Avere due ali

Il signor Guglielmo sulle scene catalane

[di Cristina Bellemo]

I viaggi dei libri sono proprio imprevedibili. Mi piacerebbe seguirli segretamente e sapere tutto: per fortuna è impossibile, però ogni tanto accade -per dono casualità volontà- di poter rintracciare qualcuno di questi multiformi percorsi.

Qualche tempo arriva una mail dalla Spagna, la scrive Sylvie Lorente, responsabile di produzione della compagnia Farrés Brothers. Hanno letto il libro Due ali, scritto da me e illustrato da Mariachiara Di Giorgio, tradotto nelle due lingue della Spagna da Combel, e vorrebbero trarne uno spettacolo: «[…] queremos llevar a escena tu libro Dos alas porque nos encantó la historia».

Prendiamo accordi attraverso gli editori e viene stipulata una collaborazione. Sono così felice che domando di avvisarmi quando tutto sarà pronto.

 

Puntualmente arriva l’invito alla prima dello spettacolo, che si terrà a Girona il primo dicembre 2024. Mio marito Massimiliano e io decidiamo di andare. L’accoglienza della compagnia è familiare e calorosa, da vecchi amici.

Jordi Farrés e Pep Farrés, attori (pur avendo lo stesso cognome, non sono fratelli, ma lo sono nella sintonia e nella storia del loro lavoro, da qui il nome della compagnia) e Jordi Palet, scrittore delle drammaturgie, autore della versione teatrale di Dues ales, si conoscono fin dai tempi degli studi. Il loro insegnante di burattini (così ci racconta Sylvie), ora loro prezioso consigliere a cui di frequente si rivolgono, l’aveva profetizzato: voi tre farete qualcosa di bello insieme. Eccoli, infatti, affiatati, nel piacere e nell’entusiasmo evidenti di un nuovo progetto.

Intorno a loro ci sono persone amiche che hanno collaborato alla costruzione dello spettacolo: ognuna, a sua volta, lavora in una propria compagnia teatrale. Un gruppo di professionisti, ricco di esperienze che diventano risorse e garantiscono cura e qualità.

La prima di Dues ales è nel calendario 2024 di Temporada alta che, ci spiegano, è uno dei festival teatrali più importanti in Spagna e ha carattere internazionale, ospitando compagnie e artisti che provengono anche da altri Paesi e da altri continenti.

La piccola sala La Planeta, ambiente raccolto che può contenere circa centocinquanta persone, ha le sedie che digradano fino ad arrivare proprio sulla scena: ci si sente parte di ciò che accade, coinvolti come personaggi, come se la storia fosse anche la nostra.

Le famiglie arrivano festose, l’appuntamento è a mezzogiorno, ci sono tanti bambini di tutte le età che si accomodano via via sulle gradinate, con nonni e genitori.

La lingua catalana per fortuna non ci ostacola: riusciamo a seguire bene e, grazie alla bravura degli attori, anche a cogliere le sottili sfumature di tonalità.

Ecco dunque il signor Guillem (Jordi Farrés), vestito di giallo come nelle illustrazioni di Mariachiara: un omino d’oro, luminoso, poetico e un po’ smarrito. Dedito al suo giardino, sbadato e dunque bisognoso dell’aiuto discreto e silenzioso di Pep Farrés (preziosa voce narrante in scena), contento del poco e del piccolo, col suo gatto, felice della relazione col suo vicino di casa, un bambino di nome Nico, col quale si danno il buongiorno, chiacchierano, si dicono le giornate e discutono della ricetta per vivere per sempre.

Il testo teatrale segue da vicino il testo dell’albo: la figura di Nico è invece una novità, ha a che fare con la connessione profonda con l’infanzia, e con il tempo (riporta Guillem al suo essere bambino), che trascorre ispessendosi di accadimenti, esperienze e ricordi.

Un angolo riservato e tranquillo, il loro, intorno al quale la città si muove con la tipica frenesia delle città, senza riuscire a intaccare la lentezza di Guillem, senza irrompere e interrompere.

Qui, in questo frammento di quiete, compaiono le ali. Sotto all’albero del giardino, candide, e il signor Guillem, di primo acchito, non sa darsi spiegazione. Ciò che è certo per lui è che non possono essere sue. Che mistero è mai questo?

E allora comincia il suo peregrinare, alla ricerca del legittimo proprietario, tra l’ironia e le derisioni degli altri, e nell’esilarante scena davanti all’impiegato del pubblico ufficio, rigidissimo nel rispetto delle formalità. Per cui bisogna fare una lunga fila, e aspettare aspettare aspettare, e poi compilare i moduli, e poi firmare, e poi l’infinita serie di incombenze di fronte alle quali il signor Guillem recita sé stesso, smarrito, sbadato, perplesso, candido come le sue ali.

I malintesi accendono le risate di bambini e adulti, nell’abile gestualità degli attori, che sanno essere lievi e aerei anche quando riproducono la maldestrezza.

Il signor Guillem, nonostante gli acciacchi e il ritmo lento, continua a prendersi cura delle ali muovendosi nel giardino a brevi passetti. Gli viene in mente che forse sono nate dalla sua scatola del tesoro, che nella scrittura teatrale è stata personalizzata -come è giusto (ognuno, ogni Guglielmo, o Guillem, o Cristina, o Jordi, o Pep… ha la sua propria)- con gli oggetti cari al protagonista.

Nella scatola di Guillem/Jordi ci sono: la forchetta della nonna per fare le migliori frittate; la pallina da ping pong con cui suo cugino riusciva sempre a vincerlo; il galleggiante della canna da pesca, con cui aveva preso solo… un raffreddore; un ramo perfetto per fare la spada di un cavaliere; un cavallo giocattolo, capace di attraversare tutto l’ovest… della sala da pranzo.

Ve li siete immaginati?

La voce narrante di Pep ci guida, ci offre punti di vista meno consueti da cui guardare oltre la superficie, ci invita a essere attenti, e intanto custodisce Guillem e lo tiene al riparo.

C’è una scena che ho trovato potente e commovente sul tempo, e sul suo scorrere come un soffio: Jordi e Pep insieme fanno camminare il burattino bambino di Guillem. Procede, procede coi suoi passi e le sue scarpe e, via via che trascorrono gli anni, si trasforma e diventa Guillem adulto, e poi vecchio, come quello che sta in scena.

Nei giorni che passano, nei dialoghi con Nico, nella vita che si gioca tutta in quel fazzoletto di spazio, tra la minuscola casa e il minuscolo giardino, le ali si fanno pronte.

È il momento per Guillem di indossarle e spiccare il volo. L’ultimo volo? Chissà…

Prima di lanciarsi, Guillem non viene meno all’impegno di svelare a Nico la ricetta per vivere per sempre: «Raggiungi l’età di novantanove anni, aspetta un poco e il gioco è fatto!».

Sul finale, lo vediamo sorvolare la città, nella distanza di un luogo che è già un altrove.

Ho trovato limpidamente poetica questa interpretazione del libro: in ogni aspetto, dalla scenografia (essenziale e però capace di sorprendenti trasformazioni) alle musiche delicate, dai costumi ai burattini, alle luci anch’esse morbide e piene di grazia.

E, come quasi sempre accade, ascoltando raccontare la storia da altre voci in altre forme, si sono illuminati per me aspetti nuovi.

Uno in special modo: ho sempre pensato alle ali di questo racconto come a una risorsa, un privilegio, un regalo di bellezza e di possibilità, lo spalancarsi di un’occasione.

Qui, guardando il signor Guillem arrabattarsi sprovveduto tra chi nulla sa e nulla capisce e nulla vuol sapere e nulla crede delle sue ali, ho pensato che possono rappresentare anche una di quelle differenze, di quelle particolarità che dall’intorno potrebbero essere guardate come una macchia, da assolutamente disapprovare e rifiutare, una stranezza a cui sentirsi totalmente estranei.

A volte è complicato, e faticoso, e perfino doloroso, far abitare la propria differenza -fosse anche essa un talento, una cifra luminosa e spiccata- dentro di sé e dentro il mondo.

Eppure, gli incontri di differenze sono così fertili e creativi. Spalancano gli orizzonti.

Perciò grazie, signor Guillem.

*

Dal libro Due ali, di Cristina Bellemo e Mariachiara Di Giorgio, Topipittori/ Dues ales, Combel

Drammaturgia: Jordi Palet

Direzione: Dora Cantero

Interpreti: Jordi Farrés e Pep Farrés

Scenografia: Laura Clos (La Closca)

Figurinista e costumista: Nídia Tusal

Musiche: Núria Lozano

Luci: Toni Ubach

Produzione: Farrés Brothers i Cia.