho scritto a matita in fondo alla dedica: «Non vedo l’ora di leggerla insieme in classe».
Sognavo da anni di portare a scuola questo libro, e ogni tanto mi chiedevo se prima o poi sarebbe arrivato il momento giusto per una lettura così particolare, straniante e visionaria. Ora che abbiamo cominciato le lezioni di scienze dedicate all’astronomia, è la voce del racconto a invitarci a guardare alla nostra galassia con gli occhi del mito e dell’osservazione scientifica. Nella scuola elementare di un villaggio lontano, gli alunni e il maestro stanno dialogando proprio su questo argomento. Giovanni non riesce a rispondere a una domanda, e anche il suo amico Campanella rimane in silenzio, per non farlo sfigurare. Ragioniamo sulla gentilezza di Campanella e sull’esitazione di Giovanni, che forse è stanco, confuso o pensieroso, mentre il maestro mostra alla classe una mappa delle stelle e un modellino tridimensionale della Via Lattea.
Anche noi abbiamo una mappa delle costellazioni e una piccola sfera di vetro luminosa che racchiude una galassia a forma di spirale. «Ma è vera?» chiede allibita la bambina-elefante, alla quale mi pento di rispondere con troppa foga e una punta di ironia: «Secondo te?». Non è meraviglioso il pensiero magico da cui nasce questa domanda? E non è la stessa meraviglia che Miyazawa Kenji descrive nel primo capitolo, col maestro che invita gli alunni a immaginarsi fra le stelle, evocando l’intima connessione fra il microcosmo della scuola e il macrocosmo dell’universo?
Lascio la mappa e la sfera sulla cattedra e sul banco vuoto, e nei momenti di pausa mi diverto a osservare gli alunni che si avvicinano soli o in piccoli gruppi. Il bambino-camaleonte trova sulla mappa la stella che ha il suo nome, e che ha imparato essere una delle più luminose del cielo. Il bambino-panda e il bambino-pinguino giocano a predirsi il futuro con la sfera del destino. Fra le costellazioni dello zodiaco, le dita dei bambini tracciano sulla carta sentieri invisibili. E quando mi assento un attimo, rientrando in classe vedo che la bambina-leone ha abbassato le tapparelle, e nel buio che lampeggia di luci colorate tanti bambini stanno animando una discoteca!
Faccio la voce grossa rimproverandoli per la confusione, ma in fondo mi piace questa atmosfera di gioco che va a braccetto con le nostre esplorazioni letterarie. Io per primo ho abbassato le tapparelle per iniziare nel giusto clima la lettura del libro, e da allora gli alunni sembrano essersi affezionati a questo rituale. Spegniamo le luci e chiudiamo la porta per stimolare e proteggere la magia che ci trasporta altrove. Nel villaggio sta calando la sera. Finite le lezioni del pomeriggio, mentre i bambini ritagliano lanterne per l’imminente Festa del Centauro, Giovanni deve fare alcune commissioni per la sua famiglia, perché la madre è ammalata e il padre lontano da casa.
La situazione familiare di Giovanni, l’amicizia con Campanella e le sue difficoltà con gli altri compagni di classe suscitano un dialogo molto vivace tra gli alunni. Il padre sarà davvero a pesca nei mari del nord, oppure è in prigione, come sembra suggerire il narratore? E come mai molti compagni lo prendono in giro? Durante la discussione invito gli alunni a trascrivere i propri commenti su alcuni bigliettini colorati, che raccolgo poi sul nostro diario di lettura, un prezioso strumento condiviso dalle due classi con cui possiamo tornare sui capitoli già letti, e che lascio a disposizione sulla cattedra per la consultazione libera.
Il bambino-cane ha sempre la mano alzata quando è il momento di fare il “riassunto delle puntate precedenti”, mentre durante l’intervallo lungo in classe, quando propongo attività artistiche facoltative, posso contare sull’entusiasmo contagioso della bambina-lince e sull’intensa curiosità della bambina-volpe, che a scuola non parla ma osserva ogni cosa con stupefacente attenzione. Coloriamo con carta velina bagnata la vetrina dell’orologiaio, che in uno dei passaggi più incantevoli attrae Giovanni fra le luci della sera, e più avanti, quando saremo a bordo del nostro treno galattico, dipingeremo con tempere e sabbia alcuni paesaggi sulle rive del fiume celeste. Nel frattempo, il capitolo ambientato in una tipografia mi incoraggia ad allestire sulla cattedra un piccolo laboratorio di Gutenberg con timbri e inchiostro, un’esperienza che approfondiremo con lo studio dell’invenzione della stampa a caratteri mobili. Il nostro viaggio letterario è in effetti anche un viaggio attraverso la storia della tecnologia, fra orologi meccanici, locomotive a vapore e file di elettrodotti che vedremo sfrecciare fra i boschi e le praterie galattiche.
È ormai sera inoltrata quando Giovanni raggiunge la cima della collina, dove nel buio scorge un’imponente struttura chiamata “la colonna con l’Anello del Tempo”. Decido di soffermarmi su questa immagine simbolica che segnala l’ingresso in un luogo sacro e in un’altra dimensione, e gli interventi degli alunni non si fanno attendere. «È come nei templi giapponesi» osserva il bambino-serpente. «Ce ne sono anche in altri paesi dell’Asia e in altre parti del mondo» confermano il bambino-gatto e la bambina-cavallo. Quando poi proviamo a disegnare la forma dei loro portali tradizionali (torii) ci viene in mente il simbolo del pi greco, una coincidenza che accentua l’aura di mistero della scena che ci apprestiamo a leggere. Fra pochissimo ci troveremo a bordo del treno della Via Lattea, e assieme a Giovanni ritroveremo Campanella.
Il nostro diario di lettura, un raccoglitore ad anelli con la copertina color blu notte, conserva molte tracce di un viaggio che di settimana in settimana ci ha portato in territori impensabili. Col passare dei giorni anche questo strumento è cambiato assieme a noi. All’inizio avevo previsto per ogni capitolo un disegno a pagina intera preceduto da un foglio di carta da lucido colorata, sul quale incollare i bigliettini con gli appunti degli alunni intervenuti durante la conversazione. In seguito ho deciso di distribuire i bigliettini prima della lettura, di modo che ogni alunno potesse scrivere o disegnare in presa diretta, e in seguito eventualmente rielaborare il proprio contributo, anche senza averlo condiviso a voce. La mia speranza era intercettare i labili segni di un dialogo interiore, ben più vasto del dialogo esplicito che potevamo intrattenere per una manciata di minuti. Tornato a casa, incollavo i bigliettini sulle nuove pagine, avvicinando i commenti simili per comporre sequenze coerenti, senza trascurare l’equilibrio dei colori e l’aspetto grafico. I nostri bigliettini sono così diventati dapprima composizioni, poi mosaici, infine veri e propri puzzle da ricomporre, unendo tutti i frammenti che prima di ogni lettura, stesi sui banchi coi loro indizi sparsi e incompleti, guardavano gli alunni come oracoli da interrogare.
Ripercorro sul diario di lettura le tappe del viaggio, indugiando qua e là sulle tracce raccolte. Scorro le pagine e immagino la nostra classe come un lungo treno: ogni carrozza è un luogo che abbiamo attraversato. Memorabili sono la stazione del Cigno, un museo a cielo aperto con fossili e animali preistorici, dove assistiamo a degli scavi paleontologici, e l’osservatorio di Albireo, con le sue luci che vediamo ruotare, allontanarsi e sovrapporsi nel buio infinito. Ritrovo alcuni compagni di viaggio, come il cacciatore e il guardiano del faro. Ma cos’è lo spazio a quattro dimensioni di cui parla un passeggero? E come mai Giovanni si è ritrovato in tasca un biglietto speciale, pieno di arabeschi e di caratteri incomprensibili, tanto che il controllare gli chiede se viene dallo spazio a tre dimensioni?
«Lo spazio a tre dimensioni è il nostro mondo» osserva il bambino-gatto. «Forse la quarta dimensione è quella dello spirito.»
Ci stiamo avvicinando a una zona molto delicata, nella quale comincia a trasparire il segreto del nostro viaggio fantastico. Due nuovi passeggeri salgono a bordo, fratello e sorella, accompagnati da un giovane precettore. Per presentare al meglio questo passaggio mostro un’immagine del cartone animato, nella quale si vede che i bambini e il ragazzo, a differenza di tutti gli altri personaggi, non sono rappresentati come gatti antropomorfi, ma come esseri umani. Spaesati come loro, li ascoltiamo trattenendo il respiro: dicono di essersi ritrovati all’improvviso sul treno, mentre il grande transatlantico su cui viaggiavano, scontratosi contro un iceberg, stava affondando. Subito si accende lo sguardo del bambino-panda, grande appassionato e conoscitore della storia del Titanic, mentre i nostri pensieri corrono senza freni.
«Ma allora sono tutti dei fantasmi?»
«Forse il treno sta viaggiando verso il paradiso.»
«Ma com’è possibile?»
«In questo viaggio succedono tante cose strane, come nei sogni.»
«Forse è tutto un sogno!»
Campi, foreste e praterie celesti, dove le piante crescono rigogliose, i frutti abbondano e l’agricoltura si sviluppa senza alcuno sforzo umano, ci portano a credere sempre di più all’ipotesi di un viaggio nell’aldilà. Eppure i passeggeri appaiono e scompaiono all’improvviso, un’atmosfera di mistero e sospensione aleggia nel treno, e le visioni dal finestrino si susseguono rapide, esattamente come nei sogni. Giovanni vede in lontananza un bambino dall’aria triste, e all’improvviso sente il suo umore cupo rasserenarsi. «È perché ha visto sé stesso!» gridano la bambina-lince e la bambina-leone, riecheggiando all’unisono questo strano rispecchiamento. Il bambino che viaggiava sul Titanic, addormentatosi per la stanchezza, si risveglia da un breve sonno e trova sulle proprie ginocchia il frutto che stava sognando. «Il bambino sognò di prendere una mela e svegliandosi trovò una mela», trovo scritto su un bigliettino rosso a forma di mela.
Il bambino-pinguino mi confida di aver sognato di viaggiare sul treno della Via Lattea. Spalanca gli occhi brillanti dietro gli occhiali, mentre accanto alla cattedra racconta che nella notte ha ripercorso tutte le stazioni che abbiamo attraversato. Chissà se averlo chiamato per sbaglio Giovanni, durante una lettura, ha influito in qualche modo sulla sua immaginazione, fungendo da lasciapassare per altre dimensioni, proprio come il biglietto illimitato che Giovanni si è ritrovato in tasca.
Ora i nostri bigliettini con disegni e appunti personali, raccolti insieme, compongono l’immagine di un grande Scorpione, mentre attraversiamo la stazione più importante del nostro viaggio. «Maestro, ti ricordi che Tommi era del segno dello Scorpione?» domanda piano la bambina-orso alla fine della lettura, e un sorriso saggio le illumina il viso. Un solo cenno è sufficiente a far affiorare la voce del nostro dialogo interiore, come un’onda delicata su un oceano di silenzio. Non servono molte altre parole perché questa voce risuoni e si sedimenti, così proseguiamo a viaggiare verso le ultime costellazioni, accogliendo in noi le luci variopinte del villaggio del Centauro e poi la magnifica visione della Croce del Sud, ispirata all’iconografia cristiana, prima di contemplare il buio imperscrutabile della Sacca di Carbone, un buco nero che ci fa riflettere su ciò che nel pensiero buddhista è l’uscita dal Samsara, il ciclo delle rinascite.
Nell’intervallo ho lasciato sulla cattedra la mia tesi di laurea, dedicata al tema del viaggio fantastico nelle fiabe e nei racconti giapponesi. Sorrido vedendola accanto al nostro diario di lettura, perché anni fa, durante la stesura della tesi, utilizzavo proprio questo raccoglitore come archivio bibliografico. Mentre la bambina-orso si appassiona alla fiaba di Urashima Taro, la bambina-renna prende in mano Una notte sul treno della Via Lattea, osserva da vicino la foglia di ginkgo che funge da segnalibro e poi comincia a rileggere per conto suo alcuni paragrafi dai primi capitoli, sorpresa dall’effetto che fa. «Non pensavo fosse scritto così piccolo!» Altri bambini sfogliano le due trasposizioni a fumetti di Masumura Hiroshi, confrontandole scena per scena: c’è chi preferisce la nuova versione più ampia e con più pagine a colori, ma non manca chi sottolinea la maggiore raffinatezza stilistica dei disegni della prima versione. Nelle ultime ore dell’anno ci sarà anche tempo per vedere alcune sequenze del film animato diretto da Sugii Gisaburō, Night on the Galactic Railroad (1985), che dai manga di Masumura Hiroshi adottò l’idea di rappresentare molti personaggi come gatti antropomorfi.
Alla fine del nostro viaggio fantastico distribuisco a ciascun alunno un pezzetto di vagone. Avevo preparato questo disegno pensando di ripercorrere i capitoli della storia che abbiamo letto, ma ora decido di optare per una consegna diversa, legata al tempo che abbiamo trascorso insieme durante quest’anno scolastico. Chiedo di scegliere un ricordo delle lezioni o delle uscite didattiche, da disegnare nel riquadro del finestrino e da descrivere sotto in poche parole. Il risultato mi sorprende, perché abbraccia davvero molte esperienze significative: dallo studio degli animali alla visita all’acquario durante la gita di Scuola Natura, dalla lettura del libro di Miyazawa Kenji allo studio dei pianeti e all’uscita al planetario, dalle attività sullo zodiaco cinese per l’anno del Drago fino ai modellini con cui abbiamo concluso le lezioni di tecnologia…
A casa provo a mettere in ordine cronologico i vagoni, combinando i disegni delle due classi per formare un unico treno. È così che di colpo mi viene l’idea di una mostra, Un anno sul treno della Via Lattea, da allestire nell’atrio che si estende fra le due classi e il corridoio. Preparo il disegno di una locomotiva, scegliendo un ricordo che precede e orienta tutti gli altri, un vero e proprio ricordo-locomotiva che ha segnato la rotta del viaggio: «Mi ricordo le nostre prime lezioni, quando ci siamo conosciuti parlando di animali e abbiamo letto il capitolo in cui il Piccolo Principe incontra la Volpe».
Ti ricordi, Tommi? E hai visto che meraviglia la mostra? Abbiamo organizzato tutto in quattro e quattr’otto, per l’ultimo intervallo lungo dell’anno, ma quante cose erano già pronte, quanti sguardi e quante voci erano in attesa di incontrare altre voci e altri sguardi. Io credo che la nostra scintilla sia stata la fiamma dello Scorpione. In men che non si dica tutti i tuoi compagni di classe si sono divisi i compiti: cassieri, bigliettai muniti di macchinetta perforatrice, proprio come i controllori del treno, guide per visite individuali e di gruppo, esperti di modellini, custodi del libro degli ospiti, addetti alla promozione e al servizio di “consegna bambini” in tutta la scuola… Gli alunni della classe gemella sono stati i primi visitatori, e nell’ultima mezz’ora della mostra hanno dato il cambio ai tuoi compagni, e nel frattempo quanti bambini e quante maestre sono venuti a vedere il nostro treno di ricordi, i modellini, il diario di lettura, la mappa delle stelle… Più di cento biglietti che avevo stampato su carta da lucido sono andati esauriti, così i cassieri hanno dovuto crearne altri con carta e penna!
«Maestro, ho spiegato a un gruppo di bambini di prima e hanno capito tutto!»
«Quando gli abbiamo chiesto di dare un voto alla mostra hanno detto tutti “10”!»
«Mi sono sentita come se davvero facessi questo lavoro!»
«Sarebbe stato bello farlo tutto l’anno!»
Ti ho visto sorridere, Tommi, quando nel corridoio mi sentivo quasi di troppo, perché la mostra procedeva benissimo senza di me. Di tanto in tanto azionavo a distanza il rumore del treno a vapore nel piccolo altoparlante nascosto dentro il modellino della locomotiva, ma per il resto mi limitavo a guardare, e ciò che vedevo mi riempiva di orgoglio e gratitudine. I miei alunni erano diventati gli insegnanti delle maestre e dei bambini delle altre classi. Hai visto che bello, Tommi? I bambini-marmotta a far da maestri ai piccoli di prima! E anche la tua sorellina è venuta a trovarci, anche lei ha lasciato il suo timbro e il suo nome sul libro degli ospiti.
Grazie, bambino-scorpione, perché quest’anno sul treno della Via Lattea è un regalo che ci hai fatto, e che noi abbiamo provato a restituirti come meglio potevamo, accompagnandoti per un po’ nel tuo viaggio fra le stelle. Grazie di tutto, grazie di cuore, Tommi.
«Questo libro ci ha accompagnato con un amico che non si è risvegliato e adesso è in un sogno infinito e l’abbiamo accompagnato su questo treno»
«Dedicato al nostro amico Tommi»